Sardegna rinnovabile: «La sentenza della Consulta è chiara, la Regione non può discriminare eolico e solare»
«La qualificazione di non idoneità di un’area non può tradursi in un aprioristico divieto di installazione e non può travolgere gli atti autorizzativi già rilasciati». Così spiegava due giorni fa la Corte costituzionale due giorni fa con la sentenza 184/2025 subito segnalata sul nostro giornale. E sulla vicenda intervengono con determinazione quei soggetti che in tutti questi mesi hanno duramente contestato le decisioni della giunta Todde e del Consiglio regionale riguardo le aree idonee per la realizzazione di nuovi impianti eolici e fotovoltaici: associazioni ambientaliste e impegnate nella transizione energetica che hanno dato vita anche a una nuova alleanza centrata sulla battaglia per le rinnovabili sull’Isola: Sardegna rinnovabile.
A lanciarlo sono state Greenpeace, Kyoto club, Legambiente e Wwf che ora, facendo seguito alla sentenza della Corte costituzionale, sottolineano che la Regione Sardegna è chiamata a considerare gli impianti per la transizione perlomeno alla stregua di tutte le altre infrastrutture che quotidianamente modificano i nostri territori, senza divieti aprioristici e nuove regole retroattive per iter autorizzativi già conclusi. È questo, per le quattro associazioni che hanno dato vita a Sardegna rinnovabile, il messaggio molto chiaro contenuto con il pronunciamento 184/2025 della Corte costituzionale manda. Un messaggio in linea con quanto affermato dalle quattro sigle ambientaliste sin dalla discussione della moratoria e della legge regionale dello scorso anno, quando la Regione diede vita a un’interpretazione estensiva del concetto di area non idonea, giungendo appunto a “vietare” il 99% del territorio sardo alle energie pulite.
Secondo l’alleanza Sardegna rinnovabile, la Regione deve assumersi la piena responsabilità delle scelte e non introdurre dispositivi che scaricano sui Comuni, prevalentemente quelli piccoli delle aree interne, la candidatura a ospitare impianti di aree che la Regione stessa definisce come non idonee. La Regione non può, infine, interpretare in maniera distorta i vincoli paesaggistici nel tentativo di impedire perfino la realizzazione di impianti eolici offshore al di fuori delle acque territoriali.
Sottolineano le quattro associazioni che «la trasformazione necessaria per affrontare la crisi climatica e quindi per abbattere nel più breve tempo possibile le emissioni di CO2 è un’opportunità da governare con coraggio e protagonismo», e la Sardegna ha bisogno di «una convinta politica di promozione della transizione energetica, fondata sulle rinnovabili, che possa contare su norme e strumenti di pianificazione efficaci: una posizione ribadita da Sardegna rinnovabile anche due giorni fa nel secondo Forum Energia di Legambiente Sardegna dal titolo “Qui e ora. Viaggio nella Sardegna che guarda al futuro”».
Il problema è che invece quasi esattamente un anno fa, con la legge regionale 20/2024 la Sardegna ha optato per un sostanziale rifiuto degli impianti di scala industriale a terra e a mare, non raccogliendo la sfida culturale dell’elaborazione condivisa di nuove regole di relazione tra impianti, paesaggi, comunità.
Ribadisce l’alleanza Sardegna rinnovabile in vista dei passaggi futuri: «La transizione energetica deve corrispondere ad una trasformazione positiva dei territori in una visione integrata che consideri, insieme all’energia, gli aspetti ambientali e quelli socioeconomici. A questo spirito si devono adeguare i processi normativi e di pianificazione energetica della Sardegna».