Benvenuto eolico sui crinali della Toscana: il progetto per Londa è utile sia al territorio sia al clima
Malgrado la crisi climatica abbia mostrato la sua faccia più dura, colpendo ripetutamente la Toscana con alluvioni, tempeste, dissesto idrogeologico, la Regione non ha sin qui dato segno di voler mettere in campo politiche adeguate per promuovere installazioni di impianti per la produzione di energia rinnovabile. Ultimamente, poi, l’eolico sembra esser divenuto un terribile nemico da contrastare, tant’è che quasi tutti i progetti presentati negli ultimi mesi sono stati bocciati.
Le aziende energetiche per fortuna continuano a proporre impianti eolici anche nella nostra Regione, a riprova del fatto che in Toscana il vento c’è, altrimenti difficilmente vorrebbero venire a produrre energia proprio qui. In effetti basta guardare l'atlante eolico[1] per rendersi conto che sui crinali di alcune aree il potenziale produttivo dell'eolico, soprattutto per impianti di grosse dimensioni, raggiunge valori elevati, comparabili con quello offshore, ma con costi decisamente più contenuti, come affermano molti esperti del settore, fra cui il prof. Piero Mazzinghi[2].
Recentemente anche Hergo Renewables, società al 65% di proprietà di Eni, ha presentato un progetto eolico da realizzare sui crinali del Comune di Londa, in località Croce a Mori, che prevede la realizzazione di 6 aerogeneratori da 5MW ciascuno per una potenza complessiva di 30 MW. Parliamo di aerogeneratori di altezza complessiva di 200 m e di una serie di opere accessorie anche nei Comuni di Dicomano, Rufina, Pratovecchio e Stia, in particolare l’adeguamento della viabilità esistente per raggiungere i siti in cui verranno collocati gli aerogeneratori, l’interramento degli elettrodotti e la realizzazione di una nuova cabina di trasformazione in zona Contea nel Comune di Rufina. Il progetto è attualmente in fase di Valutazione di impatto ambientale.[3]

Gli ecologisti quando viene fuori il nome Eni sentono subito puzza di bruciato, e non a torto, visto che parliamo di un'azienda che ha fatto della combustione dei fossili la propria fortuna. Sebbene lo storico Cane a sei zampe si sia negli ultimi anni tinto di verde, resta uno i più grandi emettitori italiani, contro il quale spesso gli attivisti si sono scontrati molto duramente per progetti che niente avevano di sostenibile. Anche nel caso del progetto per Londa c’è chi avanza dubbi che serva solo a ridurre l'impronta carbonica aziendale, come richiede la legge, dunque a fare greenwashing. Coltivare dubbi non fa male. D’altro canto però, pensiamo davvero di fare concretamente la transizione ecologica lasciando fuori Eni? Non sarebbe invece meglio spingere perché anche Eni si orienti verso progetti rinnovabili piuttosto che continuare ad estendere i propri programmi di trivellazione in giro per il mondo?
L’eolico è essenziale per la transizione perché complementare al solare fotovoltaico, l’altra rinnovabile intermittente: spesso l’eolico spinge quando il sole non c’è e le due fonti si compensano a vicenda, insieme a sistemi di accumulo a breve e lungo termine, riuscendo così a stabilizzare la produzione e la rete elettrica (aspetto molto importante, come ci ha insegnato il recente blackout spagnolo) e a rispondere alla domanda energetica[4].
L’eolico però è costoso, molto (parliamo di milioni di euro per un solo aerogeneratore), così come lo sono le opere accessorie, ed è quindi quasi impossibile realizzare impianti eolici “dal basso”: solo grandi aziende hanno le risorse economiche e le competenze professionali per progettare e costruire impianti eolici. Non a caso l'unico esempio in Italia di azienda energetica dal basso, la cooperativa energetica Ènostra, ha solo tre aerogeneratori nel proprio parco produzione, e per giunta piccoli.
