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L’appello di Oxfam, Amnesty International e Cospe al Governo italiano

Per una vera pace in Palestina, stop al commercio con gli insediamenti illegali israeliani

Il controllo di Israele costa ad oggi all'economia palestinese miliardi di dollari all'anno, mentre la povertà in Cisgiordania è aumentata dal 12% al 28% negli ultimi due anni
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Mentre in Palestina si misurano ancora gli effetti del fragile accordo arrivato per far cessare il fuoco sulla Striscia di Gaza, le prospettive per arrivare davvero alla pace – e non alla sottomissione – del popolo palestinese passano dal rispetto del diritto internazionale, il che significa mantenere alta la pressione su Israele affinché trovino soddisfazione le legittime ambizioni di autodeterminazione dei palestinesi.

«L’idea che l’attuazione delle prime disposizioni di un precario accordo tra Hamas e Israele debba far dimenticare due anni di crimini di diritto internazionale e distogliere l’occasione dalla quotidiana illegalità praticata dallo stato israeliano e dai suoi coloni nella Cisgiordania occupata è profondamente errata – spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – L’occupazione illegale delle terre palestinesi produce povertà da un lato e ricchezza dall’altro, quest’ultima favorita da relazioni commerciali che l’Unione europea porta avanti con Israele, che consolidano una situazione illegale nel Territorio palestinese occupato e che pertanto chiediamo cessino al più presto».

Per porre fine all’occupazione illegale della Cisgiordania, consentendo la nascita di uno stato palestinese, è decisivo che l’Italia e l’Unione europea interrompano ogni relazione commerciale con gli insediamenti illegali israeliani. Senza farsi condizionare dal piano di pace americano che, pur rappresentando un passo indispensabile per la fine del genocidio nella Striscia di Gaza, manca di ogni rifermento al destino dell’area e alla difesa del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese.

È l’appello lanciato da Amnesty International Italia, Cospe e Oxfam Italia, promotrici della campagna Stop al commercio con gli insediamenti illegali, con una coalizione di oltre 20 organizzazioni. Una richiesta che arriva alla vigilia del Consiglio Ue dei ministri degli Esteri e del Consiglio europeo del 20 e 23 ottobre, ribadita ieri alla Camera dei Deputati nel corso di un incontro con le forze politiche e Basel Adra, regista palestinese Premio Oscar con "Non Other Land", che ha portato la propria testimonianza.

«Oggi in tutta Europa sono presenti prodotti provenienti dalle colonie illegali, ma etichettati ‘Made in Israel’ a causa di politiche doganali incoerenti o disapplicate – spiega Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Per questo motivo chiediamo con forza che l’Italia, rispettando il parere consultivo emesso dalla Corte Internazionale di giustizia nel luglio 2024, adotti uno strumento normativo nazionale, che preveda la sospensione degli accordi commerciali italiani con Israele e porti il governo ad assumere una decisa posizione a favore della revisione dell’Accordo di Associazione Ue-Israele includendo questo ambito. Il governo Meloni ha oggi l’occasione di dimostrare di non voler essere complice delle ripetute e sistematiche violazioni dei diritti umani delle autorità israeliane in Cisgiordania. Se si vuole lavorare alla creazione di due stati occorre agire al più presto esercitando una pressione capace di incidere sulle politiche del governo israeliano: la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha stabilito che in base al diritto internazionale gli Stati sono tenuti ad “astenersi dall’instaurare con Israele trattative economiche o commerciali concernenti i Territori Palestinesi Occupati, o parti di essi, che potrebbero consolidare la sua illegale presenza nel territorio”, e devono “adottare misure per prevenire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele».

Il controllo di Israele costa ad oggi all'economia palestinese miliardi di dollari all'anno, mentre la povertà in Cisgiordania è aumentata dal 12% al 28% negli ultimi due anni, con un notevole aumento del tasso di disoccupazione. Un controllo che, senza una forte pressione da parte della comunità internazionale, potrebbe presto trasformarsi in una vera e propria annessione, dato che il Parlamento israeliano ha recentemente approvato una mozione proprio in questa direzione. Nonostante questo contesto però l’Unione europea ad oggi resta il primo partner commerciale di Israele, con un volume totale di scambi di 42,6 miliardi di euro nel 2024. L’Italia nello stesso anno ha importato beni e servizi per oltre 1 miliardo di euro, con un volume totale di scambi pari ad oltre 4 miliardi.

«I palestinesi da oltre 50 anni devono far fronte anche a una vera e propria guerra economica dovuta all’occupazione israeliana che cancella diritti, terre e futuro e non consente alcuno sviluppo dell’economia – conclude Vittorio Longhi, responsabile advocacy di Cospe – Per questo, chiedere lo stop del commercio con gli insediamenti illegali è fondamentale, un atto dovuto di giustizia e di rispetto del diritto internazionale, ma è altrettanto necessario sostenere con forza l’economia di resistenza delle comunità palestinesi. Un’economia messa ulteriormente in crisi, dopo il 7 ottobre 2023, con l'espulsione di centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici palestinesi da Israele e l'impoverimento drammatico del Territorio Occupato, soprattutto nelle aree rurali. Per questo, oltre a denunciare ciò che è illegale, come Cospe continueremo a investire, difendere e sostenere quelle pratiche di economia sociale e solidale portate avanti da giovani, donne, cooperative e imprese sociali che riescono a creare lavoro mutualismo e dignità, pure in condizioni estreme, e che rappresentano resistenza nonviolenta, giustizia e autodeterminazione per il popolo palestinese».

Si può aderire alla campagna QUI

Redazione Greenreport

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