Skip to main content

Bocciato il Pniec del Governo Meloni: «Sono necessarie azioni più ambiziose»

Il Fondo monetario internazionale avverte l'Italia, crescita a rischio senza transizione ecologica

«Accelerare la transizione alle rinnovabili, adattarsi a un clima che cambia e investire in infrastrutture energetiche resilienti sono passi essenziali»
 |  Green economy

Il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha concluso la sua ultima missione in Italia producendo un’articolata valutazione sullo stato dell’arte nonché sulle prospettive dell’economia nazionale, evidenziando previsioni di crescita «altamente incerte» per un complesso mix di fattori – tensioni nei commerci internazionali, bassa produttività, invecchiamento demografico del Paese, lenta attuazione del Pnrr – che arriva a mettere in primo piano il freno a mano tirato sulla transizione ecologica.

Se nel 2023 come nel 2024 il Pil italiano è cresciuto di un magro 0,7%, le previsioni per quest’anno quasi dimezzano il dato (0,4%) per poi tornare al punto di partenza nei prossimi anni: «La debole crescita della produttività e le tendenze demografiche sfavorevoli – evidenzia il Fmi – continueranno a pesare sulle prospettive, mantenendo la crescita attorno allo 0,7%». Al contempo, un’attuazione «ritardata o inefficiente del Pnrr potrebbe compromettere la crescita» e «gli shock climatici, compresi gli eventi meteorologici estremi, potrebbero inoltre frenare la crescita».

È quanto, di fatto, sta già avvenendo. Il nazionale degli eventi meteo estremi segna +31% in questi primi mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024, con la crisi climatica in corso che è già costata al Bel Paese – solo in termini di eventi meteo estremi, appunto – qualcosa come 38mila morti e 60 miliardi di dollari negli anni che vanno dal 1993 al 2022. Si tratta del dato peggiore in Europa. Che fare? La risposta la dà direttamente il Fmi:

«Accelerare la transizione alle rinnovabili, adattarsi a un clima che cambia e investire in infrastrutture energetiche resilienti sono passi essenziali per ridurre l’impatto degli eventi climatici estremi e la dipendenza energetica dall’estero. I rischi climatici e la sicurezza energetica sono questioni macro-critiche per l’Italia, vista la dipendenza da agricoltura, turismo e approvvigionamenti energetici esterni. Il Piano nazionale energia e clima 2024 offre una base strategica, ma sono necessarie azioni più ambiziose per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 e migliorare la sicurezza energetica. Rafforzare la rete elettrica, ampliare la capacità di stoccaggio e semplificare le autorizzazioni sono elementi cruciali per integrare le rinnovabili. Una maggiore integrazione nei mercati elettrici europei aumenterebbe la resilienza, ridurrebbe la volatilità dei prezzi e migliorerebbe l’efficienza nell’uso dell’energia rinnovabile».

Eppure l’Italia del Governo Meloni si muove in direzione ostinatamente contraria. Entro il 2030 l’Italia dovrà raggiungere, secondo quanto previsto dal decreto Aree idonee, 80.001 MW di nuova potenza considerando le installazioni realizzate a partire dal 2021: un obiettivo lontano, dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo (19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024) e dovrebbe adesso installare oltre 11 GW l’anno contro i 7,48 aggiunti lo scorso anno.

Se la mitigazione stenta, non va meglio sul fronte dell’adattamento climatico. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è di fatto fermo al palo: approvato nel gennaio 2024 dal Governo Meloni dopo lunghissima gestazione, ha individuato 361 azioni settoriali da mettere in campo ma manca di fondi e governance per attuarle. Basti osservare che nel novembre scorso il ministro Pichetto ha predisposto lo stanziamento di 280 mln di euro contro il dissesto idrogeologico, ancora una volta di una goccia nel mare: per fare davvero i conti con l’acqua – in base alle stime elaborate dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – servirebbero 10 mld di euro aggiuntivi l’anno, a fronte dei 7 che il sistema-Paese finora riesce a stanziare. Volendo limitare il conto ai soli investimenti incentrati sulla lotta al dissesto idrogeologico, si scende comunque a 38,5 miliardi di euro complessivi in un decennio (in linea con gli investimenti stimati già nel 2019 per realizzare gli 11mila cantieri messi in fila dalla struttura di missione "Italiasicura", che ha lavorato coi Governi Renzi e Gentiloni).

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.