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Domani è la Giornata mondiale del Mediterraneo

A giugno la temperatura media della superficie del Mediterraneo ha superato 24 gradi

Siamo a 1 grado sopra la media del periodo considerato (giugno 2015-giugno 2024). Il messaggio lanciato dalla Goletta verde di Legambiente: «Non è caldo, è crisi climatica». E il Wwf rilancia un articolo da cui emerge che le acque che circondano l’Italia si riscaldano più rapidamente di ogni altro oceano
 |  Crisi climatica e adattamento

Ogni giorno che passa arriva un nuovo dato a confermare che le temperature del Mediterraneo stanno bruciando record dopo record. Oggi, alla vigilia della Giornata mondiale del Mediterraneo, che si celebra domani, sono Legambiente e Wwf a confermare che non siamo soltanto di fronte a un’estate calda, ma a una situazione di vera e propria crisi climatica.

Ecco alcuni numeri diffusi dalla Goletta verde di Legambiente, che questa mattina alle prime luci dell’alba ha organizzato un blitz in navigazione lungo la costa adriatica srotolando lo striscione con su scritto «Non è caldo. È crisi climatica»: nel mese di giugno la temperatura media della superficie del mar Mediterraneo è stata pari a 24,3°C, la più alta media mensile registrata negli ultimi dieci anni nel solo mese di giugno con ben 1° sopra la media nel periodo considerato (giugno 2015 – giugno 2024). Preoccupa anche lo stato di salute del Mar Tirreno che ha fatto registrare sempre a giugno 2025 una temperatura media della superficie pari a 25,1°C, mentre il Mar Adriatico di circa 24,1°C in maniera quasi uniforme ad eccezione della porzione più orientale lungo le coste che vanno dal Montenegro all’Albania dove le temperature della superficie dell’acqua sono state sensibilmente meno calde. 

Il messaggio lanciato da Goletta verde è chiaro e conciso. L’obiettivo è ricordare quanto i cambiamenti climatici stiano accelerando il passo causando impatti negativi anche sulle acque del Mediterraneo. A dimostrarlo sono gli stessi dati di Legambiente, che ha rielaborato le foto satellitari del Marine Service information di Copernicus, per capire lo stato di salute del nostro Mare Magnum, e in particolare dell’Adriatico dove la Goletta Verde dal 23 giugno è in navigazione per monitorare mare e coste della Penisola per poi concludere il suo viaggio il 9 agosto in Liguria, dopo aver percorso anche il Mar Tirreno.  

«Il mese di giugno che ci lasciamo alle spalle – commenta Marcella De Mestria, responsabile di Goletta Verde di Legambiente – ha registrato temperature record e con ripercussioni sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sul mare e la biodiversità. Un campanello d’allarme che non può passare inosservato perché comporta ricadute anche dal punto di vista economico. Per questo è più che mai urgente spingere per politiche e strategie di mitigazione e adattamento che includano anche il nostro prezioso e sempre più delicato Mar Mediterraneo». 

Tornando ai dati raccolti da Legambiente, è stato realizzato un focus sul Mar Adriatico visto che Goletta Verde ha iniziato quest’estate il suo viaggio partendo proprio da qui. Lungo la costa italiana, dal confine tra il Friuli-Venezia Giulia e la Slovenia fino al canale di Otranto – un percorso di oltre 1.000 km, la temperatura media, ricavata dalle immagini satellitari di Copernicus e rielaborate da Legambiente, evidenziano come la temperatura media della superficie dello specchio d’acqua registrata nel mese di giugno 2025, pari a 24,6°, sia stata la più alta registrata - sempre riferendosi al mese di giugno e allo stesso tratto di costa - negli ultimi dieci anni, dal 2015 ad oggi. Ben un grado centigrado sopra la media di periodo dal 2015 al 2024, dove solo nel giugno 2022 (24,4°C) e nel giugno 2018 (24,5°C) si era andati vicini a questa temperatura. Anche la temperatura massima registrata nello stesso tratto di costa e nello stesso arco temporale vede il 2025 come l’anno in cui si è registrato il valore massimo (29,8°C), ben 1,9°C in più rispetto alla media dei valori di picco registrati nel periodo 2015-2024. Il valore minimo della superficie dell’acqua registrato (pari a 19,3°C nel giugno 2025) è di poco superiore alla media di periodo (19,0°C) ed il terzo valore in assoluto più alto tra i valori minimi analizzati (22,2°C nel 2018 e 20,4°C nel 2024).

Andando più nel dettaglio delle zone dove si sono registrate queste temperature della superficie dell’acqua, si nota come a giugno la parte più a nord del Mar Adriatico (dal Friuli-Venezia Giulia al Delta del Po in Veneto) e nel tratto di costa che va da Pescara, in Abruzzo, fino all’inizio Gargano, nei pressi del lago di Lesina, in Puglia, la temperatura media registrata è stata di 25,0°C mentre nel tratto di costa che va da Ancona a Pescara il valore medio è stato di 24,9°C. Valori registrati nel giungo 2025 e che sono rispettivamente 1,0°C, 1,3°C e 1,2°C sopra la media del periodo 2015-2024.

