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Clima, tra meno di tre anni sarà esaurito il budget di carbonio per restare entro +1,5°C

Le attività umane rilasciano nell'atmosfera l'equivalente di circa 53 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno
 |  Crisi climatica e adattamento

La terza edizione del rapporto “Indicators of global climate change” (Igcc), appena pubblicato su Earth system science data, conferma che l’anno scorso la temperatura media dell’atmosfera ha superato i +1,5°C rispetto all’era pre-industriale, ovvero la prima soglia di sicurezza (la seconda è a +2°C) individuata dall’Accordo di Parigi sul clima.

Per infrangere davvero questa prima soglia, l’anomalia di temperatura dovrà però mantenersi oltre +1,5°C in modo “stabile”, ovvero per almeno 3-5 anni. Il problema è che ci siamo quasi.

Nel periodo 2015-2024, le temperature medie globali sono state di 1,24°C superiori ai livelli preindustriali, e di questi, 1,22 °C sono stati causati dall'attività umana. Come mai? Nell'ultimo decennio, le attività umane hanno rilasciato in media nell'atmosfera l'equivalente di circa 53 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno: questo continuo incremento di gas serra sta rapidamente erodendo il bilancio di carbonio rimanente , ovvero la quantità totale di CO2 che può essere emessa se si vuole mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C. .

«La nostra stima centrale del bilancio di carbonio rimanente dall'inizio del 2025 – spiegano i ricercatori – è di 130 miliardi di tonnellate di CO2. Questa quota è diminuita di quasi tre quarti dall'inizio del 2020. Ai livelli attuali, si esaurirebbe in poco più di tre anni di emissioni globali. Tuttavia, date le incertezze legate al calcolo del bilancio di carbonio residuo, il valore effettivo potrebbe essere compreso tra 30 e 320 miliardi di tonnellate, il che significa che potrebbe esaurirsi prima o dopo il previsto».

Che fare? Occorre agire in parallelo in due direzioni, ovvero adattamento e mitigazione. L’adattamento impone d’intervenire sui territori – con soluzioni che spaziano dalle casse d’espansione per il contenimento delle alluvioni al ripristino della natura – per permettere di limitare i danni derivanti da quella quota di cambiamento climatico che è ormai qui per restare. La mitigazione prevede invece di abbandonare rapidamente i combustibili fossili, in favore di efficienza energetica e fonti rinnovabili, in grado di produrre energia senza emissioni climalteranti.

Purtroppo, l’Italia è in ritardo su entrambi i fronti. Ad esempio, negli ultimi 14 anni il ministero dell’Ambiente ha investito 14 miliardi di euro sulla prevenzione dal rischio idrogeologico, mentre ne servirebbero circa 40.

Non va meglio sul fronte della transizione energetica: entro il 2030 l’Italia dovrà raggiungere, secondo quanto previsto dal decreto Aree idonee, 80.001 MW di nuova potenza considerando le installazioni realizzate a partire dal 2021. Un obiettivo lontano, dato che con le installazioni degli ultimi quattro anni il Paese ha raggiunto appena il 24,1% dell’obiettivo (19.297 MW di nuova potenza installata dal 2021 al 2024). Per colmare questo ritardo, snocciola Legambiente, l’Italia dovrà realizzare nei prossimi 5,5 anni 60.704 MW, pari ad una media di 11.037 MW l’anno: parliamo di almeno 3.557 MW in più rispetto a quanto fatto nel 2024 (7.480 MW).

Redazione Greenreport

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