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Trump, «mulini a vento» e non solo: così le politiche anti-rinnovabili peseranno sulle tasche dei consumatori

Un’analisi della Ieefa mostra la gravità di quel che sta avvenendo negli Stati Uniti per il settore energetico nel suo complesso: se crolla la fiducia degli investitori privati negli impegni federali, aumentano i costi di sviluppo dei nuovi progetti, con conseguente aumento delle bollette
 |  Nuove energie

«Il programma di dominio energetico dell’amministrazione fallirà». A emettere questa lapidaria sentenza è l’Ieefa, ovvero l’Institute for energy economics and financial analysis. E l’amministrazione a cui si riferisce è quella guidata da Donald Trump. Ma tutta l’approfondita analisi che segue a quella frase non è limitata ai soli confini degli Stati Uniti. Perché colpisce anche aziende europee. E perché rispecchia anche i rischi che corriamo in Italia se il governo continua con i traccheggiamenti sulle rinnovabili e se non si decide a garantire finalmente una transizione giusta e trasparente.

Alla base del previsto fallimento della strategia trumpiana centrata sul «drill, baby, drill» e su politiche che contrastano lo sviluppo delle rinnovabili, spiega l’Ieefa, c’è un mix di fattori concatenati come il crollo della fiducia degli investitori, a cui segue un aumento dei costi di sviluppo di tutte le risorse energetiche, la limitazione della produzione di turbine a gas, i tempi lunghi dei progetti legati al nucleare. E, alla fine dell’analisi, c’è una conclusione che non termina solo con il fallimento del programma adottato dal tycoon: alla fine della fiera, la conclusione è che a fare le spese di tutto ciò saranno i consumatori, costretti a pagare di più le forniture energetiche.

Scrive l’Ieefa guardando a cosa sta avvenendo in America, e in particolare al fatto che la Casa Bianca sta emettendo ordini di sospensione dei lavori per l’eolico offshore: «Il taglio di questi progetti, ciascuno dei quali ha ricevuto miliardi di dollari di investimenti privati, sta provocando onde d’urto in tutto il settore del finanziamento dei progetti energetici, non solo nell'industria eolica. Il costo di questa incertezza politica aumenterà i rischi - e quindi i costi - dello sviluppo di altre nuove risorse di produzione di energia, tra cui nuovi impianti nucleari (sia piccoli reattori modulari che grandi reattori convenzionali), sistemi di accumulo con batterie dispacciabili, impianti solari e a gas». Non solo. Proprio mettendo sul piatto della bilancia eolico e solare, nucleare, combustibili fossili, l’Ieffa scrive: «L’energia rinnovabile e lo stoccaggio distribuibile sono l’unica opzione per aggiungere quantità significative di nuova capacità di generazione alla rete elettrica statunitense almeno per i prossimi cinque anni. L’aggiunta di energia proveniente da impianti a gas fino al 2030 è fortemente limitata dai vincoli di produzione delle turbine, e gli sforzi dell’amministrazione per mantenere in funzione impianti a carbone obsoleti e inaffidabili costeranno caro ai consumatori. Nel frattempo, qualsiasi nuovo impianto nucleare convenzionale potrebbe richiedere fino a due decenni per essere completato, e anche i piccoli reattori modulari sono ancora lontani dall’entrare in funzione; la loro tecnologia e la loro redditività rimangono ancora da dimostrare».

Nonostante tutto ciò sia difficilmente smentibile, Trump continua nella sua crociata anti-rinnovabili, in tal modo «introducendo incertezza politica e finanziaria nei progetti di sviluppo dell’energia eolica e solare». L’ultima e molto probabilmente più eclatante sospensione dei lavori è avvenuta pochi giorni fa, quando l’Ufficio per la gestione dell’energia oceanica del dipartimento degli Interni statunitense ha ordinato l’interruzione dei lavori di un progetto eolico offshore al largo della costa del Rhode Island, progetto da 4 miliardi di dollari già completato all’80% denominato Revolution Wind. La decisione della Casa Bianca ha portato al crollo in Borsa del soggetto impegnato nell’operazione, la multinazionale danese Ørsted. Ma il problema non riguarda solo quest’azienda o i suoi investitori. Il progetto per cui di punto in bianco Trump ha dato lo stop, nonostante tra l’altro 45 delle 65 turbine previste fossero state installate e pronte per partire nel 2026, è che il progetto nasceva da una joint venture al 50% tra Ørsted e la società di private equity Global Infrastructure Partners, il problema è che tra gli appaltatori ci sono aziende statunitensi ma anche europee come Siemens, che gli sviluppatori hanno firmato accordi di acquisto con tre utility del New England per la fornitura di energia fino al 2046. Poi, a metà agosto, puf, tutto svanito, come se nulla fosse. Il motivo? Non meglio specificate «preoccupazioni relative alla protezione degli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti». Ma questo, come si diceva, è solo il più recente ed eclatante caso, che fa seguito ai nomi del progetto Empire Wind da 816 MW destinata al mercato di New York (l’ordine di fine dei lavori è stato poi revocato grazie a un accordo tra il governatore e la Casa bianca, ma lo stop temporaneo è costato comunque a Equinor circa 200 milioni di dollari) e di altri ancora.

