Gaza all’alba del cessate il fuoco, ma la pace resta tutta da costruire
In un post su Truth Social, ieri notte il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato che Israele e Hamas hanno concordato la prima fase di un accordo di pace in 20 punti che mira al cessate il fuoco su Gaza e al rilascio dei prigionieri, sia israeliani sia palestinesi.
Secondo quanto affermato da Trump, che ha ringraziato i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia, Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del piano di pace; tutti i prigionieri saranno rilasciati molto presto; Israele ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata. Una fonte di Hamas ha affermato che i prigionieri sopravvissuti saranno rilasciati entro 72 ore dall'approvazione dell'accordo da parte del governo israeliano, e funzionari israeliani hanno indicato che il processo potrebbe iniziare sabato.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ha definito «un grande giorno per Israele», mentre Hamas ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che l'accordo prevede «la fine della guerra a Gaza, il ritiro dell'occupazione, l'ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri», invitando gli Usa e la comunità internazionale a «costringere il Governo di occupazione a implementare pienamente i requisiti dell'accordo e a non consentirgli di eludere o ritardare l'attuazione di quanto concordato. Hamas non abbandonerà i diritti nazionali del nostro popolo: raggiungere la libertà, l'indipendenza e l'autodeterminazione».
«Secondo il piano Trump, dopo che Hamas avrà consegnato i prigionieri, la guerra dovrebbe finire – commenta Marwan Bishara, analista politico senior di Al Jazeera – Ma Israele dice di no, la guerra finirà solo dopo il disarmo di Hamas».
Di fatto resta dunque molta incertezza sugli effettivi sviluppi del piano di pace, ma intanto a Gaza e nel resto del mondo si festeggia lo stop al genocidio perpetrato da Israele contro la popolazione palestinese, che in poco più di due anni – l’attentato terroristico di Hamas contro Israele che ha agito da miccia, dopo decenni di occupazione, risale al 7 ottobre 2023 – ha sterminato 66mila palestinesi a fronte di 1.250 cittadini israeliani o stranieri; in due anni 61mila bambini sono stati uccisi o mutilati, uno ogni 17 minuti secondo l’Unicef. Al contempo, secondo l’Onu dall'ottobre 2023 più di 8.000 missioni umanitarie hanno richiesto l'approvazione israeliana per portare aiuti ai civili ma quasi la metà è stata respinta, ritardata o ostacolata. Ancora oggi gli operatori umanitari delle Nazioni Unite hanno circa 170.000 tonnellate di cibo, alloggi, medicinali e altri beni essenziali in attesa nei depositi fuori Gaza.
«I combattimenti devono cessare una volta per tutte – commenta il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres – Deve essere garantito l'ingresso immediato e senza ostacoli di rifornimenti umanitari e materiali essenziali a Gaza. Le sofferenze devono finire: accolgo con favore l'annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente Donald J. Trump, ed elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria. Esorto tutte le parti interessate a cogliere questa importante opportunità per stabilire un percorso politico credibile verso la fine dell'occupazione, il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese e il raggiungimento di una soluzione a due Stati che consenta a israeliani e palestinesi di vivere in pace e sicurezza. La posta in gioco non è mai stata così alta».
In caso contrario, per la Palestina non sarà pace ma sottomissione, foriera di futuri nuovi scontri armati. E per capire quanto sia ancora distante l'orizzonte della pace, basti osservare che secondo quanto affermato dai funzionari governativi, una volta che Israele avrà ratificato ufficialmente l'accordo di cessate il fuoco di Gaza nel corso di questa sera, le truppe dell'Idf inizieranno a ritirarsi entro 24 ore secondo le linee di schieramento concordate, il che in questa prima fase consentirà all'esercito di mantenere il controllo di poco più della metà del territorio della Striscia, ovvero il 53%.
«L'annuncio della prima fase dell'accordo di cessate il fuoco a Gaza, firmato da tutte le parti coinvolte, è un passo indispensabile per porre fine al genocidio perpetrato da Israele a Gaza. Accogliamo con favore il rilascio degli ostaggi israeliani e dei palestinesi detenuti illegalmente. Questo fragile cessate è però solo l’inizio di un percorso che dovrà culminare con la fine dell'occupazione e del blocco illegali da parte di Israele, concentrandosi sul ripristino dei diritti e la ricostruzione delle vite - cpmmenta Paolo Pezzati, portavoce per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia - La roadmap dovrà poi essere guidata dai palestinesi, avendo come stella polare il rispetto dei diritti fondamentali. Il futuro di Gaza non è questione di mattoni e cemento: bisogna ripristinare le basi della vita quotidiana, ricostruire le comunità distrutte e offrire percorsi di guarigione e speranza. Ciò deve andare di pari passo con l'autodeterminazione del popolo palestinese. La tregua è la necessaria condizione per un accesso umanitario completo e senza restrizioni a Gaza, ma sarà necessario tutto il sostegno della comunità internazionale per rendere duratura la tregua stessa, garantire l’apertura di tutti i valichi e la libera circolazione di beni e aiuti, affidando lo sforzo umanitario all’ONU. L’uso deliberato da parte di Israele della fame come strumento di guerra, dello sfollamento forzato e della distruzione delle infrastrutture civili negli ultimi due anni, deve essere indagato come crimine ai sensi del diritto internazionale e i responsabili devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Il cessate il fuoco è un primo passo verso una fase successiva: preparare il terreno per una pace sostenibile e una vera riconciliazione».