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Più rinnovabili per ridurre i costi dell’energia elettrica? Sì, in cinque punti. Dal 2018 coi nuovi "incentivi" sono stati gli impianti a versare soldi allo Stato, non viceversa: se oggi le fonti pulite faticano a crescere, non è per i loro costi

 |  Editoriale

Dall’inizio della crisi del gas causata dall’invasione russa dell’Ucraina si parla sempre più spesso dell’aumento dei prezzi dell’energia elettrica, dell’importanza di aumentare la produzione di rinnovabili e della necessità di disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Vi è tuttavia un certo disaccordo sul come farlo, e spesso questi temi vengono trattati in maniera un po’ semplicistica.

In primo luogo, perché si parla di disaccoppiamento tra prezzo dell’energia elettrica e prezzo del gas naturale? Perché questi sono tra loro legati a causa del meccanismo cosiddetto marginale per determinare, ora per ora, il prezzo dell’energia elettrica. In breve, per ogni ora del giorno, ciascun produttore di energia “offre” sul mercato un determinato quantitativo di energia, al prezzo minimo a cui è disposto a venderlo. Il Gestore del mercato elettrico (Gme) si occupa, ogni ora, di “selezionare” un numero sufficiente di venditori per coprire la domanda elettrica attesa, scegliendo quelli che hanno offerto prezzi più bassi. Il “prezzo limite”, cioè quello al di sopra del quale si rimane fuori, è quello che viene corrisposto a tutti i venditori per quella specifica ora.

In questo sistema, la maggior parte degli impianti rinnovabili partecipano con offerte pari a zero. Se lo possono permettere perché non hanno costi operativi variabili (in sostanza hanno costi che non dipendono da quanta energia producono), e poiché molti di loro ricevono dallo Stato un prezzo fisso per l’energia che immettono in rete: in queste condizioni, l’imperativo è vendere quanta più energia possibile. Nel caso degli impianti a gas, invece, la situazione è opposta: il costo del combustibile è predominante, e per questo partecipano a queste “aste” con prezzi più elevati, tanto più elevati quanto costa il gas naturale.

Dato il mix energetico attuale in Italia, nonostante la loro scarsa diffusione, le rinnovabili permettono già di abbassare in modo sensibile il prezzo dell’energia elettrica durante le ore in cui producono. Questo dipende dalla combinazione tra domanda e offerta: l’effetto è più marcato nei mesi soleggiati e nel weekend (vedasi l’esempio dell’11 maggio), molto meno nei giorni lavorativi invernali. Da questo sembra evidente che, aumentando la penetrazione di rinnovabili nel mix, i prezzi dell’energia all’ingrosso calano, a parità di altre condizioni.

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Una delle principali critiche a queste affermazioni è relativa agli incentivi alle rinnovabili. Secondo una narrazione falsa ma molto comune, questi incentivi sono l’unica ragione che tiene in piedi gli investimenti. Ad oggi, ciò che pesa sul bilancio degli incentivi è però soprattutto il Conto energia, un meccanismo molto generoso (troppo?) durato dal 2005 al 2013. Se andiamo a guardare i costi degli incentivi emessi dal 2018 in poi, questi sono stati sostanzialmente negativi: sono stati (in media) gli impianti di produzione rinnovabile a versare soldi allo Stato, non viceversa.

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Al netto di questa analisi, la ricetta “più rinnovabili -> prezzi più bassi” è quantomeno semplicistica e incompleta. Sia perché non si tratta di un automatismo, sia perché non aiuta a capire le cause della insufficiente diffusione di impianti rinnovabili in Italia. Per risolvere questo nodo occorre un mix di soluzioni, che vada a toccare diversi tipi di criticità:

Ridurre e velocizzare la burocrazia per i nuovi impianti

Nonostante vari tentativi, tutt’ora la maggior parte del tempo richiesto per realizzare un impianto rinnovabile è investito nella miriade di procedure burocratiche necessarie. Questa situazione, solo parzialmente mitigata (e in parte peggiorata) da recenti interventi normativi, va assolutamente risolta.

