Auto elettriche, i nuovi incentivi rischiano di escludere due terzi dei modelli più venduti in Italia
Il 15 ottobre partiranno i nuovi incentivi Pnrr stanziati dal ministero dell’Ambiente – distogliendoli dal sostegno all’infrastrutturazione delle colonnine elettriche – per incoraggiare l’acquisto di auto elettriche: a gestire l’erogazione dei 597 milioni di euro sarà la piattaforma Sogei, che consentirà la registrazione dei beneficiari, dei venditori aderenti all’iniziativa e la generazione dei bonus. Ma le aspettative di buona riuscita sono molto basse.
Come già argomentato da Francesco Naso in qualità di segretario generale di Motus-E – ovvero l’associazione di categoria costituita su impulso dei principali operatori industriali dei settori automotive ed energia e del mondo accademico – gli incentivi messi «hanno un significativo numero di paletti che limiterà moltissimo la platea dei beneficiari». E nuovi paletti ancora stanno arrivando.
Oggi l’Unrae (l’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri) e Federauto (la Federazione italiana concessionari auto) hanno inviato una lettera al ministro Pichetto chiedendo di non inserire il criterio di punteggio ambientale (il cosiddetto “Eco-score”) nel nuovo programma di incentivi.
Secondo le due associazioni, che rappresentano la distribuzione, il commercio e l’assistenza nel settore automotive italiano, la ventilata adozione del modello francese di Eco-score – che considera esclusivamente la fase di produzione e trasporto dei veicoli, senza includere l’intero ciclo di vita – risulterebbe inopportuna, discriminatoria e controproducente.
Dalle analisi emerge infatti che l’applicazione automatica del sistema francese comporterebbe l’esclusione di numerosissimi modelli disponibili nei listini delle case costruttrici, riducendo drasticamente la scelta per consumatori e aziende. Inoltre, un vincolo di tal genere presterebbe il fianco a discriminazioni difficilmente sostenibili sul piano tecnico e giuridico.
«Nella media del mercato BEV i modelli potenzialmente esclusi rappresentano il 66,5% del totale immatricolato nei primi otto mesi del 2025 – spiegano Unrae e Federauto – ma la situazione delle singole case risulta fortemente eterogenea: si va da operatori che non subirebbero alcuna decurtazione ad altri che vedrebbero completamente azzerata la propria offerta di prodotto incentivata, generando così una chiara distorsione della libera concorrenza. Le conseguenze sarebbero fortemente negative non solo per gli acquirenti, ma anche per concessionari, officine, fornitori e componentisti, con i relativi inevitabili effetti sull’occupazione. Un sistema di Eco-score ambientalmente efficace e legalmente inoppugnabile richiederebbe una radicale revisione dello schema francese, con tempistiche incompatibili con le esigenze del mercato e gli obiettivi del Ministero stesso».
Per questo motivo, Unrae e Federauto invitano il ministro a «non introdurre l’Eco-score» e sollecitano «l’attivazione urgente della piattaforma informatica Sogei per consentire al più presto l’avvio delle prenotazioni dei bonus, ponendo fine alla paralisi che blocca il mercato da mesi e garantendo la ripresa tempestiva e ordinata delle attività degli operatori del settore».
Nel frattempo in Ue nel 2024 sono state immatricolate 1,45 milioni di nuove autovetture elettriche a batteria (la quota tra tutte le nuove immatricolazioni è stata del 13,6%) portando il totale a 5,87 milioni. Le quote più elevate di auto elettriche a batteria tra le nuove auto immatricolate sono state rilevate in Danimarca (51,3%), Malta (37,7%) e Svezia (34,9%). Le quote più basse sono state invece registrate in Croazia (1,8%), Slovacchia (2,4%), Polonia (3,0%). E poi, subito sopra ma comunque in fondo alla classifica, Bulgaria e Italia.
Ormai non solo gli ambientalisti, ma le stesse case automobilistiche affermano che «attribuire la crisi del settore auto al Green deal è una narrazione fuorviante» e che «non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi», come ribadito più volte anche dall’Unrae. Tra i motivi c’è piuttosto il forte aumento del costo delle auto mentre sale il rischio di povertà ed esclusione sociale nel Paese (che riguarda oggi 13,5 milioni di persone) e l’assenza di politica industriale da parte del Governo, che ha tagliato brutalmente le risorse del Fondo Automotive: sono passate dagli 8,7 miliardi di euro inizialmente previsti entro il 2030 a soli 450 milioni nel 2025 e 200 milioni annui per gli anni successivi. In compenso, anche l’ultima trovata del Governo Meloni per guidare la transizione del settore automotive si preannuncia già come un buco nell’acqua.