Sempre meno bambinelli nel Belpaese, il 71,2% degli italiani in età riproduttiva non vuole figli
Alle porte del Natale, l’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha aggiornato al 2024 il rapporto sulle Intenzioni di fecondità, confermando l’inverno demografico ormai calato nel Belpaese. Da alcuni decenni l’Italia sta infatti attraversando un’importante trasformazione demografica segnata da un costante calo delle nascite (1,18 figli per donna nel 2024, era 1,29 nel 2003).
«Sempre più spesso i giovani scelgono di rimandare o rinunciare al progetto di costruire una famiglia con figli, tra incertezze economiche, precarietà lavorativa e cambiamenti dei modelli di vita», spiega l’Istat. Nel 2024, in particolare, solo il 21,2% dei 18-49enni – circa 4,5 milioni di persone, contro il 25% del 2003 – intende avere un figlio nei tre anni successivi l’intervista, mentre specularmente 10,5 mln di persone (74,2%, contro il 71,2% nel 2003) non ne vogliono. Un terzo di coloro che non intendono avere figli entro i tre anni, pari a 5,2 milioni di persone, affermano comunque di volerne dopo quell’orizzonte temporale (32,6%); si tratta di un valore di oltre 3 punti percentuali più basso rispetto a quello registrato nel 2003 (36%).
In partenza, la voglia di avere figli non manca. Quasi il 90% dei 18-24enni non intende procreare entro tre anni, collegando questa scelta con tutta probabilità alla volontà di portare a compimento il proprio percorso di studio e formazione; tra questi, però, la grande maggioranza (81,8%) esprime il desiderio di avere comunque un figlio in futuro (quasi 3 milioni di persone).
I problemi iniziano quando i desiderata si scontrano con la difficile realtà socioeconomica del Paese, che penalizza in modo particolare i giovani: mentre solo il 5,5% dice che avere figli non fa parte del proprio progetto di vita (era il 4,4% nel 2016), meno della metà delle donne che desideravano un figlio nel 2016 sono riuscite ad averlo nei tre anni successivi.
I motivi economici preoccupano soprattutto gli uomini di 25-34 anni (52%), mentre le difficoltà legate all’età vengono riferite dalla metà delle persone tra 45 e 49 anni (il 51,7% per le donne), considerando anche che in quest’ultima fascia di età il 17,9% delle persone riferisce di doversi prendere cura dei propri genitori.
A rinunciare ai propri progetti di genitorialità per motivi legati al lavoro sono soprattutto le donne tra 25 e 44 anni: quasi un quarto di quelle tra i 25 e i 34 anni ritiene di non avere garanzie sufficienti per avere un figlio. Tra le persone senza figli, inoltre, oltre un quinto delle donne e il 17,8% degli uomini attribuiscono la mancata realizzazione del progetto genitoriale all’assenza di un partner stabile.
Complessivamente, dei 6,6 milioni di persone che hanno riferito di avere avuto difficoltà nel realizzare i propri desiderata in termini di figli, un terzo dichiara motivi economici, meno di un quinto motivi legati all’età, l’11,5% si deve occupare dei genitori anziani, il 9,4% non ritiene di avere condizioni lavorative adeguate e per l’8,6% il problema è la mancanza di un partner
Come se ne esce? È stato lo stesso Istat a chiedere ai 18-49enni quale misura ritenessero più importante per sostenere la natalità, la crescita e l’istruzione dei figli: la misura indicata dalla quota maggiore di persone è stato il sostegno economico (28,5%), seguito dai servizi per l’infanzia (26,1%), dalla possibilità di avere affitti o mutui agevolati (23,1%), dalle politiche lavorative (20,2%) e da quelle di conciliazione tra lavoro e famiglia (14,8%).