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La Gerd e la complessità dello sviluppo

La Grande diga della rinascita etiope accumula oltre 7 volte più acqua di tutte quelle italiane, ma accresce anche le tensioni internazionali lungo il Nilo
 |  Acqua

La Grande diga della rinascita etiope (Gerd), inaugurata ufficialmente il 9 settembre 2025, rappresenta un elemento certamente, e finalmente, innovativo nell’ambito delle infrastrutture idroelettriche africane e un simbolo dello sviluppo tecnologico e strategico dell’Etiopia. Importante la presenza italiana che, con Webuild, ha realizzato l’infrastruttura. A dimostrazione delle alte capacità tecniche a disposizione in Italia anche per un’eventuale, necessaria, ripresa di infrastrutturazione in questo settore.

Situata nella regione di Benishangul-Gumuz, lungo il corso del Nilo Azzurro, questa imponente opera si impone come la più grande diga idroelettrica del continente e una delle prime venti a livello mondiale per capacità installata. Il progetto, con oltre un decennio di lavori alle spalle e un costo complessivo stimato di circa 5 miliardi di dollari, segna un balzo tecnologico significativo per l’ingegneria civile africana, anche se porta con sé complesse implicazioni politiche, ambientali e sociali.

La Gerd è una diga a gravità in calcestruzzo di notevoli dimensioni: si estende per 1.780 metri di lunghezza e raggiunge un’altezza compresa fra i 145 e i 170 metri, adattandosi alle condizioni geologiche particolarmente impegnative del sito. Il serbatoio creato dall’invaso è tra i più vasti dell’Africa, con una capacità di circa 74 miliardi di metri cubi d’acqua, destinata a influenzare profondamente il regime idrologico del Nilo Azzurro, un affluente cruciale per numerosi Paesi della regione. Solo come elemento di confronto si può rilevare che le dighe in Italia hanno una capacità effettiva di non più di 10 miliardi di mc.

Da un punto di vista energetico, la centrale idroelettrica ha una potenza complessiva di 5.150 MW. Questo impianto è progettato per produrre oltre 15 TWh all’anno, valore che consentirà di più che raddoppiare l’attuale capacità elettrica etiope, fornendo energia pulita e sostenibile per milioni di cittadini e contribuendo in modo rilevante alla lotta contro il cambiamento climatico. Le turbine hanno iniziato a operare gradualmente a partire dal 2022, fino a raggiungere la piena operatività nel 2025, in parallelo alla fase di riempimento dell’invaso, che si è svolta in modo controllato tra il 2020 e il 2024. Anche in questo caso, come elemento di confronto, si può ricordare che l’energia idroelettrica prodotta in Italia è superiore ai 40 TWh all’anno.

La funzione idraulica della Gerd va ben oltre la generazione energetica. Il bacino consente di regolare i flussi stagionali del Nilo Azzurro, mitigando il rischio di piene improvvise che in passato hanno causato danni significativi soprattutto in Sudan ed Egitto. La capacità di stoccaggio dell’acqua rappresenta un’importante risorsa strategica in caso di siccità, permettendo di stabilizzare la produzione energetica e di garantire risorse idriche per usi agricoli, industriali e domestici, aumentando così la resilienza della regione agli effetti della variabilità climatica.

Tuttavia, queste stesse capacità di regolazione idrica sono fonte di tensioni geopolitiche e contestazioni. Egitto e Sudan hanno espresso preoccupazioni legittime riguardo all’impatto della diga sui flussi del Nilo, da cui dipendono per il 90% circa delle loro risorse idriche. La mancanza di un accordo condiviso sulla gestione dell’acqua e l’assenza di un meccanismo vincolante per la gestione delle emergenze idrologiche alimentano incertezza e sospetti, lasciando ancora irrisolti nodi diplomatici destinati a influenzare la stabilità regionale.

Dal punto di vista ambientale, l’impatto della Gerd è stato e sarà rilevante. La creazione del bacino ha sommerso circa 1.600 km² di territorio, causando la perdita di habitat terrestri e lo sfollamento di circa 20.000 persone, principalmente appartenenti alla comunità Gumuz. Le operazioni di ricollocazione, effettuate senza un adeguato coinvolgimento comunitario, hanno generato tensioni sociali e problemi di accesso a servizi essenziali nelle nuove aree di insediamento. Sul fronte ambientale, sono stati adottati interventi preventivi come la rimozione della vegetazione nelle zone da sommergere per ridurre l’emissione di gas serra, e programmi di compensazione forestale su oltre 2.000 km², ma il bacino modifica anche le dinamiche naturali delle inondazioni, essenziali per la fertilità delle pianure agricole a valle, e può favorire la diffusione di malattie idro-parassitarie.

L’opera rappresenta un importante motore di sviluppo per l’Etiopia a livello interno e regionale. L’elettrificazione di massa, resa possibile dalla nuova capacità produttiva, dovrebbe portare energia stabile e a basso costo a milioni di cittadini ancora privi di accesso alla rete elettrica, contribuendo in modo deciso al miglioramento delle condizioni socio-economiche. Inoltre, la disponibilità di energia abbondante e affidabile apre la strada a significativi sviluppi industriali, in particolare per aree economicamente strategiche come le zone industriali e le infrastrutture critiche del Paese.