Una cosa è certa: il progetto Londa, se realizzato, arriverà a produrre 80 GWh/anno, coprendo la domanda energetica di oltre 25000 famiglie e potrà ridurre le emissioni del mix energetico nazionale di 40000 ton/anno di CO2, vantaggi innegabili per la collettività.
Se davvero vogliamo agire per il bene comune, dobbiamo quindi valutare questo e ogni altro progetto nello specifico, evitando di scagliarsi contro l'eolico in generale, che invece è la fonte energetica che ha fra i più bassi impatti sul ciclo di vita (Lca), dall’estrazione dei materiali necessari allo smaltimento degli impianti a fine esercizio, e non parliamo solo di Lca delle emissioni climalteranti, ma anche di Lca dell’uso del suolo, del consumo idrico, degli impatti sugli ecosistemi, per cui anche l’Lca normalizzato risulta fra i più bassi esistenti[5]. Insomma, l'impatto ambientale dei progetti eolici è intrinsecamente basso e dovuto principalmente alla fase di produzione degli aerogeneratori e alle opere civili.
Secondo il progetto presentato, l’impianto di Londa impianto utilizzerà poi quasi solo “la viabilità esistente, limitando al minimo indispensabile la realizzazione di nuovi tratti viari, peraltro in gran parte temporanei e funzionali esclusivamente alla fase di cantiere”, quindi l’impatto sugli ecosistemi e sull’ambiente circostante determinato dalla realizzazione di nuova viabilità dovrebbe essere ridotto al minimo, anche se nei brevi tratti di strada da costruire ex novo o rettificare sono previsti comunque dei tagli di alberi. I tagli dovrebbero però essere compensati da ripiantumazioni, almeno a quanto afferma il progetto alla voce “Opere di mitigazione”.
Un altro aspetto che preoccupa molto l’opinione pubblica è quello dell’effetto negativo su avifauna e chirotteri: per ridurre i rischi di collisione con i rotori il progetto prevede l’installazione sugli aerogeneratori di sistemi anticollisione che, quando l’animale si dovesse avvicinare al rotore, blocchino il rotore ed emettano segnali sonori di dissuasione[6].
Le principali richieste di integrazione al progetto pervenute riguardano aspetti tecnico burocratici, impatti sulla viabilità e osservazioni in merito all’impatto ambientale, soprattutto paesaggistico.
Ad esempio il Comune di Premilcuore, che si trova a più di 15 km di distanza in linea d’aria dal sito del progetto, si preoccupa che l'installazione degli aerogeneratori possa alterare in modo irreversibile il paesaggio naturale e culturale della zona. Ma a tali distanze un aerogeneratore di queste dimensioni verrebbe percepito come un elemento sfocato della dimensione trascurabili. In pratica niente. Questo ci fa capire quanto in questo momento l'ostilità verso gli impianti eolici sia spesso dovuta a pregiudizi.
Molti si chiedono cosa ne sarà dell’impianto una volta giunto a “fine vita”, paventando di trovarsi sui propri crinali, fra 20 o 30 anni, torri in disuso senza che nessuno abbia le risorse per smaltirle correttamente. La legge su questo però è chiara: l’azienda proponente è tenuta a corrispondere, all’atto dell’avvio dei lavori, una fidejussione bancaria o assicurativa a cauzione dell’esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in ripristino. In caso di cessione dell’impianto ad altra società, tutte le autorizzazioni, i contratti e le relative condizioni in essere al momento della sottoscrizione, verranno trasferiti in capo all’acquirente.
Un altro punto affrontato nelle osservazioni è quello dei vincoli idrogeologici, sul quale il proponente ha presentato uno studio preliminare da integrare in fase di progettazione esecutiva se il progetto verrà approvato. Su questo aspetto gli enti preposti dovranno prestare particolare attenzione e vigilare sia in fase di progettazione esecutiva che in seguito.