Maggiore stabilità e chiarezza normativa

Può sembra incredibile, ma gli incentivi possono peggiorare le cose. Questo accade quando leggi e decreti attuativi che li regolamentano si fanno aspettare per anni: chi vuole investire in nuovi progetti, per evitare di perdere il treno, finisce spesso per aspettare a sua volta. Fer-2, Fer-X, Conto termico 3.0, decreto Aree idonee, sono tutti esempi di norme che si sono fatte attendere per anni, di fatto rallentando fortemente la realizzazione dei progetti.

Cambiare il paradigma per la gestione dei progetti di grandi impianti

Ancora oggi, troppo spesso i progetti di grandi impianti rinnovabili vengono presentati senza coinvolgere il territorio. Al netto delle problematiche legate al sempre più diffuso fenomeno del Nimby in Italia (che nei casi più estremi porta anche a veri e propri attacchi ai cantieri), la sfiducia della popolazione verso le istituzioni e verso gli impianti rinnovabili, alimentata da media fortemente politicizzati come Unione Sarda o da influencer come l’Avvocato dell’atomo, è un problema che va affrontato. I casi virtuosi di coinvolgimento della cittadinanza fin dalle prime fasi dei progetti (come quello della turbina eolica installata dal conio inglese, la cui accettazione da parte della cittadinanza è stata garantita da un processo partecipativo che si è concluso pitturando la turbina come un narciso, fiore simbolo della regione) non devono rimanere isolati, ma devono diventare la norma. Purtroppo però, occorre riconoscere che senza un cambiamento nel clima culturale, anche la massima partecipazione a livello locale può non essere sufficiente.

Potenziare gli strumenti più efficaci per il controllo del prezzo dell’energia: Cfd e Ppa

Esistono già oggi due strumenti che permettono direttamente di ridurre il prezzo dell’energia elettrica: i contract for difference (Cfd), che di fatto permettono di fissare il prezzo per l’energia prodotta da un impianto rinnovabile per una durata sufficiente da garantire il ritorno dell’investimento, e i Power purchase agreements (Ppa), accordi diretti tra produttori e consumatori o intermediari per la produzione di energia a prezzo fisso. Entrambi gli strumenti, se ben concepiti, sono molto efficaci, come spiega bene Agostino Re Rabaudengo. L’utilizzo dei CfD dipende sostanzialmente dalla capacità dello Stato di pubblicare bandi competitivi con continuità e con i giusti termini: per ora, in Italia, non ci siamo riusciti; l’utilizzo dei Ppa è ancora poco diffuso per diverse ragioni, in primis per la mancanza di garanzie in caso di inadempienze contrattuali, ma anche a causa della concorrenza degli stessi incentivi statali. Problemi che si risolvono con gli opportuni strumenti normativi e, soprattutto, con l’aumento del numero di impianti installati.

Investire sul demand-response

Una maggiore penetrazione di fonti di energia rinnovabile nel sistema elettrico richiederà un cambiamento radicale nella sua struttura. In questo senso, esiste un potenziale enorme, ad oggi per lo più inespresso, per il demand-response, ovvero per il concetto di adattare la domanda in funzione della produzione energetica rinnovabile. Questo richiede più un cambiamento culturale che un vero sviluppo tecnologico, visto che le soluzioni che lo permettono sono già presenti e a basso costo. Serve però creare un ecosistema che favorisca questo tipo interventi, visto che ad oggi, ad esempio, i contratti di fornitura energetica a prezzo variabile ora per ora, in funzione del prezzo dell’energia elettrica, sono rari.

Disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell'elettricità, garantendo così una riduzione dei prezzi dell'energia, si può, anche in Italia, anche in tempi brevi. Passa anche, ma non solo, da un aumento delle installazioni di impianti rinnovabili. Ma passa soprattutto da scelte politiche (e non solo) accorte, che abbiano davvero come priorità il benessere dei cittadini.

Francesco Baldi

Ingegnere energetico, dottorato in sistemi energetici navali, è attivo in Volt, il primo partito paneuropeo. Dal 2019 è ricercatore in ENEA, nel dipartimento di efficienza energetica, e si occupa di decarbonizzazione delle aree energeticamente isolate e dell'elettrificazione del calore industriale. Ha tuttavia un interesse a 360° su temi legati a energia e sviluppo sostenibile.