Un’analisi dell’Ieefa realizzata nel 2024 ha mostrato che quattro progetti allora in fase di costruzione o di sviluppo avanzato – Revolution Wind, Vineyard Wind (806 MW) e New England Wind 1 e 2 (1.871 MW) – e la cui entrata in esercizio commerciale era prevista entro il 2029, avrebbero potuto generare oltre il 15% del fabbisogno energetico medio giornaliero del New England durante i mesi invernali, quando l’approvvigionamento di gas è limitato e i prezzi elevati. «Il futuro di questi progetti è ora in dubbio a causa dell’opposizione dell’amministrazione – scrive l’Ieefa – ma non ci sono altre alternative a breve termine. La fornitura di turbine a gas è effettivamente esaurita fino al 2030, il nuovo nucleare è lontano 10 anni e l’unica centrale a carbone rimasta nella regione ha già 65 anni (antica per gli standard del carbone) ed è estremamente costosa». Ed ecco la conclusione dell’Istituto: «In altre parole, gli ordini di sospensione dei lavori aumenteranno i prezzi per i consumatori in tutta la regione di New York-New England e potrebbero causare carenze di approvvigionamento, soprattutto durante l’inverno». Questo punto è stato chiarito dall'ISO-New England, l’operatore di rete di quest’area statunitense: «I rischi e le minacce imprevedibili alle risorse - indipendentemente dalla tecnologia - che hanno richiesto ingenti investimenti di capitale, ottenuto i permessi necessari e sono vicine al completamento, soffocheranno gli investimenti futuri, aumenteranno i costi per i consumatori e mineranno l’affidabilità della rete elettrica e l’economia della regione ora e in futuro».

Come sottolinea l’Ieefa, i politici di ogni schieramento hanno diritto alle loro opinioni e a muoversi di conseguenza, ma benché Trump sia dichiaratamente contro quelli che lui ama chiamare in modo derisorio «mulini a vento», imporre la sospensione dei lavori in un impianto in cui circa l’80% dei lavori è già stato completato «mette in discussione l’affidabilità delle promesse fatte dal governo degli Stati Uniti»: «L’attuale amministrazione sta chiaramente promuovendo un programma che favorisce i combustibili fossili e l'energia nucleare. Ma un banchiere a cui viene chiesto di concedere un prestito per un progetto di questo tipo, che si tratti di un gasdotto interstatale da miliardi di dollari o di un nuovo impianto nucleare, probabilmente ci penserà bene prima di finanziare un progetto che potrebbe essere bloccato all’ultimo momento da una futura amministrazione. E le aziende che intendono costruire nuove risorse di generazione probabilmente cercheranno ambienti di investimento più stabili. Come minimo, le azioni dell’attuale amministrazione rischiano di aumentare i costi di finanziamento di alcuni progetti».

Che la Casa Bianca stia minando la fiducia del settore privato negli impegni federali viene sottolineato non solo da esperti del settore energetico. Commentando la decisione del Dipartimento dell’Energia di revocare un prestito condizionato di 4,9 miliardi di dollari per aiutare a costruire una linea di trasmissione lunga 800 miglia dal Kansas all’Illinois, il senatore Martin Heinrich ha confessato: «Sono preoccupato che il governo federale stia minando la poca fiducia che il settore privato ha nella nostra capacità di essere partner affidabili». Analoga osservazione è stata fatta da Neil Chatterjee, ex presidente della Federal Energy Regulatory Commission. Parlando della decisione dell'amministrazione di interrompere i lavori al progetto Empire Wind, Chatterjee ha affermato: «Se sei nel settore del petrolio e del gas, non vuoi creare un precedente in cui un permesso approvato potrebbe essere potenzialmente revocato da un'amministrazione futura. Come si possono fare investimenti di questo tipo?»

Nel mirino di Trump non c’è solo l’eolico. Evidenzia l’Ieefa che secondo una stima attendibile, l’inasprimento delle norme da parte dell’amministrazione statunitense in materia di crediti d’imposta per gli investimenti e la produzione, che stanno per scadere, comporterà la cancellazione di 60.000 MW di nuova produzione solare nei prossimi cinque anni. «Ipotizzando un fattore di capacità del 25%, i 60.000 MW di energia solare persi avrebbero generato 131 milioni di megawattora (MWh) all’anno. Per compensare tale capacità sarebbe necessaria la costruzione di 25.000 MW di nuova capacità a ciclo combinato alimentata a gas, operante con un fattore di capacità del 60%. Ma la costruzione di ulteriori capacità a gas semplicemente non è possibile nei prossimi cinque anni, quindi i margini di riserva di energia elettrica si ridurranno e i prezzi aumenteranno, tutto a causa della campagna anti-rinnovabili dell’amministrazione».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.