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Le politiche Ue per il clima perdono un altro pezzo: la Commissione ritirerà la direttiva anti-greenwashing

Vittoria dei gruppi di destra. Le norme per introdurre una maggiore trasparenza nelle comunicazioni ambientali delle aziende erano state criticate dai gruppi conservatori Ecr e Ppe. Quest’ultimo aveva scritto nei giorni scorsi una lettera alla commissaria per l’Ambiente Roswall chiedendo il dietrofront
 |  Crisi climatica e adattamento

E addio anche direttiva anti-greenwashing. Le forze conservatrici stanno lavorando in Europa per smontare pezzo dopo pezzo tutto l’impianto del Green deal approvato la scorsa legislatura. Sono passate poche ore da quando è stata diffusa la notizia che il Partito popolare europeo (Ppe) ha scritto una lettera alla commissaria Ue per l’Ambiente Roswall chiedendo il «ripensamento» o direttamente il «ritiro» della direttiva Green Claims, che prevede norme per contrastare il fenomeno del greenwashing e una maggiore trasparenza nelle comunicazioni delle aziende, a tutela di consumatori e ambiente. E ora ecco che da Bruxelles arriva in tempo record la doccia gelata: la Commissione europea «intende ritirare la proposta di direttiva sulle dichiarazioni ambientali». E non si tratta di un qualche retroscena. Lo ha confermato un portavoce della Commissione Ue durante il briefing con la stampa rispondendo a una domanda sulle critiche sollevate nei confronti della direttiva dal Ppe (quello in cui siedono gli europarlamentari eletti con Forza Italia) e dal gruppo Ecr (quello a cui appartengono gli eurodeputati di Fratelli d’Italia). «Vedremo come procedere e vi invito a pazientare e a seguire gli sviluppi della situazione», ha detto il portavoce rispondendo ai giornalisti presenti a Bruxelles. «La Commissione europea ha il diritto di iniziativa di fare ma anche ritirare una proposta dopo la propria valutazione del processo legislativo», ha aggiunto un altro portavoce dell’esecutivo comunitario.

Sono andate così deluse le speranze che qualcuno nel fronte progressista e ambientalista aveva riposto in un intervento da parte di Ursula von der Leyen. Anche la presidente della Commissione Ue fa parte del Ppe, ma evidentemente o non ha voluto o non ha saputo convincere il gruppo conservatore a desistere dall’affossare la direttiva. I retroscena che arrivano tanto da Bruxelles quanto da Strasburgo dicono infatti che nel Parlamento europeo, dove il Ppe è il gruppo più corposo, sarebbero mancati i numeri per far passare le nuove norme. E questa anticipazione della Commissione europea arriva con un timing che non è casuale: lunedì della prossima settimana si dovrà infatti tenere il ciclo di negoziati conclusivo dedicato alla direttiva. Ma ormai l’esito anche di questo incontro è già scritto.

La Commissione Ue aveva presentato la proposta del Green Claims nel settembre 2023 con un obiettivo ben chiaro: i consumatori possono essere fuorviati da quanto dichiarato sulle etichette dei prodotti commercializzati e le aziende possono dare una falsa impressione dei loro impatti o benefici ambientali con azioni, appunto, di greenwashing. Da qui la decisione di fissare precise norme per i produttori, tutte volte a garantire che le etichette e le affermazioni ambientali diffuse anche con messaggi pubblicitari siano credibili e affidabili, così da consentire ai consumatori di prendere decisioni di acquisto più informate. Ma ora è arrivato il dietrofront. L’ennesimo, sul fronte politiche per il clima. Il ritiro della direttiva anti-greenwashing arriva infatti dopo il rinvio di un anno delle nuove norme contro la deforestazione, dopo la retromarcia sulle multe alle case automobilistiche che non rispettano i limiti delle emissioni di gas serra e dopo le altre iniziative per annacquare le politiche comunitarie sul clima approvate la scorsa legislatura. Tutte battaglie portate avanti dai gruppi conservatori con la scusa di voler rilanciare la competitività commerciale dell’Europa semplificando le normative comunitarie e alleggerendo il carico di burocrazia a carico delle aziende. E pazienza per consumatori e ambiente.

  

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.