Un aspetto peculiare e innovativo riguarda la destinazione di parte dell’energia in eccesso che potrà dirigersi al mining di Bitcoin. Questo impiego ha fino ad oggi favorito un flusso rilevante di valuta estera e ha catalizzato ingenti investimenti tecnologici e infrastrutturali, accelerando indirettamente anche l’espansione delle reti di trasmissione elettrica. Tuttavia, questa scelta ha posto interrogativi etici e di priorità d’uso dell’energia, soprattutto in un contesto in cui molte zone rurali rimangono ancora scollegate dalla rete. La decisione del governo di sospendere nuovi permessi per il mining a partire dal 2025 testimonia la volontà di riequilibrare le priorità, spostandosi verso un uso più razionale e sostenibile della risorsa energetica.

Sul piano tecnico, la Gerd è progettata per garantire elevati standard di sicurezza, con capacità di resistere a eventi sismici e a portate di piena eccezionali. Tuttavia, la complessità operativa rimane alta: il rischio di fermate improvvise delle turbine in condizioni di precipitazioni estreme pone sfide rilevanti alla stabilità della diga, richiedendo un sistema di monitoraggio continuo, una manutenzione preventiva rigorosa e protocolli di gestione coordinata delle piene. La capacità di controllo dei sedimenti è un ulteriore elemento critico, indispensabile per preservare nel tempo la funzionalità del bacino e prevenire fenomeni di erosione a valle.

La Gerd si pone al centro di delicati equilibri geopolitici. La difficile convivenza degli interessi etiope, egiziano e sudanese sulle risorse idriche condivise richiama l’urgenza di una piattaforma diplomatica efficace per la gestione transfrontaliera del bacino del Nilo. Nonostante numerosi tentativi condotti da organismi internazionali e dall’Unione Africana, un accordo vincolante rimane un traguardo distante, con potenziali ripercussioni sulla sicurezza regionale.

La Grande diga della rinascita etiope è quindi più di una semplice centrale idroelettrica: rappresenta un complesso sistema infrastrutturale multifunzionale che incarna le sfide contemporanee dello sviluppo sostenibile, dell’equità sociale e delle relazioni internazionali. Il suo completamento segna un passo decisivo per l’Etiopia nel percorso verso l’autonomia energetica e il progresso economico, offrendo al contempo grandi opportunità ma anche seri vincoli legati alla gestione condivisa e sostenibile delle risorse naturali. Il problema è che un fiume come il Nilo, e i suoi affluenti, non può essere considerato un fiume nazionale. Ed ogni scelta non può che implicare una collaborazione con i Paesi che stanno a valle della diga.

Un’ultima considerazione da fare è relativa al ruolo delle dighe a fronte degli effetti previsti, in alcuni casi già presenti, del cambiamento climatico. Le dighe sono leve strategiche per mitigare le emissioni e per adattare sistemi idrici, agricoli ed energetici agli impatti dei cambiamenti climatici. Secondo i movimenti “No Dams” invece, le grandi dighe rappresentano rischi sociali, ecologici e geopolitici superiori ai benefici energetici: da qui la loro richiesta di alternative meno impattanti e una maggiore partecipazione delle comunità locali nella gestione delle risorse idriche.

Senza entrare nei singoli temi di questo dibattito si può però sostenere, anche col rischio di stare comodamente in una posizione “mediana”, che la costruzione di una diga è un progetto di grande complessità. Che sale, ovviamente, con la crescita della scala dell’intervento. E richiede quindi tutta l’attenzione tecnica, economica, politica e sociale che si deve ai progetti complessi per mitigare rischi e impatti che spesso vengono ignorati dagli “sviluppisti” ed invece “sopravvalutati” dai movimenti del No. E quindi occorrono analisi delle alternative, corredate da serie valutazioni costi benefici di lungo periodo, valutazioni tecniche di sicurezza con piani innovativi di monitoraggio e manutenzione e infine processi di condivisione dei progetti con le comunità attraverso modelli avanzati di “debat publique”. 

Non sempre questa impostazione viene seguita, specialmente nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi a democrazia limitata, ma se l’inaugurazione di Gerd può contribuire a riaprire la discussione sulla necessità di queste infrastrutture per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, questa impostazione deve essere necessariamente centrale per l’avvio di un tale processo nel nostro Paese.

Di fronte alle sfide poste dal cambiamento climatico, l’inerzia conduce inevitabilmente al fallimento; intraprendere azioni è un approccio positivo, ma perseguirle con metodo e competenza rappresenta la strategia vincente.

Mauro Grassi

Mauro Grassi, economista, ha lavorato come ricercatore capo nell’Istituto di ricerca per la programmazione economica della Toscana (Irpet), ha lavorato a Roma come dirigente caposegreteria del Sottosegretario ai Trasporti Erasmo D’Angelis (Ministero delle Infrastrutture) e quindi come direttore di Italiasicura (Presidenza del Consiglio) con i Governi Renzi e Gentiloni. Attualmente è consulente e direttore della Fondazione earth and water agenda.