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Se applicata su vasta scala, questa fonte rinnovabile potrebbe generare risparmi per circa 2,9 miliardi di euro sui costi energetici

La geotermia come risorsa di prossimità: a Roma il convegno sui risultati del progetto europeo SAPHEA

Il cuore dell’iniziativa è la creazione di una piattaforma digitale che renda accessibili strumenti tecnici, scenari GIS, modelli economici e formativi, buone pratiche e indicazioni strategiche
 |  Nuove energie

Si è svolto oggi a Roma, nella sede del GSE, il convegno “Geotermia per il teleriscaldamento/raffrescamento. I risultati del progetto europeo SAPHEA”, un’occasione per fare il punto su una tecnologia spesso poco valorizzata ma con enormi potenzialità per la transizione energetica: la geotermia.

Il progetto SAPHEA – acronimo di Single Access Point for the market uptake of geothermal energy use in multivalent heating and cooling networks – si muove esattamente in questa direzione. Finanziato da Horizon Europe, SAPHEA ha l’obiettivo di offrire agli enti pubblici, ai pianificatori e agli operatori locali uno strumento concreto per integrare la geotermia – soprattutto quella a bassa e media entalpia – all’interno delle reti urbane di riscaldamento e raffrescamento. In altre parole: portare il calore della terra dentro le città, in modo intelligente e sostenibile.

Il cuore del progetto è la creazione di una piattaforma digitale – un vero e proprio “hub” – che renda accessibili strumenti tecnici, scenari GIS, modelli economici e formativi, buone pratiche e indicazioni strategiche. L’idea è semplice ma ambiziosa: offrire un punto di accesso unico per chi vuole pianificare e sviluppare reti geotermiche locali, senza dover reinventare la ruota ogni volta.

Durante il convegno, i partner del progetto hanno illustrato i principali risultati raggiunti finora, sottolineando come SAPHEA stia già contribuendo a colmare il divario tra ricerca e applicazione, mettendo in condizione anche i piccoli e medi Comuni di affrontare scelte energetiche consapevoli, sostenibili e tecnicamente fondate. L’approccio è quello della multivalenza, ovvero l’integrazione della geotermia con altre fonti rinnovabili, per costruire sistemi resilienti e flessibili, in grado di adattarsi alle caratteristiche specifiche del territorio.

Il ruolo degli enti locali, infatti, è centrale in questo processo. Non si tratta solo di ricevere strumenti, ma di partecipare attivamente allo sviluppo di soluzioni energetiche su misura. SAPHEA prevede percorsi formativi, supporto tecnico e l’affiancamento diretto di alcune regioni e città pilota. L’Università di Torino, partner italiano del progetto, ha sottolineato l’importanza di mettere i territori al centro, non come beneficiari passivi ma come protagonisti del cambiamento.

I numeri parlano chiaro: se applicata su vasta scala, la geotermia potrebbe evitare fino a 24 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno entro il 2050, e generare risparmi per circa 2,9 miliardi di euro sui costi energetici legati ai combustibili fossili. Ma oltre ai dati, è emerso anche un messaggio culturale e politico forte: la transizione energetica può (e deve) partire dal basso, a partire dalle comunità, dai quartieri, dai municipi.

SAPHEA si propone non solo come progetto tecnico, ma come strumento di governance moderna, che mette insieme scienza, pianificazione, innovazione e coinvolgimento locale. E la geotermia – una risorsa silenziosa, discreta, ma estremamente affidabile – può diventare una delle leve più efficaci per costruire città più sostenibili, sicure e autonome.

Nel corso del Convegno sono state presentate diverse esperienze in atto in Europa. Un esempio emblematico di come la geotermia possa diventare una colonna portante del sistema energetico urbano arriva da Vienna, città che negli ultimi anni ha avviato uno dei più ambiziosi progetti geotermici d’Europa. Grazie a una strategia lungimirante e a importanti investimenti pubblici, la capitale austriaca ha deciso di puntare in modo deciso sulla geotermia profonda, con l’obiettivo di coprire fino al 25% del fabbisogno di riscaldamento cittadino entro il 2030. Il progetto prevede la realizzazione di più centrali geotermiche, con perforazioni fino a 3.000 metri di profondità, e la loro integrazione nelle reti di teleriscaldamento esistenti, già oggi tra le più estese e moderne d’Europa.

