Dopo il via libera al ponte sullo Stretto di Messina, nell’area due forti terremoti in due giorni
Se l’autorità Anticorruzione ha già avvertito il Governo Meloni che il ponte sullo Stretto di Messina, così come va delineandosi il progetto approvato dal Cipess – il cui costo è stimato ad almeno 13,5 miliardi di euro tutti a carico dello Stato, senza che sia neanche definito l’intero progetto esecutivo – è a rischio infrazione europea, da tempo il geologo e primo ricercatore del Cnr Mario Tozzi (che da tempo su queste colonne ha spietato come quella in progetto col ponte sia «un’opera inutile, costosa e molto rischiosa») osserva che «si possono costruire ponti nelle regioni più sismiche della Terra, però bisogna studiarle bene». E la natura, anche in questi giorni, sembra sottolineare la bontà di queste preoccupazioni.
Dopo l’approvazione del Cipess, avvenuta il 6 agosto, 6.31 dell’11 agosto i sismografi dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) hanno registrato un terremoto di magnitudo 2.6 nello Stretto di Messina, a 11 km di profondità tra Reggio Calabria e Messina, proprio dove dovrebbe sorgere il fantomatico ponte promosso dal ministro Salvini; un nuovo sisma, di magnitudo 3.3, è avvenuto alle 13.34 di ieri a Reggio Calabria ad una profondità di 69 km.
«Lo Stretto di Messina rappresenta una delle aree a più elevato potenziale sismogenetico del Mediterraneo – spiega nel merito Domenico Angelone, presidente dell’Ordine dei geologi della Regione Molise e già segretario del Consiglio nazionale dei geologi – La sua storia geologica e sismica parla chiaro: faglie attive e capaci, anche in ambito marino, hanno prodotto in passato eventi devastanti come il terremoto e il maremoto del 28 dicembre 1908, con magnitudo stimata intorno a 7.1. È importante sottolineare che tale magnitudo non rappresenta necessariamente il limite massimo possibile. In uno scenario geodinamico complesso come quello dello Stretto, con numerose faglie attive e capaci (Fac), non si può escludere la possibilità di terremoti di energia ancora superiore. Si tratta di contesto tettonico complesso, dove il rischio non è un’ipotesi remota, ma una realtà che impone valutazioni ingegneristiche accurate e prudenziali».
Secondo Angelone «la normativa vigente, nel definire l’azione sismica di progetto, utilizza valori di accelerazione mediati e probabilistici che non sempre riflettono i picchi realmente osservabili in area epicentrale. Numeri alla mano, le registrazioni sismiche mostrano chiaramente che, in caso di evento reale, le accelerazioni al suolo possono eccedere di molto i valori assunti in fase di progetto, esponendo a rischi imprevisti anche opere conformi alle attuali prescrizioni».
Per questo il già segretario del Consiglio nazionale dei geologi sottolinea che «il Ponte sullo Stretto deve essere progettato tenendo conto non solo dei parametri normativi, ma delle evidenze scientifiche e delle osservazioni reali: accelerazioni massime realisticamente raggiungibili, effetti della componente verticale in area epicentrale e la complessità della rete delle faglie capaci, che impediscono di considerare ogni evento come parte di un ciclo di rilassamento. E c’è un punto conclusivo che non può essere taciuto: la conoscenza geologica non si limita alla mappatura delle faglie o alla stima del potenziale sismogenetico in base all’assetto strutturale e alle dinamiche crostali. Deve comprendere il censimento dettagliato delle Fac e soprattutto l’analisi accurata di tutti quei fattori che concorrono alle amplificazioni locali del moto sismico, perché è lì che lo scuotimento si trasforma in accelerazioni al suolo capaci di compromettere la sicurezza di qualunque struttura. Senza una modellazione rigorosa del sottosuolo e di un intorno sufficientemente esteso, ogni valutazione rischia di essere illusoria e fuorviante. Solo così si può parlare di vera prevenzione e di un’infrastruttura all’altezza delle sfide del territorio in cui sorgerà».
O meglio dire se sorgerà. Nel frattempo non si placano le proteste ambientaliste, con Legambiente Sicilia in prima fila a definire «una decisione azzardata e pericolosa» quella presa dal Cipess, che ha approvato il progetto “definitivo” del ponte sullo Stretto di Messina: «Un progetto che, di definitivo, non ha proprio nulla – sottolineano dal Cigno verde – Restano infatti troppe incognite, sia dal punto di vista tecnico-strutturale che sismico, che mettono seriamente in dubbio la fattibilità dell’opera. Un azzardo che potrebbe trasformarsi in un disastro economico, con risorse importanti sottratte ai fondi di sviluppo e coesione destinate alle regioni del sud e penali miliardarie a carico dello Stato: un favore colossale a Eurolink, tutto a spese dei cittadini. Parliamo sostanzialmente di un’opera inutile, che non risolve i veri problemi del trasporto pubblico nelle regioni del Sud e che rischia di diventare il monumento simbolo delle incompiute. Inoltre, è un progetto ambientalmente insostenibile, destinato a lasciare impatti irreversibili e non mitigabili sul paesaggio e sui delicati ecosistemi presenti nell'area dello Stretto».