In realtà è l'impatto paesaggistico il vero spauracchio di questo e di tutti i progetti eolici, e infatti l'azienda ha presentato una ricca documentazione su come si vedrebbe l'impianto da vari punti di vista, sia vicini che più lontani. Sull'impatto paesaggistico in quanto tale si può dire poco: c'è chi vede le famigerate pale eoliche come mostri intollerabili, chi le considera presenze accettabili nel panorama. Su questo molto può fare la progettazione: a tale proposito impianti come questo, con pochi elementi grandi, ben distanziati e ben inseriti, sono sicuramente da preferire a quelli con tante pale tutte vicine che monopolizzato la vista, che creano il cosiddetto effetto puntaspilli, effettivamente molto spiacevole.
Spesso infatti l'ostilità a questi progetti dovuta all'impatto paesaggistico va di pari passo col timore che la presenza degli aerogeneratori possa compromettere la vocazione turistica della zona, che vive tutte le difficoltà tipiche delle aree interne: poche realtà produttive (una delle più importanti fabbriche del territorio sta delocalizzando), spopolamento soprattutto delle frazioni più isolate, lontananza dai servizi essenziali, scarsità di risorse pubbliche. Il turismo slow è giustamente considerato dagli abitanti come una delle poche fonti di sostentamento e di opportunità lavorative. Se però l'impianto è ben progettato non è affatto detto che l'impatto sul turismo sia negativo. Anzi!
Le compensazioni economiche (che per legge non possono superare il 3% dei proventi derivanti dalla valorizzazione dell’energia elettrica prodotta annualmente dall’impianto) non sono grande cosa, ma come ha detto il sindaco di Londa Tommaso Cuoretti durante le assemblee di presentazione del progetto alla popolazione, permettono di dare respiro alle casse del Comune, che certo non sono use a ricevere grosse risorse dallo Stato, realizzando alcune opere che altrimenti sarebbe stato difficile finanziare.
Anche per i cittadini del Comune di Londa sono previste delle compensazioni, che permetterebbero, con la creazione di una Comunità energetica e la possibilità di acquistare l'energia al prezzo di costo zonale, di azzerare quasi totalmente la componente energia delle bollette. Non parliamo di grosse cifre, ma costituirebbe comunque un sostegno economico non trascurabile, soprattutto per alcune realtà produttive.
Una curiosità. Una delle osservazioni presentate dagli enti locali riguardava in realtà il progetto di Monte Giogo di Villore e non il progetto di Croce a Mori, a riprova che non sono solo le aziende a presentare progetti fotocopia, ma spesso anche gli oppositori, come sa bene chi legge davvero le osservazioni ai progetti, speso dei cahiers de doléances che inanellano sempre le stesse critiche, davvero poco site specific. Proprio il contrario di ciò di cui avremmo bisogno per fare la transizione energetica: buoni progetti resi ancora migliori da osservazioni specifiche, puntuali e competenti.
di Gaia Pedrolli (Ecolobby) e Grazia Galli (associazione Progetto Firenze)
[1] Aeolian https://share.google/ZpoEhBlxs7pEJnImp
[2] Piero Mazzinghi, “Eolico, se e dove: una riflessione al di là delle tifoserie”, Ecquologia² (2025) https://share.google/WPRhKXLZj4d7vAZ8Y
[3] Valutazione di impatto ambientale - Regione Toscana https://share.google/lipg4pqitMwJfJlPI
[4] S. Brown and D. Jones, “European Electricity Review 2024”, EMBER /2024) https://ember-energy.org/app/uploads/2024/10/European-Electricity-Review-2024.pdf
[5] V. Attanasio, “Life Cycle Assessment, nuove prospettive sulle fonti di energia”, Italian Climate Network, (2023) https://www.italiaclima.org/life-cycle-assessment-nuove-prospettive-sulle-fonti-di-energia/
T. Gibon A. H. Machado, M. Guiton, “Carbon Neutrality in the UNECE Region: Integrated Life-cycle Assessment of Electricity Sources”, UNECE (2022) https://unece.org/sites/default/files/2022-04/LCA_3_FINAL%20March%202022.pdf