
Italia inquinata: su 148.598 ettari di Sin contaminati, risanato appena il 6%

Un’Italia avvelenata, in attesa di giustizia ambientale. È questa la fotografia impietosa scattata dal report “Le bonifiche in stallo”, presentato a Roma da ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera, al termine della campagna itinerante Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato.
I numeri parlano chiaro: su 148.598 ettari di suolo inquinato nei 41 Siti di Interesse Nazionale (SIN), solo il 24% è stato caratterizzato, definendo in questa prima fase tipologia e diffusione dell’inquinamento, e appena il 6% effettivamente bonificato. Per le acque sotterranee la situazione è ancor più allarmante: solo il 23% delle falde ha il piano di caratterizzazione eseguito e appena il 2% ha completato il procedimento di bonifica. Con l’attuale media di appena 11 ettari risanati all’anno, servirebbero almeno 60 anni — nella migliore delle ipotesi — per concludere l’iter dei SIN più “virtuosi”. Per gli altri, i tempi si allungano a dismisura, evocando le tempistiche dello smaltimento delle scorie nucleari.
Bicchiere mezzo pieno, invece, per i Siti di Interesse Regionale (SIR), dove secondo gli ultimi dati raccolti e pubblicati da Ispra i siti interessati da procedimenti di bonifica nel 2023, sono complessivamente 38.556, dei quali 16.365 con procedimento in corso (42%) e 22.191 (58%) con procedimento concluso.
Nel frattempo, la vita nei territori inquinati continua tra malattie, disoccupazione e abbandono. Secondo il progetto “Sentieri” dell’Istituto Superiore di Sanità, nei SIN e SIR si registra “un eccesso di mortalità e di ospedalizzazione rispetto al resto della popolazione, e mostrano come nei siti con caratteristiche di contaminazione simili si producano effetti comparabili”, un campanello d’allarme che non può più essere ignorato.
A peggiorare il quadro, tre “alert rossi”: ritardi amministrativi cronici, una produttività bassissima nelle bonifiche, e 35 reati accertati di omessa bonifica tra il 2015 e il 2023. Sicilia, Lazio e Lombardia guidano la triste classifica degli illeciti. Dal 1° giugno 2015, data dell’entrata in vigore della legge sugli ecoreati, al al 31 dicembre 2023 è stato registrato un reato ogni 6,8 controlli, 50 denunce e 7 arresti. Solo la Sicilia conta 17 reati, 25 denunce e 6 sequestri.
Allargando lo sguardo all’Europa, la situazione non migliora. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente vi sono infatti 2,8 milioni di siti contaminati, di cui solo 1,4 milioni quelli registrati, e solo l’8,3% di questi risulta bonificato.
«L’esposizione cronica di oltre il 10% della popolazione residente nei SIN e SIR – commentano le associazioni – a rischi permanenti per la salute è responsabilità degli inquinatori, ma anche dello Stato e dei Governi regionali. Serve una responsabilità di governance a più livelli che riguardi gli aspetti ambientali, sanitari, e il rispetto della legalità. Come abbiamo sottolineato con la nostra campagna “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”, facendo tappa in diversi luoghi della Penisola dove manca giustizia ambientale e sociale, serve un cambio passo affinché salute, lavoro e diritto allo sviluppo e all’occupazione, non restino parole vuote. I territori colpiti dall’inquinamento industriale portano cicatrici profonde: malattie, morti, disoccupazione, emigrazione. Non è solo una questione ambientale, ma soprattutto di diritti fondamentali negati».
Il report sottolinea due principali talloni d’Achille: il divario tra normativa e attuazione — i primi step delle bonifiche dovrebbero concludersi in 18 mesi ma durano anni — e l’assenza di una strategia nazionale. Eppure, il risanamento ambientale potrebbe generare un giro d’affari da 30 miliardi di euro, secondo Confindustria, con la creazione di 200.000 posti di lavoro e un ritorno fiscale di 5 miliardi.
Per invertire la rotta, le associazioni propongono una road map nazionale in 12 punti, articolata in tre ambiti: governance normativa, integrazione degli aspetti sanitari e reindustrializzazione dei siti. Tra le priorità: armonizzazione con le buone pratiche internazionali, semplificazione normativa, rafforzamento delle competenze locali, coinvolgimento delle comunità, uso di tecniche di bonifica innovative e sostenibili, e il principio “chi inquina paga” reso finalmente operativo.
La prossima tappa sarà il 16 e 17 maggio a Roma, con ControEcomafie, la conferenza nazionale promossa da Libera e Legambiente, per celebrare i 10 anni dalla legge sugli ecoreati e rilanciare con forza l’urgenza di una strategia nazionale che non lasci più indietro nessun territorio e nessuna comunità.
