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Pubblicato il nuovo World energy investment report

Iea, il mondo sta investendo dieci volte più nelle rinnovabili che nel nucleare

La spesa per energie pulite, efficienza, reti e stoccaggi è quasi il doppio di quella sulle fonti fossili
 |  Nuove energie

A livello globale i flussi di capitale verso il nucleare sono aumentati del 50% negli ultimi cinque anni e sono destinati a sfiorare i 75 miliardi di dollari nel 2025, ma restano una frazione degli investimenti totali nel settore energetico, dominati dalle rinnovabili.

A metterlo in luce la decima edizione del World energy investment report, pubblicata ieri dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), dalla quale emerge che quest’anno gli investimenti globali in energia sono destinati a crescere fino a raggiungere il record di 3.300 miliardi di dollari: si tratta di 780 mld destinati alle rinnovabili, 773 all’efficienza energetica, 479 per reti e stoccaggi, per un totale di 2.032 miliardi di dollari; guardando alle fonti fossili (che cubano 1.148 mld di dollari) si parla di 535 per il petrolio, 365 per il metano fossile, 248 per il carbone. Chiudono il computo il nucleare (74 mld di dollari) e i combustibili a basse emissioni (40 mld).

Le tendenze attuali mostrano dunque chiaramente che una nuova era dell’elettricità si avvicina. Solo dieci anni fa, gli investimenti nei combustibili fossili erano superiori del 30% a quelli in generazione elettrica, reti e accumuli.

«In un contesto di incertezze geopolitiche ed economiche che oscurano le prospettive per il mondo dell’energia, vediamo emergere la sicurezza energetica come un motore chiave della crescita degli investimenti globali quest’anno fino al record di 3.300 miliardi di dollari, mentre paesi e aziende cercano di proteggersi da una vasta gamma di rischi – commenta il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol – Il quadro economico e commerciale in rapida evoluzione spinge alcuni investitori a un atteggiamento attendista riguardo all’approvazione di nuovi progetti energetici, ma nella maggior parte dei settori non abbiamo ancora visto implicazioni significative per i progetti esistenti».

A livello globale, la spesa per la generazione elettrica a basse emissioni è quasi raddoppiata negli ultimi cinque anni, guidata dal solare fotovoltaico. Gli investimenti nel solare, sia su scala industriale che domestica, dovrebbero raggiungere i 450 miliardi di dollari nel 2025, rendendolo la voce singola più grande dell’intero inventario di investimenti energetici globali. Anche gli investimenti nello stoccaggio a batterie stanno aumentando rapidamente, superando quest’anno i 65 miliardi di dollari.

Ma gli investimenti nelle reti – ora a circa 400 miliardi di dollari all’anno – non riescono a tenere il passo con la generazione e l’elettrificazione: mantenere la sicurezza elettrica richiederebbe che gli investimenti nelle reti raggiungano la parità con quelli nella generazione entro l’inizio degli anni 2030. Tuttavia, questo obiettivo è ostacolato da iter autorizzativi lunghi e da catene di approvvigionamento limitate per trasformatori e cavi.

Al contempo, prezzi del petrolio più bassi e aspettative di domanda inferiori porteranno, secondo il rapporto, al primo calo anno su anno degli investimenti nel petrolio upstream dal crollo legato al Covid nel 2020: il calo previsto del 6% è dovuto principalmente al brusco calo della spesa nel petrolio di scisto statunitense. Al contrario, gli investimenti in nuovi impianti di Gnl sono in forte crescita, con nuovi progetti in fase di avvio in Stati Uniti, Qatar, Canada e altri paesi: «Tra il 2026 e il 2028, il mercato globale del Gnl dovrebbe registrare la maggiore crescita di capacità mai vista», dichiara la Iea.

La crescita rapida della domanda elettrica sostiene anche gli investimenti nel carbone, principalmente in Cina e India, tant’è che nel 2024 la Cina ha avviato la costruzione di quasi 100 GW di nuove centrali a carbone, spingendo le approvazioni globali ai massimi dal 2015. Un dato in chiaroscuro, perché contemporaneamente la quota della Cina nella spesa globale per l’energia pulita è passata da un quarto a quasi un terzo, sostenuta da investimenti strategici in una vasta gamma di tecnologie, tra cui solare, eolico, idroelettrico, nucleare, batterie e veicoli elettrici.

«Quando la Iea pubblicò la prima edizione del World energy investment report quasi dieci anni fa, mostrava che nel 2015 gli investimenti energetici della Cina superavano di poco quelli degli Stati Uniti – argomenta Birol – Oggi, la Cina è di gran lunga il maggior investitore energetico al mondo, spendendo il doppio dell’Unione Europea – e quasi quanto Ue e Stati Uniti messi insieme».

Nell’ultimo decennio, l’Unione europea ha comunque rafforzato il suo impegno per l’energia pulita, con investimenti che nel 2025 raggiungono quasi 390 miliardi di dollari. Nel 2024 le rinnovabili hanno generato il 50% dell’elettricità consumata nell’Ue, mentre i combustibili fossili rappresentavano poco più del 25% (quasi la metà rispetto a dieci anni prima): inoltre, gli investimenti nell’efficienza energetica degli edifici sono quasi raddoppiati in dieci anni fino a 100 miliardi di dollari.

Ma l’Ue paga ancora carissimo la crisi energetica in corso. L’invasione russa dell’Ucraina del 2022 ha ridotto drasticamente le esportazioni di gas russo verso l’Ue, portando a una crisi di approvvigionamento e a prezzi record. Oltre ad aumentare il supporto a rinnovabili ed efficienza, i paesi dell’Ue hanno anche diversificato le forniture di gas, aumentando in particolare le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti. Questo ha contribuito a una stabilizzazione dei prezzi, che tuttavia restano elevati rispetto ai livelli pre-crisi.

«L’investimento nelle reti sta diventando sempre più importante poiché – argomenta la Iea – devono tenere il passo con l’espansione della generazione elettrica a basse emissioni. La spesa annua dovrebbe superare i 70 miliardi di dollari nel 2025, raddoppiando il livello di dieci anni fa. Tuttavia, gli investimenti non sono ancora allineati con il ritmo di crescita dell’energia pulita, generando inefficienze».

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.