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Continua la retorica a favore del nucleare

Il ministro Pichetto non crede in un’Italia alimentata al 100% da fonti rinnovabili

Eppure non è solo uno scenario possibile, ma anche quello più economico per il nostro Paese
 |  Nuove energie

A margine della II Giornata nazionale della prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, durante un servizio RaiNews24 a cura di Matteo Parlato, è tornato a sostenere il ritorno dell’energia nucleare in Italia, sconfessando le progettualità 100% rinnovabili.

Secondo il ministro «anche lastricando tutta l’Italia con fotovoltaico e pale eoliche, che peraltro trovano moltissima opposizione, non arriveremmo a soddisfare» il bisogno elettrico nazionale, senza «una produzione continuativa e pulita: potremmo arrivarci con carbone e petrolio, ma credo che non sia la scelta corretta».

È davvero così? Vale la pena ricordare – oltre alle analisi messe in campo dalla coalizione 100% Rinnovabili network, composta da ambientalisti e scienziati italiani di primo piano – un recentissimo studio pubblicato dai ricercatori de La Sapienza di Roma, dove si dimostra non solo la fattibilità, ma anche la convenienza di in un’Italia alimentata al 100% dalle rinnovabili: lo studio stima infatti in 52 €/MWh (comprensivo degli accumuli a batteria) il costo dell’elettricità in uno scenario 100% rinnovabili, molto più basso rispetto ai 108,52 €/MWh registrati in Italia come prezzo medio all’ingrosso dell’elettricità (Pun) nel corso del 2024, come anche rispetto ai costi del nuovo nucleare francese del programma Epr2 (che rientrano in una forbice tra 156 €/MWh e 186 €/MWh).

Già oggi è possibile notare i benefici delle energie rinnovabili sul costo dell’elettricità, che nell’ultimo anno è stato più basso del 18% rispetto al 2023 – in base ai dati messi in fila dall’associazione confindustriale Anie rinnovabili – ma è evidente la necessità di accelerare: in Germania, ad esempio, stanno installando impianti rinnovabili sette volte più velocemente che in Italia.

Guardando invece al fronte dell’accettabilità sociale, è vero che lungo lo Stivale sono purtroppo diffuse le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato elettorale) che frenano l’installazione delle fonti rinnovabili. Fonti che comunque crescono, dato che nell’ultimo anno sono stati installati +7,48 GW di impianti (a fronte dei circa 12 necessari).

Per il nucleare va decisamente peggio: in base a un sondaggio Ipsos condotto lo scorso autunno, l’81% degli italiani è contrario al ritorno dell’energia dall’atomo. E in fondo sembra esserlo anche il Governo. Proprio il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto ha candidamente affermato nei giorni scorsi di voler accantonare una progettualità che l’Italia sta portando avanti da tre lustri: quella del Deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi, l’unica infrastruttura davvero sensata sul fronte nucleare per il nostro Paese. L’ipotesi è quella adesso di continuare coi 22 depositi “temporanei” esistenti, dato che nessun territorio si è reso disponibile a ospitare il Deposito unico nazionale.

«Siamo all’antitesi di quanto si è sostenuto per lustri (anche a livello governativo) e di quanto chiederebbe anche la letteratura di settore – commenta nel merito il Wwf Italia – Peraltro, la moltiplicazione dei siti moltiplica anche i problemi di gestione della sicurezza da eventuali attacchi visto che andranno tutti presidiati militarmente. Viene da chiedersi come pensa il governo di realizzare il suo piano di ritorno al nucleare con la realizzazione di un non meglio precisato numero di Smr quando non riesce neppure a realizzare il lungamente atteso sito nazionale per la gestione delle scorie».

Chi ci guadagna? La risposta è facile, dato che solo nell’ultimo anno l’Italia ha speso 20,6 mld di euro dovuti all’import di gas, e altri 21,2 per quello di petrolio.

Redazione Greenreport

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