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In Italia lo sviluppo delle rinnovabili è un percorso a ostacoli

Per arginare i ritardi e uniformare gli iter autorizzativi Legambiente chiede la revisione del decreto Aree idonee
 |  Nuove energie

Carte bollate, leggi impugnate, barricate nei terri­tori. È un percorso disseminato di ostacoli quello che attraversa lo sviluppo delle rinnovabili in Ita­lia. Un andamento a strappi. Come in Sardegna, dove l’11 marzo la Corte costituzionale ha dichia­rato illegittima la moratoria con cui la giunta regionale aveva bloccato per diciotto mesi la realizzazione di nuovi impianti. Palesemente in contrasto con il principio di massima diffusione delle rinnovabili sancito dalla normativa comunitaria, ancora prima di essere bocciata dalla Consulta, la moratoria era già sta­ta abrogata dalla legge regionale sulle aree idonee, che ha esclu­so la possibilità di costruire impianti su circa il 99% del territorio sardo. Legge che, a sua volta, è stata impugnata dal governo.

«È una legge che di fatto annulla le possibilità di realizzare impianti di scala industriale sull’isola – spiega Marta Battaglia, presidente di Legambiente Sardegna – La Regione sottolinea di aver lasciato quel 1%, che in termini assoluti sarebbe sufficiente per centrare gli obiettivi del burden sharing», funzionali al rag­giungimento dei target del Pniec e dei programmi Fit for 55 e Repower Eu. «Il punto è che questo 1% non tiene conto di dove sono localizzate le aree idonee rispetto alla rete, né di un possi­bile futuro ruolo della Sardegna in campo nazionale per la pro­duzione di energia in un nuovo modello di sviluppo sostenibile».

Territori sulla difensiva

Quello della Sardegna, regione priva di una rete del gas e dove più del 75% dell’energia elettrica viene ancora prodotta sfruttando combustibili fossili come carbone (33%) e gas na­turale importato (34%), è uno dei casi al centro del rapporto “Scacco matto alle rinnovabili 2025”, presentato da Legam­biente all’ultima edizione di “Key - The energy transition expo” tenutasi a Rimini dal 5 al 7 marzo scorsi. Il dossier ri­percorre la storia, tra le altre, del progetto “Mistral”, un parco eolico offshore galleggiante composto da 32 turbine della po­tenza di 480 MW, che verrebbe costruito tra le 19 e le 29 miglia nautiche dalla costa (tra 35 e 53 km) delle province di Sassari e Oristano, dunque a una distanza tale da rendere quasi in­visibili le pale eoliche. Nonostante la prospettiva di ottenere dall’impianto corrente elettrica pulita per oltre mezzo milione di famiglie e la garanzia di impatti ambientali minimi, il pro­getto ha provocato la forte opposizione delle comunità locali. Nell’oristanese il Comitato dei cittadini contro il progetto “Mi­stral”, in meno di un mese dalla sua nascita, nel luglio 2024, ha raccolto più di mille adesioni.

La rete Pratobello24, estesasi velocemente da una proposta di legge di iniziativa popolare, si è invece schierata contro il progetto “Tyrrhenian link”, un collegamento sottomarino tra Sardegna e Sicilia disegnato da Terna per stabilizzare la rete sarda e ottimizzare nelle due isole la distribuzione di energia ricavata da solare ed eolico. «Il collegamento consentirebbe la ripartenza del sistema elettrico sardo in caso di blackout e sarebbe fondamentale per supportare la decarbonizzazione dell’isola – sottolinea Marta Battaglia – Eppure il fronte del no lo racconta come un guinzaglio che costringe la Sardegna a pro­durre energia per tutti facendola passare dal proprio territorio e lasciando che venga devastato il suo paesaggio». Preconcetti che hanno generato polemiche per l’approdo a terra del cavo nel comune di Quartu Sant’Elena, nonostante si tratti di un tunnel il cui imbocco verrebbe posizionato a debita distanza dalla battigia, e per l’ampliamento di una stazione di Terna già esistente a Selargius. «Spesso le comunità vengono bypassate nei processi decisionali sulla transizione, e questo la Sardegna lo sente particolarmente – ammette Battaglia – Qui però c’è un atteggiamento di opposizione viscerale da parte dei territori, delle comunità e di molte amministrazioni perché c’è anzitutto il timore che possano danneggiare l’economia turistico-balne­are». Paure che affondano, d’altronde, in una convinzione più sedimentata, motivata da decenni di sfruttamento energetico e che porta molti a vedere anche negli investimenti nelle rinno­vabili l’ennesima corsa speculativa.

