La crisi climatica incendia la Spagna e il Governo Sánchez lavora a un piano nazionale di adattamento, mentre quello italiano giace in un cassetto (senza fondi né governance) da quasi due anni
Negli ultimi dieci giorni diverse regioni nel nord-ovest della Spagna – tra cui Castilla y León, Galizia, Asturie ed Estremadura – sono state pesantemente colpite dai recenti incendi, un’emergenza ancora in corso. Migliaia di residenti sono stati evacuati, collegamenti di trasporto come la linea ferroviaria Madrid-Galizia sono stati interrotti e molte strade sono rimaste chiuse, con impatti negativi rilevanti anche sulla qualità dell’aria anche al di là dei confini nazionali.
«Le emissioni degli incendi in Spagna e Portogallo durante il mese di agosto sono state eccezionali – spiega Mark Parrington, senior scientist del Servizio di monitoraggio dell'Atmosfera di Copernicus – Nel giro di appena 7-8 giorni, le emissioni stimate sono passate da valori inferiori alla media al livello annuale più alto mai registrato per la Spagna nei due decenni di dataset del Copernicus atmosphere monitoring service (Cams). Le grandi quantità di fumo, in particolare di PM2.5, rilasciate nell’atmosfera hanno provocato un grave deterioramento della qualità dell’aria sia localmente che in altre aree della Penisola iberica e parte della Francia».
È in questo contesto che il Governo spagnolo ha deciso di dichiarare l’emergenza nazionale in buona parte dei territori colpiti, preludio allo stanziamento di risorse per la ricostruzione una volta che sarà possibile stimare i relativi danni.
«Questo è ciò che voglio trasmettere all'opinione pubblica – argomenta il primo ministro Pedro Sánchez – Il fermo impegno del Governo spagnolo nel guidare tutte le istituzioni e la società nel suo complesso di fronte a un'emergenza climatica che ci colpisce tutti, in particolare le campagne, e che richiede una risposta proporzionata alla portata della sfida che ci attende. È un compito che dobbiamo svolgere congiuntamente: scienziati, agricoltori, allevatori. In breve, tutti coloro che hanno conoscenze, per contribuire e affrontarlo efficacemente».
Mentre in Italia, come in larga parte d’Europa, le grandi corporazioni agricole si sono schierate a fianco dei partiti conservatori contro il Green deal europeo – a fronte di lodevoli eccezioni, come nel caso delle associazioni in rappresentanza del biologico –, nonostante questo sentiment sia condiviso solo da una minoranza degli agricoltori, il caso spagnolo ci ricorda come le campagne spicchino tra i luoghi più colpiti dalla crisi climatica. Un’emergenza che richiede una risposta collettiva, da parte della società come dalle istituzioni.
Per questo Sánchez ha annunciato che a settembre il suo Governo proporrà un Pacto de Estado para la mitigación y adaptación a la Emergencia Climática coinvolgendo «tutte le amministrazioni pubbliche», i gruppi parlamentari, la società civile nel suo complesso, scienziati, imprese, sindacati e «in breve, l'intero Paese».
«La risposta agli incendi che stanno devastando la Spagna è lì. La forniremo – assicura Sánchez – Gli incendi saranno spenti. Si affronterà la ricostruzione di tutte le aree colpite, ma credo che dobbiamo anche intraprendere una riflessione fondamentale, una strategia che preveda una risposta migliore e più sicura per i nostri concittadini». Per traguardarla occorre però lasciare l'emergenza climatica «al di fuori delle lotte di parte e delle questioni ideologiche» per concentrarsi «sulle prove scientifiche, e agire di conseguenza».
In attesa di ulteriori dettagli, il Patto di Stato preannunciato da Sánchez somiglia molto – almeno nelle intenzioni – al Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) approvato alla fine del 2023 nel nostro Paese. Ma l’Italia non è affatto in prima linea su questo fronte, purtroppo.
Il Pnacc giace infatti chiuso in un cassetto, nonostante sia evidente come l’Italia sia particolarmente vulnerabile rispetto alla crisi climatica e all’intensificarsi di eventi meteo estremi. L’Osservatorio nazionale previsto dal Pnacc e necessario alla sua messa a terra non è ancora stato approvato; come risultato, il Pnacc è stato approvato dal Governo Meloni dopo lunghissima gestazione, ha individuato 361 azioni settoriali da mettere in campo ma manca di fondi e governance per attuarle.
Nel frattempo anche il nostro Paese brucia: dal 1° gennaio al 31 luglio 2025 si sono verificati 851 roghi che hanno mandato in fumo 56.263 ettari di territorio pari a ben 78.800 campi da calcio; a fine luglio è stata superata così la superfice bruciata nell’intero 2024, che era stata di 50.802 ettari. E se oltre il 95% degli incendi boschivi in Europa è causato direttamente o indirettamente da attività umane, quello dei roghi è un rischio che la crisi climatica sta contribuendo a esacerbare, dato che le ondate di calore stanno intensificando ulteriormente il pericolo d’incendi, il cui rischio in questi giorni è particolarmente elevato su buona parte dell’Europa. Italia compresa.