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Il terrorismo contro l'eolico in Mugello, spiegato da chi l'ha affrontato

Giusti (Agsm Aim): «Danni da centinaia di migliaia di euro, ma i lavori sono già ripresi. La solidarietà delle principali associazioni ambientaliste e delle istituzioni significa molto»
 |  Interviste

A inizio luglio sui crinali dell’Appennino tosco-romagnolo è andato in scena un vero e proprio raid di terrorismo ammantato di finto ambientalismo, alimentato dalla disinformazione contro le fonti rinnovabili: 50 incappucciati armati di coltelli hanno aggredito boscaioli e ingegneri al lavoro nel cantiere di un’impresa totalmente pubblica – Agsm Aim –, che sta concretizzando un progetto iniziato nel 2017 e riconosciuto come di pubblica utilità dai Comuni sede d’impianto (Vicchio e Dicomano), dalla Regione Toscana e finanche dalla presidenza del Consiglio dei ministri (epoca Draghi), nonché dalle principali associazioni ambientaliste a sostegno della transizione ecologica, come Legambiente e Wwf.

L’obiettivo è infatti quello di investire circa 50 milioni di euro per installare 7 pale eoliche da 4,26 MW per un totale di 29,64 MW a Monte Giogo del Villore, nel Mugello, in grado di produrre tanta elettricità rinnovabile da soddisfare il fabbisogno di 100mila persone, evitando al contempo quelle emissioni di gas serra che alimentano le stesse alluvioni che stanno facendo franare l’area mugellana.

Ne abbiamo parlato con Marco Giusti, direttore Ingegneria e ricerca di Agsm Aim, nonché docente all’Università degli Studi di Verona e aderente al network 100% rinnovabili.

progetto eolico mugello

Intervista

C’erano stati dei precedenti?

«Nel 2022 e nel 2023 avevamo già subito sabotaggi, il primo fatto con molta cattiveria perché ha mirato ai sistemi di sicurezza in una macchina di cantiere, puntando cioè a ferire le persone al lavoro; anche allora avevamo intravisto passare un incappucciato, una persona che a mio avviso veniva da fuori. Gli altri erano stati più dispetti che sabotaggi, presumibilmente da parte di contestatori locali, come dei chiodi piantati sugli alberi pensando di dar fastidio ai boscaioli in cantiere. Stavolta è stato completamente diverso: l’organizzazione “Siamo montagna” ha provato a fermarci puntando tutto sulla violenza».

Cosa sappiamo sulla cronaca dei fatti?

«Lo scorso 8 maggio nei boschi del Mugello c’era già stato un campeggio sospetto, ma non ci eravamo accorti che stessero preparando un’azione violenta, perché anche i comitati locali sono stati spesso a campeggiare nell’area per le loro proteste. Dopo sono iniziati a circolare volantini firmati dall’organizzazione “Siamo montagna”, che attraverso un suo gruppo Telegram inneggiava a un campo di lotta per bloccare i lavori: ci siamo dunque mossi con una prima diffida al loro unico indirizzo email reperibile, poi con un esposto in Procura e in cinque stazioni locali dei Carabinieri. Eravamo infatti di fronte all’annuncio di un campeggio abusivo, previsto dal 2 al 6 luglio, con istigazione a delinquere. Eppure il 2 luglio vedo che inizia a salire per boschi gente con gli zaini, dunque torno dai Carabinieri per allertarli nuovamente. L’attacco arriva il giorno seguente: tre ingegneri erano sul posto per i rilievi coi droni, e sentono che dal cantiere più avanzato (i lavori sono divisi in cinque lotti, ndr) dove ci sono i boscaioli arrivano rumori sospetti. Una volta sul posto trovano i boscaioli circondati e minacciati da cinquanta incappucciati coi passamontagna neri e coi coltelli al fianco, che gli strappano le motoseghe dalle mani e forano le gomme dei mezzi».

Poteva essere una tragedia.

«Assolutamente sì. Tecnicamente si chiama rapina pluriaggravata, che prevede pene che vanno dai 6 ai 20 anni di carcere. Gli aggressori circondano anche gli ingegneri, iniziano a spintonarli e a urlare slogan come speculatori e servi della finanza, gli stessi che da anni ci gridano contro i comitati locali e le associazioni contrarie. A quel punto ritiriamo i mezzi e i nostri uomini non possono che allontanarsi: tornano dai Carabinieri, che chiamano i rinforzi. Venerdì 4 luglio trascorre tranquillo e dunque il sabato, a lavori ancora fermi, alle 19 i Carabinieri si allontanano. Dopo quaranta minuti riceviamo una telefonata che ci avvisa: è successo un macello».

raid mugello

Considerate anche le tempistiche sembra un vero e proprio raid, compiuto da professionisti.

