Skip to main content

Giornata mondiale dell’Oceano

Clima ed ecosistemi marini a rischio: tra la Conferenza Onu, il Patto dell’Ue e il ritardo dell’Italia

Il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres: «Dobbiamo sostenere ciò che ci sostiene». La presidente della Bce Lagarde: «Imperativo tagliare le emissioni». Il nostro Paese, nonostante gli impegni assunti, sta fallendo l’obiettivo del 30% delle aree marine protette entro il 2030
 |  Crisi climatica e adattamento

In occasione della Giornata mondiale dell’Oceano, l’Unesco rilancia un programma molto dettagliato di analisi e azioni necessarie, mentre una Conferenza ad hoc delle Nazioni Unite prende il via oggi a Nizza. Non si tratta di celebrazioni da svolgere, quanto semmai di soluzioni da trovare e applicare, perché siamo di fronte a una serie di problemi che richiedono risposte urgenti.

Come sottolinea il segretario generale dell’Onu António Guterres, «dobbiamo sostenere ciò che ci sostiene, l’illusione che l’oceano possa assorbire emissioni e rifiuti senza limiti deve finire».

Il fatto è che se le acque oceaniche garantiscono non solo cibo e posti di lavoro ma la stessa aria che respiriamo e un clima favorevole alla vita sulla Terra, oggi siamo in presenza di chiari segnali di pericolo, dall’inquinamento da plastica al crollo delle popolazioni ittiche, dalla perdita degli ecosistemi marini all’aumento delle temperature al conseguente scioglimento di ghiaccio e innalzamento del livello dei mari. Dice Guterres: «Dobbiamo investire massicciamente nella scienza, nella conservazione e nell'economia blu sostenibile, ed estendere un sostegno molto maggiore alle comunità costiere, alle popolazioni indigene e ai piccoli Stati insulari in via di sviluppo che stanno già sopportando il peso del cambiamento climatico. Dobbiamo inoltre proteggere la biodiversità marina, rifiutare le pratiche che infliggono danni irreversibili e mantenere la promessa dell'Accordo sulla biodiversità al di là delle giurisdizioni nazionali». 

La Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani che inizia oggi, viene sottolineato dal segretario generale Onu, sarà un momento cruciale per portare avanti queste priorità e rinnovare la «promessa collettiva del mondo nei confronti dell'oceano»: «Esorto tutti i governi e i partner a mantenere la promessa, con ambizione, risorse e determinazione», dice Guterres, che su questo fronte può contare sull’impegno assicurato dall’Unione europea.

L’Unione europea sta spingendo su questo fronte. La Commissione Ue ha adottato un Patto per l’oceano, prevedendo anche un pacchetto di misure economiche volte a fronteggiare i problemi in campo, proteggere gli ecosistemi marini, preservare l’economia delle comunità costiere e migliorare la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine. «L’oceano è importante perché è alla base della vita sulla Terra – scrive Bruxelles nella nota che accompagna il Patto – fornisce gran parte dell’ossigeno che respiriamo, cibo per miliardi di persone e regola il clima. Detiene l’80% della biodiversità globale».

Sulla questione, che comporta ovviamente azioni e impegni di carattere economico, è intervenuta nei giorni scorsi la stessa presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, che parlando al Blue Economy and Finance Forum nel principato di Monaco ha sottolineato che le attività umane hanno danneggiato profondamente il mare, a un punto tale che «potremmo non essere in grado di rimediare al danno fatto», ma «possiamo lavorare per rallentare la spinta, potenzialmente anche fermarla, agendo su due importanti fronti» ossia la protezione degli oceani e la preparazione alle conseguenze del cambiamento climatico. Ha sottolineato la presidente della Bce: «Anzitutto dobbiamo proteggere, significa tagliare le emissioni di gas serra in maniera decisiva tenendo presenti gli obiettivi dell'accordo di Parigi», perché solo così «potremmo mantenere l’innalzamento del livello marino attorno al mezzo metro entro fine secolo». Ogni decimo di grado di innalzamento della temperatura che riusciamo ad evitare, ha aggiunto, significa un tratto di costa salvato, una barriera corallina salvata o una tempesta evitata. «Dobbiamo prepararci. Che ci piaccia o no, i rischi climatici si stanno manifestando. Dobbiamo adattare le infrastrutture e le economie a un mondo più volatile», mettendo a bilancio risorse per la resilienza, come dighe e barriere marittime, piuttosto che reagire ai disastri climatici.

E l’Italia in tutto questo? Come è emerso in occasione degli Stati generali delle aree protette e in base ai dati messi in fila da Greenpeace e Wwf in occasione della Cop16 sulla biodiversità che si è svolta in Colombia lo scorso autunno, meno dell’1% delle aree marine italiane è protetto in modo efficace. Un dato ufficioso? Non mancano dati ufficiali. E bisogna sempre ricordare che il problema riguarda un valore incommensurabile come è quello della biodiversità. La situazione, nel nostro Paese, non è delle migliori:  una recente analisi dell’Università di Padova ha rivelato che solo il 15,5% delle aree marine è attualmente protetto. Al di là dell’ulteriore giudizio, espresso dalle associazioni ambientaliste, se questa azione di protezione sia fatta in modo efficace o menom il dato del 15,5% è molto chiaro di per sé: praticamente siamo solo a metà dell’obiettivo che dovremmo raggiungere tra meno di cinque anni. L’Italia si è infatti impegnata a proteggere il 30% dei mari che circondano la penisola entro il 2030 ed è quanto tra l’altro prevede il Piano del mare approvato con delibera dal Comitato interministeriale politiche del mare (Cipom) ormai due anni fa. Ma si fatica a vedere reali progressi su questo fronte.

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.