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Quasi un terzo degli italiani dichiara che non andrà in vacanza

In Italia cresce il lavoro, povero: a giugno più occupati ma salari reali a -9% sul 2021

Depurati dalla componente demografica, i dati Istat mostrano una crescita di occupati solo nella fascia 50-64 anni e un calo nelle altre
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L’estate italiana è divisa tra i problemi legati all’overtourism – incentrati su singole località iconiche, come Firenze e Venezia – e quelli portati dal calo di turisti altrove, con quasi un terzo degli italiani (31%) che non andrà in vacanza. Per leggere questo fenomeno, è utile incrociarlo con l’andamento dell’occupazione e dei relativi salari, recentemente aggiornato dall’Istat.

A giugno l’Istat certifica una nuova crescita dell’occupazione (+16mila), che su base annua vale +363mila occupati, arrivati ormai a livelli record, sopra i 24 milioni di occupati. Come spiega Francesco Seghezzi, presidente Adapt – l’Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali –, su base annua i dati sulle tipologie contrattuali confermano «una grande sostituzione in corso tra temporanei e permanenti nel mercato del lavoro italiano», con +472mila permanenti e -299mila temporanei. Ma come sempre non è tutto oro quel che luccica.

La svolta verso contratti indeterminati è «probabilmente spinta dall’invecchiamento della forza lavoro e dalla permanenza nel mercato grazie alle riforme pensionistiche», che evidentemente si nascondono anche dietro ai continui record sull’occupazione, in quanto tali dati se «depurati dalla componente demografica i dati mostrano infatti una crescita di occupati solo nella fascia 50-64 anni e un calo nelle altre». In altre parole, l’apparente buon andamento dell’occupazione è «largamente spiegabile con la crescita di over 50 che restano nel mercato del lavoro più a lungo rispetto al passato». Un paradosso per un Governo che si è sempre schierato politicamente contro la riforma Fornero sulle pensioni, ma tant’è.

Al contempo, sempre Istat documenta che la retribuzione oraria media nel periodo gennaio-giugno 2025 è cresciuta del 3,5% rispetto allo stesso periodo del 2024, ma attenzione: le retribuzioni in termini reali «restano ancora al di sotto di circa il 9% dei livelli di gennaio 2021» a causa della forte inflazione che si è registrata in quegli anni, alimentando una perdita di potere d’acquisto che prosegue almeno da trent’anni, dato che in base a dati Ocse l’Italia è l’unico Paese europeo dove i redditi reali sono scesi (del 2,9%) anziché salire nel periodo 1990-2020. Se le spiagge sono vuote, dunque, il motivo è semplice: lo sono anche le tasche dei cittadini.

Redazione Greenreport

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