
Ex Ilva, il sindaco di Taranto si dimette a sorpresa dopo 40 giorni dall’elezione: «Inagibilità politica»

«Inagibilità politica» e atteggiamenti «minacciosi». Con queste motivazioni e a sorpresa, a solo una quarantina di giorni da quando è stato eletto alla guida di una coalizione di centrosinistra, il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, si è dimesso. A spingerlo a rassegnare le dimissioni, ha spiegato l’esponente vicino al governatore Michele Emiliano, è quanto è avvenuto nella serata di ieri al termine della riunione svoltasi a Palazzo di Città sul dossier per l’ex Ilva, discusso in preparazione della riunione del Consiglio comunale in programma per questa mattina e soprattutto in vista del vertice di Roma con il ministro Urso per l’Accordo di programma interistituzionale per la decarbonizzazione dell’impianto siderurgico.
Stando a quanto riferiscono fonti vicine all’Amministrazione comunale, alcuni esponenti dell’ala più oltranzista del mondo ambientalista tarantino avrebbero dapprima contestato il sindaco sino al punto di impedirgli fisicamente di abbandonare la sede del Municipio.
L’appuntamento con associazioni cittadine era stato voluto proprio dal primo cittadino per preparare il terreno al tavolo interministeriale convocato per giovedì al Mimit, durante il quale il governo tenterà di chiudere l’accordo interistituzionale per sbloccare la transizione dell’ex Ilva. Solo che dopo un paio d’ore dall’incontro, all’uscita dal confronto, un gruppo di manifestanti ha bloccato il passaggio al sindaco, gridando «assassini, assassini». Bitetti è dovuto rientrare nel Municipio per motivi di sicurezza. «Abbiate rispetto delle nostre lacune - aveva dichiarato -. Stiamo prendendo appunti per capire ogni aspetto di questa vertenza così complessa». Il sindaco aveva dato anche la disponibilità a incontrare altri rappresentanti delle associazioni questa mattina, ma la tensione è salita e le rassicurazioni del primo cittadino non sono state bene accolte. «Siamo qui - aveva detto durante l’incontro - per difendere il territorio. Io non ho passato una sola notte dal 17 giugno, giorno della mia proclamazione, senza pensare all’ex Ilva. La prima bozza di accordo ci è stata inviata il 18 giugno con richiesta di approvazione in 48 ore. Abbiamo detto che i 13 anni di transizione proposti sono troppi. Serve una direzione più rispettosa». Ma è stato troppo poco per gli esponenti delle associazioni arrivate al Municipio. «Difendere il diritto alla vita», hanno chiesto in coro. La pediatra Annamaria Moschetti (Associazione culturale Pediatri e Peacelink) ha ricordato che «ci sono dati inconfutabili: +50% di disturbi dello spettro autistico rispetto alla provincia. Il principio di precauzione impone di fermare l’esposizione, senza attendere l’ultimo studio scientifico». Altre persone di altri comitati hanno usato meno argomentazioni e parole più pesanti, come appunto «assassini» e altri epiteti.
Una situazione che ha spinto Bitetti a rientrare nella sua stanza e scrivere la lettera di dimissioni in cui parla di «mancata agibilità politica» e comportamenti «minacciosi» subiti da parte di alcuni manifestanti (fonti vicine al sindaco riferiscono che avrebbe ricevuto anche minacce di morte).
Cosa succederà ora? Il passo indietro di Bitetti, si ragiona a Taranto, potrebbe anche far parte di una mossa in extremis per andare avanti sulla strada dell’Accordo di programma interistituzionale sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva. La legge prevede infatti che le dimissioni del sindaco diventino efficaci e irrevocabili solo dopo 20 giorni dalla presentazione. Fino ad allora, Bitetti può decidere di ritirarle. Il termine scadrebbe dunque dopo l’incontro al ministero delle Imprese. Un tempismo che potrebbe far pensare a una tattica per evitare di esporsi durante le fasi più delicate della trattativa.
La vicenda dell’ex Ilva è ancora tutta da chiarire. Legambiente ha espresso nei giorni scorsi preoccupazione e contrarietà rispetto al procedimento di rilascio, ritenuto opaco e incapace di offrire le risposte necessarie in termini di tutela della salute pubblica, protezione ambientale e riconversione industriale. Il Cigno verde ha anche ribadito una posizione molto netta e precisa: «Fuori dal carbone entro il 2030. No a 6 milioni di tonnellate annue in assenza della documentazione attesa. Subordinare la capacità produttiva immediata a nuove valutazioni dell’Iss che escludano rischi per la salute di cittadini e lavoratori». Come ha tra l’altro sottolineato Legambiente Taranto, il piano del Governo «non guarda al futuro: nessun impegno su idrogeno verde e fonti rinnovabili».
Nei giorni scorsi c’è stata la Conferenza dei servizi per il riesame dell’Autorizzazione integrale ambientale (Aia) dell’ex Ilva di Taranto, che si è conclusa on esito positivo, grazie all’approvazione del parere istruttorio conclusivo da parte del ministero dell’Ambiente, ma con la contrarietà espressa dagli enti locali – Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto e Comune di Statte – anche a causa della mancata sottoscrizione dell’Accordo di programma sul piano di decarbonizzazione dell’impianto. Ora le dimissioni del sindaco di Taranto agitano ancora di più le acque e gli occhi sono tutti puntati sull’appuntamento al ministero delle Imprese.