L’aumento delle temperature e il cosiddetto effetto «tropicalizzazione del Mediterraneo» hanno ricadute anche sull’ecosistema marino e sulla biodiversità. Ad esempio, nel Mediterraneo si stima che vi sia un impatto sulle grandi specie pelagiche, (come il tonno rosso), che entrano stagionalmente nel Mediterraneo per la deposizione delle uova. Senza contare che le temperature possono avere un impatto sui cicli riproduttivi. Tra gli effetti indiretti legati all’aumento delle temperature, c’è una favorevole diffusione di specie termofile sia native che soprattutto aliene (come barracuda, pesce palla o pesce scorpione). Non è infine da sottovalutare che il cambio climatico nelle acque marine modifica l’intensità e la direzione delle correnti con forti ripercussioni sulla dispersione degli organismi stessi. 

Tra l’altro, come osserva il Wwf Italia in occasione della Giornata mondiale del Mediterraneo, che si celebra domani, il Mediterraneo si sta scaldando più di ogni altro oceano. Il Panda per la ricorrenza dell’8 luglio rilancia un articolo a firma di Roberto Danovaro, professore di biologia marina all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Comunità scientifica del Wwf Italia, pubblicata sull’ultimo numero di Panda, magazine dell’associazione. Concetto di partenza dell’articolo è che gli oceani sono fondamentali, sequestrano oltre il 40% dell’anidride carbonica (mitigando così i cambiamenti climatici) e assorbono circa il 90% del calore dell’atmosfera (rinfrescando il pianeta), due funzioni che si sommano ad altre fondamentali, come la produzione di cibo (quasi il 30% delle proteine totali), e ossigeno (circa il 50% di tutto quello disponibile). «Ma tutti questi servizi dipendono dalla loro salute. Oggi però è sempre più evidente che mari e oceani si sono ammalati: si stanno acidificando e scaldando troppo velocemente, soprattutto il Mediterraneo, con effetti negativi sugli organismi marini e sugli ecosistemi». Nel testo si ricorda che «il Mediterraneo copre meno dell’1% della superficie degli oceani globali e contiene lo 0,3% delle acque. È, quindi, una sorta di enorme “pozza”, con una profondità media di circa 1,5 chilometri (contro i quasi 4 km dei grandi oceani). Dato che è poco profondo, le sue acque si riscaldano a tassi superiori rispetto a quelli di ogni altro mare»: «In questo “oceano in miniatura” - sottolinea Danovaro – possiamo osservare i cambiamenti come fossimo in un gigantesco laboratorio naturale. In questo modo possiamo capite e prevedere anche la risposta dei grandi oceani ai cambiamenti globali».

Viene spiegagto che durante le estati super calde, come quella del 2024, le temperature tra luglio e agosto, in condizioni meteorologiche particolari con stagnazione delle acque insieme salgono ben oltre i 30°C, riscaldando le acque anche oltre 30 metri di profondità. Qui vivono molti organismi sessili (ovvero attaccati alla roccia) come le gorgonie, il corallo rosso, le spugne o i bivalvi che subiscono un forte stress: se il riscaldamento è molto forte e prolungato molti di questi organismi muoiono, spesso a causa dello sviluppo di infezioni e patologie favorite dal calore e dallo stress. A partire dalla fine degli anni ‘90 in molte aree del Mediterraneo, dalla Corsica alla Liguria della Costa Azzurra alla Riviera del Conero in Adriatico, hanno visto morie massive, con la perdita in poche settimane della fauna marina. Il risultato è un panorama sottomarino desertificato, soprattutto tra la costa e i 30 metri di profondità. Queste morie hanno effetti negativi anche sulla pesca perché riducono le possibilità di crescita dei giovanili di molte forme ittiche. Purtroppo, è quello che sta avvenendo anche in questa prima parte dell’estate 2025.

Tra l’altro, uno degli effetti collaterali dell’eccessivo riscaldamento estivo legato ai cambiamenti climatici è l’alterazione della quantità di cibo disponibile agli organismi marini. In larga parte la fonte primaria di cibo è dovuta ad alghe microscopiche, ma anche le macroalghe sono importanti e con le ondate di calore crolla la loro produzione con conseguente carestia per le specie marine che utilizzano queste risorse. L’ondata di calore del 2024 ha spazzato via molte foreste di grandi alghe brune e anche di praterie sommerse di Posidonia oceanica che arricchivano gli habitat delle coste italiane. Molte di queste non hanno ancora recuperato nel 2025.

Proprio per la tutela della biodiversità il Wwf è partner di un progetto che consentirà di trovare possibili soluzioni di adattamento per alcune specie animali che vivono nel mare e frequentano le coste mediterranee, habitat sempre più colpiti dagli effetti della crisi climatica. Il progetto Life Adapts (climate change ADAptations to Protect Turtles and monk Seals), cofinanziato dall’Unione Europea e coordinato dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa,  sarà condotto in tre paesi mediterranei, Italia, Grecia e Cipro, in cui sono state identificate alcune aree chiave per la vita e la riproduzione di tre specie simbolo del Mare Nostrum: tartaruga verde (Chelonia mydas), tartaruga caretta (Caretta caretta) e foca monaca (Monachus monachus).

Redazione Greenreport

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