Il Governo punta sul nucleare, ma frena gli impianti eolici offshore
Al Meeting di Rimini il ministro Pichetto ha ribadito la sua posizione sulla transizione energetica, per la quale non bastano le rinnovabili a traguardarla: servirebbe il “nuovo nucleare”, sebbene lo stesso Governo pensi che sia impossibile vedere le prime installazioni sperimentali prima di un decennio. Eppure sulle rinnovabili si continua a frenare.
Un caso-scuola è quello dei progetti eolici offshore presentati in Italia, la maggior parte ancora in fase di valutazione da parte di un’apposita Commissione, creata ad hoc per facilitare le procedure di valutazione ambientali per gli impianti destinati alla transizione energetica.
Si è consapevoli che un impianto eolico off-shore produrrebbe mediamente una quantità di energia superiore alle centrali nucleari attualmente in funzione in Europa? È chiaro a tutti che gli impianti eolici offshore produrrebbero, qualora realizzati, un enorme quantitativo di elettricità tale da rendere non necessarie le realizzazioni di centrali nucleari che, al di là dei costi, richiedono tempi molto lunghi per essere realizzate?
Siamo capaci di traguardare oltre la cintura alpina e renderci conto di quello che già da un ventennio accade nel Mare del Nord e nel Baltico riguardo la produzione di energia proveniente dall’eolico offshore? L’esperienza danese, norvegese, inglese, etc. non ci hanno insegnato nulla?
Eppure è in ritardo il rilascio delle autorizzazioni per iniziare a realizzare i campi eolici offshore, quelli che hanno già superato le procedure per l’ottenimento della Via (positiva, per 5 parchi eolici in progetto) e che continuano a marciare al passo in attesa di ricevere la cosiddetta Autorizzazione unica, che è come l’Araba Fenice: nessuna sa dove si trovi né come e quando verrà concluso il primo rilascio.
Parliamo oramai di anni di attesa, e nessuno può sapere quanto ancora gli investitori stranieri – parliamo di grandezze che si misurano in miliardi di euro – rimarranno in paziente attesa o abbandoneranno i mari italiani per rivolgere lo sguardo verso altri Paesi mediterranei che hanno ben chiaro come fare e cosa realizzare per lo sviluppo dell’eolico offshore.
Da chi ha responsabilità così gravi e vincolanti per le future generazioni, è lecito aspettarsi riflessioni più serie e veritiere, capaci di mettere l’Italia nelle migliori condizioni per realizzare la propria transizione energetica nei modi e nei tempi compatibili con lo sviluppo del settore. Tutto il resto è aria fritta.