Autorizzazioni ingolfate

Gli ultimi dati registrati dall’Osservatorio Aree idonee e Re­gioni riportati nel rapporto di Legambiente confermano che lo stallo sardo non è un caso isolato in Italia. Tra il 2021 e il 2024 nel nostro Paese sono stati installati 17.717 MW di rinnovabili, con una media di 4.429 MW l’anno, quando invece ne servireb­bero 10.380 per raggiungere l’obiettivo di 80.001 MW di nuova potenza entro il 2030, come stabilito dal decreto Aree idonee. Oltre la Sardegna, le Regioni più ritardatarie sono Valle d’Aosta, Molise, Calabria e Umbria.

«I progetti per essere autorizzati devono essere fatti bene, ma è fuor di dubbio che ci sia una certa preclusione, soprattut­to verso gli impianti eolici su cui pesano valutazioni di natura paesaggistica e di impatto ambientale che ne impediscono il vaglio da parte della Soprintendenza – commenta Attilio Piattelli, presidente del coordinamento Free – L’allungamento dei tempi autorizzativi dipende invece spesso dall’efficienza delle amministrazioni locali e degli enti preposti all’analisi dei pro­getti. Ci sono Regioni che sono più efficienti rispetto ad altre, quindi vanno potenziate quelle strutture che risultano più lente».

Negli ultimi dieci anni i progetti avviati a valutazione sono stati 2.109: di questi, 115 attendono la determina da par­te della presidenza del Consiglio; 85 hanno ricevuto il parere della commissione tecnica per la Via dei progetti Pnrr-Pniec, ma sono ancorati al parere del ministero della Cultura; 1.367 (il 79% del totale) sono in fase di istruttoria tecnica da parte del comitato Pnrr-Pniec. Quello da più tempo bloccato è un piano di reblading in Campania per la sostituzione delle pale di 60 ae­rogeneratori in un parco eolico situato nei comuni di Lacedonia e Monteverde, in provincia di Avellino.

«Sul fronte del permitting, nonostante alcuni interventi di semplificazione normativa e il rafforzamento in termini di ri­sorse destinate alle commissioni Via, Vas, Pnrr e Pniec, regi­striamo dei rallentamenti rispetto al cronoprogramma al 2030 – conferma Fabrizio Penna, capo dipartimento dell’Unità di missione per il Pnrr – Sia l’agrivoltaico che le comunità energe­tiche rinnovabili stanno però avendo un grande successo in ter­mini di domanda. L’obiettivo è recuperare l’arretrato e allineare la grande quantità di progetti che vengono presentati al rilascio delle autorizzazioni. Le procedure autorizzative vanno gestite secondo una tempistica certa, è questo che richiede il mercato. L’approvazione del Testo Unico Rinnovabili va in questa dire­zione».

Per Massimiliano Atelli, presidente della commissione tecnica per la Via dei progetti Pnrr-Pniec, è necessario soppesa­re il rapporto tra domande ed esito delle valutazioni. «Dobbia­mo evitare la logica distorta dell’uno a uno, vale a dire dell’idea che gli impianti realizzati saranno tanti quante sono state le richieste di connessione avanzate a Terna – segnala – Perché è questa logica che poi finisce in quel brodo di coltura da cui prendono piede timori di invasione e desideri di alzare muri contro le rinnovabili. Da un censimento effettuato sulla Sardegna è emerso, ad esempio, che nel 2024 la metà dei progetti esami­nati ha avuto un parere sfavorevole».

Decreto confuso

Su questo scenario pesano gli effetti prevedibili del decreto Aree idonee, per la cui definizione a oggi si sono mosse solo nove Regioni. Sulla stessa strada della Sardegna sembrano avviarsi la Toscana, dove a fine gennaio è approdata in Con­siglio regionale una proposta di legge che impedisce l’instal­lazione di nuovi impianti rinnovabili sul 70% del territorio toscano, e l’Abruzzo, dove un progetto di legge regionale in di­scussione esclude i territori che ricadono nelle Aree protette. «Il decreto Aree idonee ha lasciato troppa libertà alle Regioni e questa libertà è diventata per loro un problema da gestire di carattere politico e di accettabilità nei territori», conclude Piattelli del coordinamento Free. Motivo per cui Legambien­te chiede la revisione di questo decreto ma anche della legge 199/2021 (che attua la direttiva 2018/2001 di Parlamento eu­ropeo e Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da rinnovabili) affinché vengano date indicazioni univoche alle Regioni, così come del decreto Agricoltura. La rivoluzione energetica del Paese passa da qui.

La Nuova Ecologia

L’Editoriale La Nuova Ecologia è una società cooperativa senza fini di lucro, costituita nel 1995 su impulso di Legambiente per la pubblicazione delle riviste di riferimento dell'associazione e l'ideazione di numerose altre iniziative ad esse collegate. E’ nata e opera nella convinzione che l’informazione, la formazione e la comunicazione ambientali siano strumenti fondamentali nella politica dello sviluppo sostenibile. Oltre alla prevalente attività editoriale, organizza convegni e seminari, corsi di giornalismo e di comunicazione. Alla base del lavoro svolto c’è un costante impegno alla tutela e valorizzazione di principi etici nei rapporti economici e sociali.