Crescono i morti sulle strade italiane, ma dal Governo non c’è traccia di risorse per la mobilità sostenibile
Negli ultimi dieci giorni si sono moltiplicati gli incidenti mortali su strade e autostrade che attraversano lo Stivale: solo ieri sull’autostrada A1 si contavano tre decessi nel tratto tra Arezzo e Valdarno a causa di un camion che ha travolto un’ambulanza, domenica tre ciclisti sono stati travolti e uccisi a Terlizzi (Bari), a fine luglio un anziano contromano in autostrada ha provocato quattro morti aull’A4. La Spoon River dei morti in strada è un appello disperato a una mobilità più sostenibile, che però non viene colta dal Governo.
Neanche azioni che un tempo avremmo definito banali, come una campagna di comunicazione sulle principali norme di sicurezza da rispettare, è stata messa in campo. Il ministro Salvini si è anzi speso per un aggiornamento del Codice della Strada che le stesse associazioni dei familiari delle vittime hanno ribattezzato Codice della Strage per l’inefficacia con cui (non) affronta il problema. La cui portata, alzando gli occhi dalla cronaca, è enorme.
In base alle stime Asaps sono 130 i ciclisti deceduti da inizio anno sulle strade italiane, cui si aggiungono oltre 200 pedoni. Nell’ultimo rapporto nazionale dedicato agli incidenti stradali, realizzato da Istat in collaborazione con Aci su dati 2024, il numero di morti in incidenti stradali ammonta a 3.030 (-0,3% rispetto al 2023, quando erano stati 3.039), quello dei feriti a 233.853 (+4,1%), per un totale di 173.364 incidenti stradali (+4,1%); il maggior incremento di incidenti e feriti nel 2024 si registra sulle autostrade (+7,1%), a fronte della diminuzione sulle strade urbane (-2,1%) e del leggero aumento su quelle extraurbane (+0,1%).
I comportamenti errati alla guida più frequenti si confermano essere la distrazione, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata. Insieme, costituiscono il 37,8% delle cause (85.339 casi), valore stabile nel tempo.
Che fare? A livello urbano, la soluzione più promettente per ridurre drasticamente i decessi in strada è quello di ridurre il limite di velocità a 30 km/h: lo dimostra il caso della capitale finlandese Helsinki, dove non si registrano morti in strada da un anno, ma anche quello della ben più vicina Bologna, dove nel primo anno di applicazione del modello Città30 nessun pedone è stato ucciso ed è stato dimezzato il numero delle vittime della strada, oltre al conseguimento d’importanti miglioramenti sul fronte dell’inquinamento atmosferico (ricordiamo che a livello nazionale un solo inquinante, il Pm2.5, uccide 15 volte in più rispetto a tutti gli incidenti stradali).
Più complesse le politiche per ridurre gli incidenti anche sul fronte autostradale, dove un sensibile miglioramento potrebbe essere conseguito semplicemente favorendo lo spostamento del trasporto merci da gomma a ferro – tagliando così i percorsi dei camion –, ma il Governo è indietro anche per quanto riguarda la cura del ferro dedicata alla mobilità delle persone, ancor prima delle merci.
Il recente rapporto “MobilitAria 2025”, presentato da Kyoto Club e dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iia), documenta che lo sviluppo delle infrastrutture ciclabili è praticamente fermo, complice l’esaurimento dei fondi del Pnrr, e la Legge di Bilancio 2025 non prevede nuovi fondi per lo sviluppo di metropolitane, tramvie e busvie veloci, né per la mobilità ciclistica e le ciclovie turistiche, con tagli significativi ai fondi esistenti. Al contrario, sono stati stanziati ulteriori 1,5 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto di Messina, un’infrastruttura per la quale si stima oggi una spesa complessiva di oltre 14 miliardi di euro.