Ciò che rende l’esperienza viennese particolarmente interessante è l’approccio integrato: la geotermia viene considerata non come una fonte marginale, ma come uno dei pilastri principali della decarbonizzazione urbana, accanto al solare termico, al recupero di calore da impianti industriali e alla biomassa sostenibile. Il piano, guidato dalla municipalizzata Wien Energie, si fonda su un forte sostegno politico, una pianificazione territoriale coordinata e un’intensa attività di comunicazione pubblica per coinvolgere i cittadini nel percorso verso una città a emissioni zero.

Ma la geotermia non è solo quella profonda, con perforazioni da centinaia o migliaia di metri: in molte parti d’Europa sta crescendo l’interesse per la geotermia a bassa entalpia, una forma di energia rinnovabile che sfrutta il calore presente nei primi strati del sottosuolo — talvolta anche a soli 10 o 15 metri di profondità — o in acque sotterranee e superficiali. Si tratta di una risorsa capillare, disponibile quasi ovunque, che può essere utilizzata attraverso pompe di calore geotermiche per alimentare edifici singoli, quartieri o intere reti di riscaldamento e raffrescamento. È una tecnologia silenziosa, invisibile e poco invasiva, perfetta per i contesti urbani o periurbani, dove lo spazio è limitato ma la domanda termica è costante.

In paesi come Germania, Paesi Bassi, Francia e Danimarca, si stanno moltiplicando gli esempi di utilizzo diffuso della bassa entalpia anche in contesti residenziali, scolastici o industriali, grazie a politiche di incentivazione, regole semplificate e una crescente consapevolezza delle sue potenzialità. La geotermia “di prossimità” sta diventando un ingrediente fondamentale dei nuovi modelli energetici locali, capace di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e garantire comfort termico tutto l’anno, con un impatto ambientale minimo.

In questo contesto europeo così dinamico, l’Italia si trova in una posizione paradossale. Paese storicamente all’avanguardia nello sviluppo della geotermia ad alta entalpia – basti pensare a Larderello, dove già a inizio '900 si produceva energia elettrica dal calore terrestre – oggi si mostra invece in netto ritardo nello sfruttamento della geotermia a bassa entalpia, quella più adatta agli usi diffusi, urbani, quotidiani. Mentre in altri paesi europei questa forma di energia viene sempre più integrata nelle reti di teleriscaldamento e nelle strategie di efficienza energetica degli edifici, in Italia manca ancora un quadro normativo e pianificatorio chiaro, le competenze sono frammentate e le opportunità vengono spesso trascurate per scarsa conoscenza o per mancanza di strumenti.

Eppure, il potenziale è enorme. La bassa entalpia potrebbe coprire in modo sostenibile e silenzioso una quota significativa del fabbisogno termico di edifici pubblici, scuole, ospedali, quartieri residenziali, soprattutto nelle aree urbane dove altre rinnovabili faticano a trovare spazio.

Sarebbe il momento, anche in Italia e in Toscana, cercare di recuperare questo ritardo mettendo in campo le conoscenze tecnologiche, organizzative e finanziarie delle società energetiche e delle società di gestione dei servizi pubblici locali a sostegno di progetti integrati a scala locale.

Mauro Grassi

Mauro Grassi, economista, ha lavorato come ricercatore capo nell’Istituto di ricerca per la programmazione economica della Toscana (Irpet), ha lavorato a Roma come dirigente caposegreteria del Sottosegretario ai Trasporti Erasmo D’Angelis (Ministero delle Infrastrutture) e quindi come direttore di Italiasicura (Presidenza del Consiglio) con i Governi Renzi e Gentiloni. Attualmente è consulente e direttore della Fondazione earth and water agenda.