«Le indagini sono in corso ma la mia impressione è questa, credo si possa escludere che si tratti di soggetti locali. Anche dallo scambio messaggi su Telegram si notano provenienze da Firenze, Bologna, Roma, Milano. Temo che qualcuno dei comitati li abbia guidati per i boschi, e questo sarebbe grave, ma i responsabili dell’aggressione sono dei professionisti viste la rapidità e le modalità del sabotaggio. In poco più di mezz’ora hanno forato tutti i serbatoi dei mezzi di cantiere e li hanno riempiti di sassi, rendendo impossibile muoverli oltre al danno ambientale provocato dalla fuoriuscita del carburante, poi hanno tagliato tutti i circuiti oleodinamici. In mezz’ora, 12 mezzi distrutti. Impiegherò dei mesi per una stima precisa dei danni, ma siamo nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro almeno, spero si possa rientrare all’interno del milione di euro».

Quando riprenderanno i lavori?

«I lavori sono già ripresi, coi mezzi sopravvissuti, e gli uomini in cantiere. Ma il problema è se le imprese continueranno a lavorare, perché già prima avevamo difficoltà a trovarle, e adesso avremo un’esplosione dei costi per organizzare i cantieri in sicurezza per come ce li stanno descrivendo Carabinieri e Digos: cantieri presidiati, alimentati da energia elettrica, in montagna».

Vi aspettavate un attacco di questa portata?

«Sinceramente no, siamo abituati agli assalti verbali dei comitati, ma ormai fanno sempre meno presa tra funzionari e istituzioni – che coi primi esposti salivano di corsa sul crinale a fare i dovuti controlli –, rappresentano una minoranza. Da ultimo il 7 luglio anche il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza (in allegato a coda dell’articolo, ndr) dai toni molto chiari, respingendo il ricorso di Italia nostra e Cai Firenze oltre a imporgli il pagamento delle spese di giudizio».

Vi aspettavate invece l’ondata di solidarietà arrivata da realtà come Legambiente e Wwf (Toscana e nazionale), l’Alleanza fiorentina per la giustizia ecologica, Anev, l’assessora regionale Monia Monni, l’europarlamentare Annalisa Corrado? 

«Io sì, visti i rapporti di stima e rispetto reciproco che ci legano, ma in società è stato sorprendente un affetto di questa portata. E anche gli stessi vertici aziendali hanno risposto al meglio. Nella malasorte questo ci conforta, ma si tratta adesso di capire come ripartire perché la situazione non è semplice».

Il 9 luglio la coalizione che riunisce associazioni e comitati contrari, Tess, ha inviato una nota stampa in cui “si dissocia fermamente da qualsiasi forma di violenza a persone o a cose” ma torna a chiedere “confronto”.

«Credo che il nostro sia l’unico progetto al mondo ad essere stato presentato a istituzioni e cittadinanza quattro mesi prima del deposito dell’istanza autorizzativa, con sei incontri pubblici, il che nell’autunno 2019 ha comportato un rischio altissimo perché qualcuno avrebbe potuto rubare il progetto. Nel 2020 è partito l’iter autorizzativo regionale (Paur) cui hanno partecipato 59 enti, e in estate su iniziativa della Regione è iniziato un processo partecipativo sotto forma di inchiesta pubblica; le varie procedure autorizzative sono proseguite fino al 2024, e nel frattempo sono state rigettate dal Tar due richieste sospensive e due ricorsi, fino alla sentenza del Consiglio di Stato di pochi giorni fa. È difficile chiedere ancora confronto, perché ci siamo detti tutto».

Sia l’Alleanza fiorentina per la giustizia ecologica, climatica e sociale, sia l’Associazione nazionale energia del vento (Anev) denunciano apertamente il ruolo della disinformazione e della propaganda fossile nell’alimentare un clima di tensione, ma c’è chi prova a ribaltare la prospettiva affermando che i primi responsabili sarebbero proprio gli ambientalisti a favore delle rinnovabili, accusati di fomentare sindromi Nimby contro gli impianti fossili o contro il ritorno all’energia nucleare.

«Beh, mi sembra ci sia una bella differenza. Loro si appellano a guru, mentre noi lavoriamo sulla base di quanto affermano l’Ipcc, l’Onu, il consenso maturato in seno alla comunità scientifica di riferimento. Il problema è proprio questo, non capire (o far finta) dove sta la differenza».

tecnologie ipcc

Il testo della figura è tradotto dall’inglese dal Climate media center Italia. Fonte della figura originale: Babiker, M.; Sugiyama, M.; Cohen, B.; Toribio Ramirez, D.; Blok, K. (2022): Data for Figure SPM.7 – Summary for Policymakers of the Working Group III Contribution to the IPCC Sixth Assessment Report. MetadataWorks, 04 April 2022. 10.48490/ayfg-tv12. www.ipcc.ch/report/ar6/wg3/figures/summary-for-policymakers/figure-spm-7

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.