Clima, in un mese 17mila firme per chiedere informazione corretta e responsabilità ai media
Lanciata a inizio luglio, la petizione promossa dagli attivisti climatici Giacomo Pellini e Maria Santarossa ha appena superato le 17.000 firme, canalizzando una richiesta precisa al Governo, all’Ordine dei Giornalisti e al sistema dell’informazione pubblico e privato: trattare la crisi climatica per quello che è – la più grave emergenza del nostro tempo – e di farlo con serietà, rigore e responsabilità.
L’ultimo Eurobarometro, il sondaggio d’opinione che regolarmente pubblicano da Bruxelles per tastare il polso del Vecchio continente, mostra che il 61% degli italiani e il 52% degli europei è in disaccordo con l’affermazione “i media tradizionali offrono un’informazione chiara sulla crisi climatica, le sue cause e impatti”, mentre e il 38% e 49% trova difficile distinguere sui social media tra informazioni affidabili e disinformazione.
L’ennesima conferma, ce ne fosse bisogno, che solo un cittadino (ben) informato è davvero pronto ad affrontare la crisi climatica: anche superando le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato elettorale) che frenano la realizzazione degli impianti industriali – da quelli per produrre energia rinnovabile a quelli per la gestione circolare dei rifiuti – necessari a portare avanti la transizione ecologica.
Invece il quadro nazionale continua a peggiorare. In base all'ultimo rapporto annuale realizzato dall'Osservatorio di Pavia per Greenpeace, nel 2024 le notizie dedicate al clima hanno registrato un calo del 47% sui quotidiani (con una media di appena un articolo ogni due giorni) e del 45% sui telegiornali (in media un solo servizio ogni dieci giorni) rispetto al 2023. Di contro, si è assistito a un aumento delle pubblicità delle aziende inquinanti sui quotidiani (1.284, contro le 1.229 del 2023). In Italia al momento c’è solo un’avanguardia di testate che ha esplicitamente deciso di stare fuori dal patto di potere fra aziende fossili, politica e media, quelle aderenti – greenreport compresa – alla coalizione Stampa libera per il clima promossa proprio da Greenpeace.
«Siamo stanchi di vedere tesi antiscientifiche diffuse anche da giornalisti autorevoli e politici in vista. Ognuno è libero di avere opinioni, ma chi divulga falsità sul clima non può diventare un interlocutore della politica. La disinformazione, il negazionismo climatico – esplicito o mascherato – mettono a rischio la nostra capacità collettiva di reagire. Il cambiamento climatico non è un dibattito: è una realtà fisica. Mentre le guerre possono finire con trattative, con le leggi della fisica e della termodinamica non si può fare un summit e trovare un compromesso. È fondamentale contrastare la falsa equivalenza tra esperti e negazionisti: il rapporto non è uno a uno. La comunità scientifica internazionale è unanime nel riconoscere (con circa il 99% degli studi climatici, ndr) che il cambiamento climatico esiste ed è causato dall’uomo. Se davvero volessimo rappresentare correttamente questo squilibrio in un dibattito televisivo, dovremmo vedere 99 scienziati contro un solo negazionista. Il tempo dell’equidistanza è finito: l’informazione deve stare dalla parte della verità scientifica».
La petizione chiede tre misure concrete:
1. Linee guida vincolanti sull'informazione climatica, per evitare minimizzazioni e garantire l’uso di fonti scientifiche autorevoli;
2. Un Osservatorio nazionale indipendente contro la disinformazione climatica, che monitori e segnali i casi più gravi;
3. Uno spazio settimanale fisso nei Tg Rai dedicato alla crisi climatica, per informare i cittadini con continuità e chiarezza.
Per firmare la petizione: https://chng.it/MSLHVs6xtM