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Cresce l’import italiano di Gnl dagli Usa, da inizio anno sono arrivate 30 navi gasiere

A maggio inizierà a essere operativa anche la nave rigassificatrice BW Singapore, ormeggiata al largo di Ravenna
 |  Nuove energie

La nave rigassificatrice BW Singapore, ormeggiata a 8,5 chilometri al largo di Ravenna, ha concluso con successo e nel pieno rispetto dei tempi previsti le attività di commissioning propedeutiche all’avvio delle operazioni commerciali, come informa Snam, che l’ha acquistata nel 2022 per 367 milioni di euro.

Nel corso del mese di maggio avrà inizio l’attività di rigassificazione vera e propria, con la messa a disposizione della capacità tramite procedure di asta competitiva, per una capacità di rigassificazione annua massima di 5 miliardi di metri cubi.

«Con la sua entrata in esercizio – spiega Snam – la capacità di rigassificazione complessiva del Paese sale a 28 miliardi di metri cubi all’anno, volume uguale a quanto importato dalla Russia nel 2021 e pari al 45% della domanda nazionale di gas, che potrà così essere soddisfatta attraverso un vettore che garantisce ampia diversificazione delle rotte d’approvvigionamento».

Nel 2024 il gas naturale liquefatto (Gnl) ha contribuito a soddisfare un quarto della domanda italiana di gas, con 150 navi che da circa 10 Paesi diversi hanno raggiunto i quattro terminali di rigassificazione presenti sul territorio nazionale, che diventano cinque con l’entrata in esercizio di Ravenna.

Si tratta di una tendenza in rialzo: «Nei primi quattro mesi del 2025, infatti, sono già approdate in Italia circa 60 navi gasiere, di cui la metà proveniente dagli Usa – in crescita rispetto a circa un terzo dello scorso anno – dal Qatar e da diversi Paesi africani, per un volume complessivo di quasi 6 miliardi di metri cubi, pari a circa il 30% dei quantitativi di gas importati nel Paese».

Peccato che si tratti di una pessima notizia per l’Italia, sia sotto il profilo ambientale sia per quello economico. Solo l’anno scorso l’Italia ha speso 20,6 miliardi di euro per l’import di metano fossile (cui se ne aggiungono altri 21,2 per il petrolio), un elemento che incide in modo indiretto anche sulle bollette elettriche, in quanto nella stragrande maggioranza delle ore il prezzo lo fa ancora il gas, data la scarsità d’impianti rinnovabili (negli ultimi 4 anni l’extra-costo in bolletta per le famiglie italiane rispetto a Spagna e Portogallo, dove invece le rinnovabili corrono, arriva a 74 miliardi di euro).

In questo quadro, la strategia di aumentare la capacità di rigassificazione ha già fatto il suo tempo. Una contraddizione che risale al marzo 2022, quando l’allora ministro Cingolani dichiarava che i rigassificatori galleggianti «hanno il vantaggio che possono essere utilizzati finché servono e tolti in qualsiasi momento», informando di aver dato mandato ad acquistarne uno e noleggiarne un secondo. In realtà entrambi le navi rigassificatrici sono state acquistate (l’altra è quella oggi ormeggiata a Piombino, che non vuole più nessuno).

Il risultato è che l’Italia si sta legando mani e piedi ai combustibili fossili, limitando la possibilità di dare gambe alla transizione energetica attraverso le più economiche fonti rinnovabili. Una rotta confermata dalla presidente Meloni durante la sua ultima visita a Washington, dove ha promesso a Trump maggiori acquisti di gas fossile.

«La domanda di gas in Europa e in Italia si è ridotta del 18% negli ultimi 3 anni, passando da un totale annuo di circa 76 Mld mc nel 2021 a meno di 62 Mld mc nel 2024 – osservano nel merito dal think tank climatico Ecco – Il nostro studio “Stato del gas” mostra come l’infrastruttura esistente sia sufficiente a garantire la sicurezza delle forniture grazie ai flussi da Algeria, Azerbaigian, Libia, all’utilizzo della capacità di rigassificazione esistente e la produzione nazionale. Nuovi investimenti determinerebbero un ulteriore costo per un’infrastruttura in transizione. Gli effetti della penetrazione delle fonti rinnovabili nei mercati elettrici, altamente più competitive, dell’elettrificazione dei consumi civili, risparmi ed efficienza nelle abitazioni e calo della produzione industriale, fortemente dovuta al costo del gas, dipingono uno scenario di progressiva riduzione della domanda di gas nel mercato europeo, incrementando i costi infrastrutturali sui clienti finali».

Redazione Greenreport

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