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Finora abbiamo visto solo lo 0,001% dell’oceano profondo

Nei fondali marini oltre 200 metri conosciamo direttamente solo un'area pari a poco più dell’1% della superficie dell’Italia
 |  Scienza e tecnologie

Uno studio recente pubblicato su Science Advances rivela che meno dello 0,001% del fondale marino profondo (oltre i 200 metri) è stato osservato direttamente. Eppure, l’oceano profondo copre il 66% della superficie terrestre e svolge un ruolo cruciale per il clima, la biodiversità e le risorse del pianeta.

L'oceano profondo comprende il più grande ecosistema del nostro pianeta, fornisce servizi e risorse essenziali all'umanità che vanno dalla produzione di ossigeno e dalla regolazione climatica alla produzione di cibo e ai componenti per i prodotti farmaceutici.

I dati raccolti da circa 44.000 immersioni mostrano che le osservazioni visive del mare profondo sono meno dello 0,001%, un'area pari a poco più dell’1% della superficie dell’Italia. Eppure il metodo visivo per studiare i fondali profondi contribuisce al progresso di tutti i settori della scienza oceanografica. Tra le scoperte più notevoli rientrano ad esempio le prime sorgenti idrotermali trovate sulla Rift Valley delle Galápagos nel 1977 e il campo idrotermale alcalino di Lost City sulla dorsale medio-atlantica.

Oggigiorno, esistono anche numerosi tipi di veicoli per immersioni profonde. Con l'aumento delle esplorazioni nelle profondità oceaniche, aumentano anche potenziali scoperte che continueranno a portare benefici all'umanità.

a cura di Ingv Ambiente

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L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) è stato costituito con Decreto legislativo 29 settembre 1999, n. 381, dalla fusione di cinque istituti già operanti nell'ambito delle discipline geofisiche e vulcanologiche: l’Istituto Nazionale di Geofisica (ING), l’Osservatorio Vesuviano (OV), l’Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania (IIV), l’Istituto di Geochimica dei Fluidi di Palermo (IGF) e l’Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico di Milano (IRRS).