
Nuovi arresti tra i grattacieli di Milano, sotto accusa «l’incontrollata espansione edilizia»

A marzo è finito agli arresti domiciliari l’ex direttore dello Sportello unico edilizia del Comune di Miano ed ex componente della Commissione paesaggio, Giovanni Oggioni, mentre oggi – in un filone parallelo dell’inchiesta sul provvedimento “Salva Milano”, già bloccato al Senato – la Procura milanese ha chiesto sei nuovi arresti, mettendo sotto accusa la gestione urbanistica della città.
Secondo il procuratore capo Marcello Viola «il fenomeno indagato, legato ad alcuni profili di incontrollata espansione edilizia, ha assunto dimensioni di rilievo notevolissimo». Gli interrogatori preventivi sono già in agenda per il 23 luglio, quando il gip sarà chiamato a esprimersi sui provvedimenti chiesti dalla Procura, con le accuse che spaziano dalla corruzione al falso: tra gli interessati dalle richieste di custodia cautelare, spiccano i nomi dell’assessore del Comune di Milano Giancarlo Tancredi, dell’imprenditore Manfredi Catella, fondatore e ceo del gruppo Coima, e dell’imprenditore della società immobiliare Bluestone, Andrea Bezziccheri. E tra gli indagati risulta anche l'archistar Stefano Boeri.
Tutte le accuse restano ancora da chiarire in sede giudiziaria, ma è ormai lampante che l’urbanistica milanese è in piena crisi. La capitale economica italiana soffre di «incontrollata espansione edilizia» eppure i costi dell’abitare sono sempre più fuori portata per i cittadini, simbolo di un Paese dove sono stati 39.000 gli sfratti emessi solo nel 2023, prevalentemente per morosità.
Come già spiegato su queste colonne da Rossella Muroni, presidente nazionale dell’associazione Nuove Ri-Generazioni e già presidente di Legambiente, il punto di partenza di ogni riflessione sulla casa nel 2025 «deve necessariamente tener conto che non è più possibile ragionarne come spazio a sé, ma come spazio inserito nei luoghi, nei territori, nelle aree urbane all’interno di un processo di rigenerazione sociale oltre che edilizia. Il recupero della città pubblica deve guidare i processi di rigenerazione urbana, attraverso interventi regionali e comunali per la riqualificazione della periferia e la messa in sicurezza del territorio dai rischi del cambiamento climatico con l’obiettivo di generare lavoro, reddito ‘buono’ e inclusione sociale. Nell’ultimo anno è nato il Social Forum dell’Abitare, un network di associazioni e movimenti che propone tra le altre cose un programma di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio pubblico e degli insediamenti di edilizia popolare, favorendo la coesione e l’integrazione funzionale dello spazio abitabile per evitare l’insorgenza dei fenomeni di esclusione e ghettizzazione; un piano pluriennale per l’efficientamento energetico che coinvolge abitanti e risorse locali con programmi di formazione professionale nei profili dell’energia rinnovabile e dell’edilizia ecosostenibile».
Il miglior esempio che potremmo seguire è appena al di là dal confine italiano, nella capitale austriaca. A Vienna oltre il 40% degli alloggi è costituito da case popolari, e la maggior parte degli abitanti vive in uno di questi 400mila appartamenti. Come documenta una nuova ricerca del Climate & Community Institute, il sistema di edilizia sociale verde comunale di Vienna è un esempio di come, anche nel contesto di un Governo nazionale conservatore, regioni e città possano ancora intraprendere azioni coraggiose per affrontare insieme la crisi abitativa e quella climatica.
«Grazie all'edilizia popolare e al diffuso controllo degli affitti – spiegano i ricercatori – i costi degli alloggi sono bassi per tutti gli 1,6 milioni di inquilini di Vienna. Nel 2023, l'affitto medio al metro quadro a Vienna era di 10,5 euro, mentre gli affitti nella zona interna di Londra erano oltre tre volte superiori. Nessuna grande città dell'Europa occidentale ha affitti più bassi».
Vienna ha infatti costruito alloggi popolari in ogni quartiere e regolamenta gli affitti in tutta la città, favorendo la nascita di comunità coese e integrate, ben servite dai trasporti pubblici e ricche di parchi e infrastrutture ricreative: «L'edilizia popolare della città è il fulcro di un regime di pianificazione urbana progressista che ha posto l'accento sulla sostenibilità, l'equità di genere, la mobilità a basse emissioni di carbonio e altri beni pubblici».
Si tratta di un caso scuola, che dimostra come la proprietà e la regolamentazione pubbliche, una pubblica amministrazione forte e un solido settore dell'edilizia sociale possano accelerare l'azione per il clima. Peccato che il Governo si stia muovendo in direzione contraria, distinguendosi anzi per l’aperta ostilità alla direttiva europea sulle Case verdi, che impone di riqualificare entro il 2035 da 2,6 a 3,7 milioni di case italiane.
Finita l’epoca del Superbonus, sull’efficientamento energetico delle case regna ancora oggi incertezza in merito alle nuove modalità di sostegno che il Governo vorrà (e dovrà) mettere in campo per aiutare i cittadini: si tratta di un impegno non da poco, perché il Politecnico di Milano stima serviranno 180 miliardi di euro per adeguarsi alla nuova direttiva.
Si tratta di risorse significative, ma che permetterebbero di tagliare in modo altrettanto incisivo le bollette dei cittadini, in una fase storica in cui la spesa delle famiglie per i consumi elettrici e termici degli edifici è aumentata del 31% dal 2015 a oggi, raggiungendo un valore di 54,2 miliardi di euro l’anno.
