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Oggi a Milano il convegno di Anie Rinnovabili e Federazione Anie

Come abbassare le bollette? Da Confindustria chiedono di sbloccare 150 GW di impianti rinnovabili

Cristini: «Riteniamo che il nostro Paese abbia oggi tutti i requisiti per esercitare una leadership autorevole nel processo di riforma del mercato elettrico»
 |  Nuove energie

Nell’ultimo anno i prezzi all’ingrosso dell’elettricità in Italia hanno superato quelli della Germania del 60%, della Spagna del 99% e della Francia del 116%. A metterlo nero su bianco, da ultimo, è stata la Commissione europea: un problema ormai noto, legato alla dipendenza del nostro Paese dal metano fossile, per il quale la diffusione delle fonti rinnovabili rappresenta la principale soluzione da mettere in campo. Gli impianti avanzano però al rallentatore, come evidenziano oggi a Milano le associazioni confindustriali Anie Rinnovabili e Federazione Anie, che sul tema hanno organizzato il convegno Le fonti rinnovabili ed i prezzi dell’energia elettrica: analisi, dinamiche, scenari prospettici.

«In Italia il tema della sicurezza energetica è strettamente legato alla questione dell’approvvigionamento della materia prima e del suo prezzo – spiega Andrea Cristini, Presidente di Anie Rinnovabili – Come associazione abbiamo ritenuto importante realizzare un’analisi per mettere in luce i meccanismi del mercato elettrico e le modalità con le quali attualmente le varie fonti energetiche contribuiscono nel determinare il prezzo di mercato».

Vale la pena ricordarle, queste modalità. In Italia la maggior parte dell’elettricità (75% circa) è scambiata per le varie fasce orarie della giornata in un mercato giornaliero (Mercato del giorno prima) in cui si forma il prezzo finale (dove il Pun è il medio nazionale): il prezzo è dato dall’impianto più costoso che viene utilizzato in una determinata fascia oraria per soddisfare la domanda ed è uguale per tutti i produttori. Ciò significa che, fatta 100 la domanda di energia, se anche 99 fossero coperti da impianti rinnovabili a basso costo, basterebbe che l’ultima unità fosse prodotta da un impianto a gas perché il prezzo dell’energia dipenda da quello del gas (il cosiddetto prezzo marginale).

Questo significa che già oggi, quando la produzione da fonti rinnovabili è più abbondante – o addirittura sufficiente a coprire la domanda marginale –, si osserva un abbassamento del Pun, a dimostrazione del potenziale delle rinnovabili nel contenere i costi all’ingrosso dell’elettricità: è anche grazie a questa dinamica se, nel 2024, il Pun è calato del 18% a 108,5 €/MWh, dai 127,4 €/MWh del 2023. Senza rinnovabili, dunque, la bolletta italiana sarebbe stata ancora più alta.

Ma nei Paesi dove le rinnovabili crescono più velocemente, i risultati sono decisamente più concreti. Ad esempio, ricorda Anie, in Italia nel 2024 le energie rinnovabili hanno coperto il 42% del fabbisogno elettrico nazionale, mentre in Germania «la penetrazione delle Fer soddisfa il 60% del fabbisogno elettrico tedesco: la maggiore produzione da fonti rinnovabili ha generato un effetto di decoupling su base giornaliera».

Del resto in un solo anno, il 2024 appunto, la Germania ha installato 20 GW di energia rinnovabile, mentre l’Italia per installare 20 GW ci ha messo 7 anni; si stima che se l’Italia avesse investito sulle rinnovabili quanto la Germania avrebbe risparmiato 49,4 miliardi di euro sui prezzi elettrici. Invece l’Italia va in retromarcia: nel primo quadrimestre del 2025 le installazioni sono in calo del 12%, e ad aprile la produzione è in discesa del 6,7% rispetto all’anno precedente. Un trend che pesa (anche) sul portafogli.

«Nei primi mesi del 2025 il prezzo Pun ha raggiunto i 121 €/MWh, mentre il fotovoltaico e l’eolico sono in grado di produrre energia a costi ben più bassi (tra 55 e 80 €/MWh), con un evidente effetto distorsivo sulle opportunità offerte dalle rinnovabili», argomentano da Anie. Che fare?

La filiera industriale rappresentata da Anie guarda con favore a «meccanismi di sostegno come il Contratto per differenza a due vie (il Cfd previsto dal Dm Fer 1, dai nuovi Dm Fer X, dall’Energy release) che, oltre a garantire la bancabilità degli impianti, restituiscono valore alla collettività in caso di alti prezzi sul mercato elettrico». Le imprese guardano anche a «possibili riforme del sistema di formazione del prezzo dell’energia, tra cui il superamento dell’attuale indicizzazione al Pun», sulle quali però non c’è ancora una rotta chiara da seguire: «Riteniamo che il nostro Paese abbia oggi tutti i requisiti per esercitare una leadership autorevole nel processo di riforma del mercato elettrico – afferma Cristini – al fine di garantire una maggiore sicurezza negli approvvigionamenti e una riduzione strutturale del costo dell’energia per cittadini e imprese».

Di certo nessuna riforma sarà efficace senza impianti pronti a produrre. Per questo da Anie evidenziano la «necessità di sbloccare i 150 GW di impianti rinnovabili fermi per ragioni burocratiche, e avviare una riforma del mercato all’ingrosso che rifletta realmente i vantaggi delle Fer per l’economia e i cittadini».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.