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Gli incendi peggiorano la qualità dell’aria anche a migliaia di kilometri di distanza

Il dato è evidenziato nell’ultimo bollettino dell’Organizzazione meteorologica mondiale: i boschi in fiamme del 2024 provocato un aumento dei livelli delle polveri sottili in Canada, Siberia, Africa centrale e soprattutto nella regione amazzonica
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Siccità e alte temperature hanno alimentato nel corso dello scorso anno una serie di incendi devastanti. E il prezzo pagato non è solo in termini di perdita di biodiversità e di danni alla salute umana. Un nuovo rapporto dell’Organizzazione metereologica mondiale (World meteorological organization, Wmo) ora fa luce su un fattore finora rimasto nell’ombra: boschi e foreste in fiamme peggiorano la qualità dell’aria anche a migliaia di kilometri di distanza, facendo aumentare soprattutto i livelli di polveri sottili. Il bollettino è ampio e tocca diverse tematiche, ma in particolare traccia la complessa interazione tra qualità dell’aria e clima, sottolineando il ruolo delle minuscole particelle chiamate aerosol negli incendi boschivi, nella nebbia invernale, nelle emissioni delle navi e nell’inquinamento urbano. In generale, il rapporto sottolinea la necessità di migliorare il monitoraggio atmosferico e di adottare politiche più integrate per salvaguardare la salute umana e ambientale e ridurre le perdite agricole ed economiche. Ma in particolare presenta un focus sugli incendi che merita un’attenzione a sé.

«Per la prima volta, l'edizione 2025 del Bollettino include stime provenienti da tre diversi modelli nella sua panoramica delle anomalie relative al particolato con diametro pari o inferiore a 2,5 micron (PM2,5) nel 2024 (rispetto al periodo di riferimento 2003-2024)», viene specificato. I livelli di queste polveri sottili, viene sottolineato, hanno continuato a diminuire nella Cina orientale grazie alle misure di mitigazione sostenute. Al contrario, nell'India settentrionale si sono verificati focolai di inquinamento. E poi (pagina 5 del bollettino): «Gli incendi boschivi hanno portato a livelli di PM2,5 superiori alla media in Canada, Siberia e Africa centrale. L'anomalia più elevata, tuttavia, si è registrata nel bacino amazzonico, a causa degli incendi boschivi record nella regione amazzonica occidentale e degli incendi alimentati dalla siccità nel nord del Sud America. Gli incendi boschivi contribuiscono in modo significativo all'inquinamento da particolato e si prevede che il problema aumenterà con il riscaldamento climatico, ponendo rischi crescenti per le infrastrutture, gli ecosistemi e la salute umana».

Nel documento, come del resto in altri studi recentemente diffusi, viene anche spiegato che ad alimentare gli incendi che più si sono dimostrati distruttivi nel 2024 è stato un mix climatico determinato da scarsità di piogge e alte temperature, che hanno determinato siccità, vegetazione arida, ondate di calore, spesso accompagnate da venti forti. E viene sottolineato che il problema non riguarda solo le aree boschive colpite dalle fiamme, ma anche i centri urbani molto lontani che potrebbero considerarsi al riparo da conseguenze problematiche per la salute umana.

Spiega il segretario generale della Wmo, Ko Barrett: «Le ripercussioni climatiche e l'inquinamento atmosferico non conoscono confini nazionali, come dimostrano il caldo intenso e la siccità che alimentano gli incendi boschivi e degradano la qualità dell'aria di milioni di persone. Dobbiamo migliorare la sorveglianza e la collaborazione internazionale per affrontare questa sfida globale».

Redazione Greenreport

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