Firmata al Governo l’intesa per la «piena decarbonizzazione» dell’ex Ilva, senza sapere come
«Per la prima volta nella storia dell'ex Ilva, governo nazionale, Regione ed enti locali hanno trovato un’intesa per affrontare insieme una sfida decisiva per la siderurgia nazionale e, con essa, per l’intero sistema industriale del nostro Paese. È una svolta importante, che potrà finalmente incoraggiare gli investitori a presentare i propri piani industriali, puntando sulla riconversione green del settore: l’Italia diventerà il primo Paese in Europa a offrire siderurgia pienamente sostenibile».
È entusiasta il ministro delle Imprese Adolfo Urso, che evidentemente non sembra avere notizia dei progetti pilota già in corso in Svezia (Hybrit), Germania (Thyssenkrupp e Salzgitter) e Austria (Voestalpine) per acciaierie alimentate a idrogeno verde. Ieri – in attesa di un più vincolante accordo di programma proprio sulla decarbonizzazione, che ancora non si vede all’orizzonte – il ministro ha infatti presieduto alla firma di un’intesa tra quattro dicasteri (Imprese, Ambiente, Salute, Interno), Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto, Comune di Statte, Autorità di sistema portuale del Mar Ionio - Porto di Taranto, Ilva spa in amministrazione straordinaria, Acciaierie d’Italia spa in amministrazione straordinaria, Taranto energia srl in amministrazione straordinaria, Adi energia srl in Amministrazione straordinaria, Dri d’Italia spa.
L'intesa prevede che «il nuovo acquirente presenti, nel rispetto dei tempi che saranno indicati in fase di aggiudicazione», le istanze autorizzative sul versante ambientale e sanitario in linea con «la progressiva e completa decarbonizzazione dello stabilimento attraverso la realizzazione di forni elettrici in sostituzione degli altoforni che saranno gradualmente dismessi». Non c’è però ancora una data per la «completa decarbonizzazione» né indicazioni sulla tecnologia per raggiungerla: come riassunto dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, l’intesa prevede «lo spegnimento degli impianti a carbone e l’obbligo vincolante della loro sostituzione con forni elettrici a basse emissioni», il che sarebbe certamente un passo avanti ma non «piena decarbonizzazione». Il Governo ha infatti accolto l’odg presentato dalla vicepresidente della commissione Ambiente della Camera, Patty L’Abbate, per incoraggiare l’impiego dell’idrogeno verde nell’acciaieria, ma lo scenario che si apre nell’immediato è più incentrato sul gas fossile senza sondare neppure l’alternativa del biometano e con forniture peraltro da definire, in quanto «in nessun passaggio (dell’intesa, ndr) si fa cenno alla nave rigassificatrice», come assicura il sindaco di Taranto Pietro Bitetti, in un contesto di ridondanza delle infrastrutture gas già disponibili lungo lo Stivale (in Puglia, peraltro, come noto arriva il gasdotto Tap).
Il ministero specifica solo che «con la sottoscrizione dell'intesa, le parti firmatarie si impegnano altresì ad aggiornare i lavori dopo il 15 settembre – termine ultimo per la presentazione delle offerte vincolanti – per analizzare le prime evidenze della procedura di gara ed esaminare la possibile localizzazione di un polo nazionale del Dri (Direct reduced iron) utile all'approvvigionamento dei forni elettrici presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto, a partire dall’impianto già previsto con il Fsc (ex Pnrr), ove sia possibile assicurare il necessario approvvigionamento energetico». Ancora da individuarsi, dunque.
Le basi dell’intesa restano dunque quelle già note da luglio, con l’Autorizzazione integrale ambientale (Aia) approvata da parte del ministero dell’Ambiente (con 470 prescrizioni) prescrivendo 6 milioni di tonnellate annue di produzione all’ex Ilva per 12 anni, attraverso un procedimento ritenuto da Legambiente «opaco e incapace di offrire le risposte necessarie in termini di tutela della salute pubblica, protezione ambientale e riconversione industriale».
Non va molto meglio sul fronte del lavoro: se l’intesa firmata ieri mette nero su bianco la salvaguardia dell’occupazione come principio inderogabile, i sindacati non si sono espressi positivamente. «La sottoscrizione dell’intesa tra il Mimit e le Istituzioni locali non garantisce gli attuali livelli occupazionali, ma rimanda la discussione dopo l’apertura del bando e dopo il 15 settembre, data in cui dovrebbero essere presentate le offerte d’acquisto – dichiarano Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil e Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil – L’intesa tra Governo ed enti locali di fatto non tiene in considerazione la questione del lavoro. Abbiamo ribadito che la decarbonizzazione deve stare insieme alla garanzia occupazionale e ambientale. Per avviare davvero la decarbonizzazione c’è bisogno di un piano e di tutti i lavoratori per realizzarlo […] Nell’accordo manca pure la garanzia della presenza dello Stato. Chiediamo ancora una volta al Governo un’assunzione di responsabilità piena, che passa anche attraverso la partecipazione pubblica a garanzia per i cittadini di Taranto e per i lavoratori di tutti gli impianti dell'ex Ilva».