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Il leader della sinistra Mélenchon: in caso di sfiducia, anche Macron deve lasciare. Sul tavolo anche l'ipotesi scioglimento delle Camere ed elezioni anticipate

Francia, l’azzardo del premier Bayrou: lancia l’allarme sul debito nazionale e chiede il voto di fiducia

Parlamento convocato in sessione straordinaria l’8 settembre. Per molti osservatori è un «suicidio politico», fissato per di più a due giorni dalla mobilitazione convocata per il 10 settembre con lo slogan «blocchiamo tutto». Il destino del governo guidato dal cristiano-democratico è in mano ai socialisti, che però al momento escludono un voto favorevole
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Il primo ministro francese François Bayrou ha deciso di giocare il tutto per tutto per uscire dalla situazione di drammatica debolezza in cui si è cacciato: dopo otto mesi alla guida di un governo che fatica costantemente a trovare la maggioranza in Parlamento, bersagliato senza pausa dalla destra del Rassemblement national, criticato dalle forze di sinistra per le boutade sulla soppressione dei giorni festivi come Pasquetta per aumentare la produttività e inviso alla galassia ambientalista per aver presentato una proposta di bilancio per il 2026 in cui non ci sono investimenti aggiuntivi per la transizione ecologica, Bayrou ha annunciato nella prima conferenza stampa dopo la pausa estiva di aver chiesto e ottenuto dal presidente Emmanuel Macron la convocazione in via straordinaria del Parlamento per l’8 settembre e di aver deciso di sottoporsi al voto di fiducia dell’Assemblea nazionale.

Al centro dell'intervento con cui chiederà la fiducia dei deputati francesi c’è il suo piano di emergenza per il rientro del debito, che prevede tagli per circa 44 miliardi di euro: «Esiste o non esiste un’emergenza nazionale per riequilibrare i nostri conti pubblici e sfuggire, perché è ancora possibile, alla maledizione del sovraindebitamento?», ha detto annunciando la sua decisione di affrontare un voto che al momento appare tutt’altro che a lui favorevole.

Tra due settimane sapremo se il premier cristiano-democratico ha appena dato il via al suo «suicidio politico», come osservano diversi commentatori francesi e non solo, oppure se questo passaggio servirà a fare definitivamente chiarezza sulle misure che la Francia dovrà attuare per far fronte al problema del «sovraindebitamento» (il deficit pubblico ha raggiunto quota 169 miliardi di euro, pari al 5,8% del Pil, praticamente il doppio del 3% previsto dalle norme Ue): «Quando la casa brucia o quando si sta per affondare, bisogna riconoscere la situazione», ha detto Bayrou. «Non permetterò che il nostro Paese sprofondi in questo rischio, perché è la nostra libertà ad essere in gioco».

Al momento però il suo appare come un azzardo totale, che rischia di travolgere anche Macron, visto che il leader della sinistra Jean-Luc Mélenchon chiede anche un passo indietro del presidente in caso di sfiducia. Sulla carta, il conteggio della fiducia parte col no sicuro tanto della destra del Rassemblement National di Marine Le Pen quanto della sinistra della France Insoumise. Per incassare la fiducia saranno determinanti i voti favorevoli dei socialisti, che però al momento il segretario del Partito socialista, Olivier Faure, esclude totalmente: «È inimmaginabile», ha detto in un’intervista a le Monde. A pesare, nei rapporti tra progressisti e Bayrou, è ancora lo stop ai colloqui sulla riforma delle pensioni imposto dal premier cristiano-democratico nei mesi scorsi. E a meno di una riapertura del confronto su questo tema già in questi giorni, cosa molto difficile, il Partito socialista opterà per l’astensione, segnando la sorte del primo ministro.

Quello di Bayrou è un azzardo non da poco. Se la mossa è un tentativo anche per ridimensionare portata e conseguenze della mobilitazione convocata per il 10 settembre sotto lo slogan «blocchiamo tutto» da vari movimenti e sostenuto anche da sindacati e sinistra radicale, il voto dell’8 settembre può rivelarsi al contrario un detonatore che può far tornare la tensione sociale a livelli analoghi a quelli della stagione dei “gilet gialli”. Con la differenza, rispetto a sette anni fa, che oggi le forze politiche di destra pronte a cavalcare e poi guidare la protesta sono molto più forti. E un vuoto di governo finirebbe per rappresentare un salto nel buio, per chi non vuole che Le Pen acquisisca ancora più forza. Che sia su questo, ora che in caso di sfiducia non vengono neanche esclusi uno scioglimento del Parlamento e le conseguenti elezioni anticipate, che sta scommettendo Bayrou?

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.