Sfiduciato Bayrou: Francia senza governo mentre montano le proteste e il rischio fallimento si avvicina
Adieu, Bayrou. La Francia si ritrova senza un governo alla vigilia della giornata di protesta lanciata sui social al grido di «blocchiamo tutto» e ora cavalcata anche da sindacati, estrema destra ed estrema sinistra. L’esecutivo, dopo che il premier ieri è stato sfiduciato in Parlamento con 364 voti contrari e 194 favorevoli e oggi si è recato all’Eliseo per le dimissioni, rimarrà in carica per gli affari correnti, ma quella che sta attraversando il Paese non è una fase da gestione ordinaria. Parigi è alle prese con un debito pubblico monstre, tornano a farsi sentire movimenti analoghi ai Gilet gialli di sette anni fa, la destra della Le Pen e la sinistra di Mélenchon, dopo essersi mossi a tenaglia votando contro Bayrou, ora chiedono di tornare al voto e anche la testa di Macron. Il quale però non ne vuole sapere di cedere alle ali estreme e sta cercando di far emergere una maggioranza allargata al Partito socialista. I nomi che circolano per il nuovo incarico di formare un governo sono infatti non a caso quelli del socialista Pierre Moscovici, oggi alla guida della Corte dei conti, e del ministro dell’Economia Erico Lombard, giudicato in grado di coinvolgere la sinistra. Ma in queste ultime ore si fa strada anche il nome del ministro della Difesa, Sébastien Lecornu.
Quel che è certo è che un esecutivo di minoranza come quello guidato da Bayrou fino all’azzardo finale di ieri non riuscirà a traghettare il Paese fuori da una crisi finanziaria senza precedenti, né basterà a Macron per arrivare alla scadenza naturale all’Eliseo, prevista per il 2027. Da sinistra, Mélenchon definisce la caduta di Bayrou una «vittoria e sollievo per il popolo». Ma soprattutto, da destra Marine Le Pen guarda ai sondaggi che danno il Rassemblement national in ottima forma e dice che il dibattito di ieri «segna la fine dell’agonia di un governo fantasma, sciogliere il Parlamento è un obbligo» per un presidente, Macron, che deve ora prendere anche atto del fatto che il suo tempo all’Eliseo è finito.
Questi otto mesi e mezzo di governo Bayrou non hanno certo brillato né in generale né nello specifico per quel che riguarda le politiche per la transizione energetica e il contrasto alla crisi climatica. Il mandato viene bollato come «catastrofico» dalla galassia ambientalista, che rinfaccia l’inesistente interesse del premier uscente per le questioni ecologiste, la depenalizza delle violazioni delle specie protette quando non sono commesse «intenzionalmente» e altre misure «contro l’ambiente» portate al voto dell’Assemblea nazionale. Ma al momento non si vedono molte più luci all’orizzonte.
A dare il segno del clima che si respira in Francia è anche il ministro dell’Interno Bruno Retailleau, che questa mattina ha dichiarato che il Paese «ha bisogno molto rapidamente di un primo ministro» di fronte «al rischio di disordini» nelle manifestazioni di protesta già annunciate da domani e fino alla fine del mese. Retailleau, che è anche presidente dei Républicains, esclude un ritorno alle urne e invece definisce «urgente» un nuovo incarico da parte di Macron a una figura che possa essere sostenuta da una solida maggioranza perché non può esserci «un potere vacante» di fronte «a un mese di settembre propizio ad ogni tipo di disordine»: «Abbiamo bisogno molto rapidamente di un primo ministro affinché il potere sia visibile. È di importanza capitale, anche in materia di mantenimento dell’ordine». Il problema è che per i Républicains, detto tutto ciò contro il ritorno alle urne, una netta apertura ai socialisti o addirittura un incarico a Moscovici o altri del suo partito è fuori discussione: «Ribadiamo – ha sottolineato – che per noi è inconcepibile che il presidente della Repubblica scelga un primo ministro socialista».
La palla, o meglio il cerino, è in mano a Macron. Il tempo prima che si bruci le dita non è molto. E le correnti d’aria pronte a spegnerglielo tra le mani arrivano tanto da destra quanto da sinistra. Ma a quel punto, piuttosto che un sollievo per l’Eliseo, sarà buio totale sulle sorti del Paese.