L’eolico rovina il paesaggio? Provate con gas e petrolio. Trump usa lo stesso linguaggio dei Nimby contro le rinnovabili e impone all’Ue nuovi acquisti di combustibili fossili per 750 miliardi di dollari
L’Unione europea a guida Ursula von der Leyen ha perso la guerra commerciale con gli Usa di Donald Trump senza neanche provare a combatterla. Una débâcle ancora una volta figlia delle divisioni politiche interne agli Stati membri – col primo ministro francese Bayrou a parlare apertamente di sottomissione, mentre Meloni e Merz vedono in positivo “l’intesa” atlantica –, che rappresenta l’ennesima occasione mancata per una rinnovata leadership europea.
Al contrario, l’Ue ha mostrato di non avere voce davanti ai bulli, prestando il fianco a nuove estorsioni (non solo a stelle e strisce, anche il Qatar da cui importiamo enormi quantità di gas naturale liquefatto avanza adesso pretese).
«Fare accordi su energia (ovviamente fossile e nucleare), investimenti vari e armi con Trump significa – commenta nel merito l’ecologista ed europeista Monica Frassoni – togliere risorse e direzione a investimenti interni in particolare in green economy e sociale, priorità già politicamente controverse oggi. Ma è inutile accusare solo la Commissione Ue per la sua arrendevolezza agli interessi tedeschi; le divisioni interne e la conseguente incapacità di rispondere in modo unito e determinato, come hanno fatto Canada e Cina. È utile ricordare che Meloni (sempre affine a Trump politicamente e culturalmente) e Merz sono stati tra coloro che più si sono opposti a qualsiasi strumento robusto di risposta, che pure esiste».
Coi dazi, a perderci più di tutti sarà paradossalmente l’economia statunitense – le prime stime dell’Ispi mostrano -1,32% sul Pil degli Usa a fronte di 66-91 maggiori entrate fiscali, pagate al 90% dai consumatori statunitensi –, mentre per la media Ue il dato sul Pil si ferma a -0,21% e in Italia al -0,17%. Ma si allontanano al contempo i sogni di gloria sull’autonomia strategica per il Vecchio continente, che oltre ad accettare dazi commerciali al 15% su gran parte del proprio export verso gli Usa si impegna ad acquistare nuove armi e combustibili fossili dall’altra parte dell’Atlantico.
Quanti combustibili fossili? L'accordo raggiunto tra von der Leyen e Trump prevede che l'Ue importi beni energetici pari a 250 miliardi di dollari all'anno per tre anni dagli Stati Uniti, un flusso già oggi costituito principalmente da petrolio e gas naturale liquefatto (Gnl), che nel caso degli Usa ha peraltro un’impronta carbonica peggiore di quella del carbone.
L’asticella è stata posta talmente in alto che ci sono fondate perplessità sul fatto che possa essere raggiunta: come osserva Clyde Russell, editorialista della Reuters specializzato in materie prime ed energia, nel 2024 l’import in Ue dagli Usa di Gnl, petrolio greggio e carbone per usi metallurgici si è fermato a circa 64,55 mld di dollari (appena il 26% dei 250 annui previsti dall’accordo), mentre tutto l’export globale degli Usa per questi tre prodotti è valso 165,8 mld di dollari: in altre parole, non ci sarebbero abbastanza beni energetici da acquistare per soddisfare i termini dell’accordo, anche se l’Ue comprasse l’intero export energetico Usa. Il tutto mentre i consumi di Gnl in Ue sono stimati ulteriormente in calo del 7% al 2030 (e del 15% in Italia).
L’accordo sui beni energetici potrebbe dunque finire in una bolla di sapone, come del resto già successo con l’analogo firmato nel dicembre 2019 tra Trump e la Cina, ma marca un indirizzo politico molto chiaro: Trump vuole fermare il Green deal per salvaguardare gli interessi dell’industria fossile statunitense, e non a caso appena atterrato su suolo europeo – in Scozia – ha invitato l’Ue a «smettere di costruire pale eoliche» dato che «rovinano la bellezza dei vostri Paesi».
È lo stesso linguaggio usato dagli amministratori colpiti da sindromi Nimto (non nel mio mandato elettorale) e dai comitati Nimby (non nel mio giardino) che frenano sulle rinnovabili, come accade ad esempio sui crinali del Mugello (qui la risposta della coalizione Tess al nostro ultimo articolo sul “paesaggio fossile”, in merito a un parco eolico che permetterà di evitare l’emissione di CO2 equiparabile a quella assorbita da circa 1.300.000 alberi). Vale appena la pena ricordare che solo nell’ultimo anno le rinnovabili, a livello globale, hanno permesso di evitare l’uso di combustibili fossili per 467 miliardi di dollari: non resta dunque cosa scegliere, al paesaggio fanno più danni pale e pannelli o gas e petrolio, col loro carico di crisi climatica che si portano dietro?