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Materie prime critiche: Usa e Cina pronte a siglare un accordo, mentre l’Ue mette sul tavolo anche il “bazooka”

La Casa Bianca ha annunciato un’intesa su terre rare e soia che dovrebbero formalizzare Trump e Xi Jinping in un faccia a faccia previsto per giovedì. Ciò evita l’acuirsi di un conflitto commerciale globale, ma non mette al riparo l’Europa dalle restrizioni di Pechino all’export cinese. Per questo von der Leyen da un lato annuncia un nuovo piano denominato «RESourceEU», dall’altro avverte che l’Ue è pronta a ricorrere a tutti gli strumenti che ha a disposizione, compreso il meccanismo anti-coercizione finora mai usato
 |  Green economy

Su terre rare e materie prime critiche si sta giocando una partita trilaterale tra Usa, Cina e Unione europea. Pechino in questo campo gode di un predominio mondiale su cui già da tempo l’Agenzia internazionale per l’energia ha lanciato un alert che dovrebbe far preoccupare soprattutto il Vecchio continente. Gli Stati Uniti di Donald Trump, con la strategia volta ad alternare con Xi Jinping minacce di dazi stratosferici e proposte di accordi concilianti, sembra che un primo risultato lo abbiano ottenuto: la Casa Bianca ha annunciato un’intesa tra Washington e Pechino che esclude i dazi al 100% alla Cina e nuovi accordi su terre rare, soia e anche la vendita di Tik Tok. I negoziatori delle due superpotenze hanno lavorato nei giorni scorsi a un accordo che ora starà a Trump e Xi Jinping ratificare in un incontro programmato per giovedì in Corea del Sud. l dettagli dell’intesa non si conoscono, ma il segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent, ha assicurato che l’accordo c’è, con la Cina che avrebbe acconsentito a rimandare di un anno l’entrata in vigore delle restrizioni all’export dei minerali critici, che sono fondamentali per l’industria occidentale, anche e soprattutto nei settori della difesa, dei semiconduttori, dell’automotive. Meno propensa a rilasciare dichiarazioni sullo stato delle trattative è la delegazione cinese, che ha sì parlato di un «consenso positivo» riguardo i colloqui di questi giorni, ma non ha fatto riferimento ad accordi precisi riguardanti la quantità di possibili esportazioni di terre rare.

Un accordo tra Usa e Cina riduce le possibilità di un acuirsi della guerra commerciale globale innescata da Trump in quello che il tycoon in primavera aveva definito «il giorno della liberazione», di cui finora ne sta comunque pagando le spese l’Unione europea. Un aumento del livello di scontro tra Washington e Pechino avrebbe ulteriormente penalizzato le produzioni europee dei settori che maggiormente necessitano dei materiali esportati dalla Cina. Ma per l’Ue la situazione non è affatto tranquilla, su questo fronte. L’accordo Trump-Xi Jinping evita il peggio, ma non assicura all’Europa alcun trattamento di favore, anzi.

Non a caso la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha approfittato di un discorso tenuto al Berlin Global Dialogue per lanciare un chiaro messaggio a Pechino: l’Ue è pronta a ricorrere a tutti gli strumenti che ha a disposizione in caso si apra un vero e proprio conflitto commerciale con la Cina. Compreso, ha fatto capire, il cosiddetto “bazooka”, ovvero un meccanismo anti-coercizione (entrato in vigore nel dicembre 2023 ma mai utilizzato) che in caso di minacce commerciali messe in campo da Paesi terzi offre una serie di contromisure e sanzioni che vanno dall’imposizione di dazi alle restrizioni al commercio dei servizi. Ha detto von der Leyen nel suo intervento a Berlino: «Sappiamo tutti quanto siano importanti le terre rare per la nostra industria, che si tratti di automobili, semiconduttori o attrezzature militari. Le decisioni annunciate dal governo cinese il 9 ottobre sulle esportazioni rappresentano un rischio significativo. In sostanza, queste azioni ostacolerebbero gravemente lo sviluppo di un’industria delle terre rare in altri paesi». La presidente della Commissione europea ha riconosciuto che le mosse di Pechino costituiscono una minaccia per la stabilità delle catene di approvvigionamento globali «e avrà un impatto diretto sulle aziende europee»: «Se si considera che oltre il 90% del nostro consumo di magneti in terre rare proviene dalle importazioni dalla Cina, si comprendono i rischi che ciò comporta per l’Europa e i suoi settori industriali più strategici. Dall’automotive ai motori industriali, dalla difesa all’aerospaziale, dai chip di intelligenza artificiale ai centri dati».  Nel breve termine, ha sottolineato von der Leyen alla platea che l’ha ascoltata a Berlino e, indirettamente, agli interlocutori incaricati da Xi Jinping di portare avanti le trattative, «ci stiamo concentrando sulla ricerca di soluzioni con le nostre controparti cinesi». Salvo poi aggiungere: «Ma siamo pronti a utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per rispondere se necessario. E lavoreremo con i nostri partner del G7 per una risposta coordinata».

Ma l’Ue sta lavorando anche a un’altra strategia perché, come ha sottolineato la stessa von der Leyen, «dobbiamo anche considerare questa sfida come un problema strutturale» e la risposta europea deve essere «commisurata alla portata dei rischi che corriamo in questo settore». Per questo motivo, la presidente della Commissione europea ha annunciato che i vertici comunitari stanno lavorando a un nuovo piano denominato «RESourceEU» e concepito sulla falsariga dell’iniziativa «REPowerEU, che ci ha aiutato a superare insieme la crisi energetica». L’obiettivo, ha spiegato, è garantire all’industria europea l’accesso a fonti alternative di materie prime critiche a breve, medio e lungo termine. «Si parte dall’economia circolare. Non per motivi ambientali, ma per sfruttare le materie prime critiche già contenute nei prodotti venduti in Europa», ha evidenziato. Del resto, in Europa ci sono aziende che sono in grado di riciclare fino al 95 % delle materie prime critiche presenti nelle batterie. «Ciò significa estrarre materie prime preziose, ridurre i rifiuti e promuovere una gestione sostenibile delle risorse – ha detto – Ci concentreremo su tutto, dagli acquisti congiunti allo stoccaggio. Incrementeremo gli investimenti in progetti strategici per la produzione e la trasformazione di materie prime critiche qui in Europa. Accelereremo il lavoro sui partenariati per le materie prime critiche con paesi come l’Ucraina, l’Australia, il Canada, il Kazakistan, l’Uzbekistan, il Cile o la Groenlandia. E investiremo in progetti di cui l’Europa potrà beneficiare in tutto il mondo attraverso il Global Gateway».

Il quadro che offre von der Leyen, come lei stessa riconosce, segna un allontanamento dalla «tradizionale cautela europea». Ma il mondo in cui viviamo oggi, ha aggiunto, premia la rapidità, non l’esitazione. «Perché il mondo di oggi è spietato. E l’economia globale è completamente diversa rispetto a pochi anni fa. L’Europa non può più agire come ha fatto finora. Abbiamo imparato questa lezione a nostre spese con l’energia, non la ripeteremo con i materiali critici. È quindi giunto il momento di accelerare e di intraprendere le azioni necessarie. Che si tratti di energia o di materie prime, di difesa o di digitale, l’Europa deve lottare per la propria indipendenza. E questo è il momento giusto per farlo».  

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.