L’auto elettrica non si ferma: da Byd 15 milioni di veicoli, concessionarie in Europa verso il raddoppio
La più arrembante tra le case automobilistiche cinesi, quella Byd che è già oggi uno dei brand più riconoscibili nel crescente mercato dell’auto elettrica, ha appena sfornato il suo veicolo “a nuova energia” – inserendo nel computo i modelli 100% elettrici e i super hybrid, di fatto degli ibridi plug-in – numero 15.000.000.
«Introdurre il maggior numero possibile di consumatori ai vantaggi in termini di prestazioni, efficienza e costi di gestione di queste motorizzazioni rappresenta un elemento centrale dell’obiettivo globale di Byd: contribuire a ridurre la temperatura del pianeta di un grado», spiegano dalla casa automobilistica.
Il veicolo numero 15 milioni è uscito da una linea di produzione dello stabilimento di Jinan, in Cina. Byd ha realizzato il suo primo veicolo a “nuova energia” nel 2008, con il primo ibrido plug-in prodotto in serie al mondo; sono stati necessari 13 anni per raggiungere il primo milione di veicoli prodotti, mentre per passare da 10 a 15 milioni di veicoli sono bastati soli 13 mesi.
Una corsa che non accenna a rallentare, dato che nei primi 11 mesi del 2025 la produzione totale di Byd ha raggiunto 4,182 milioni di veicoli, con un aumento dell’11,3% su base annua, e sono già previsti piani per raddoppiare il numero di concessionarie in Europa – dalle mille attuali – entro la fine del 2026; sempre per il prossimo anno è atteso l’arrivo in Ue della ricarica Flash Charging a megawatt, che consente tempi di ricarica «paragonabili a quelli del rifornimento di carburante».
Una simile scalata di mercato è stata resa possibile dal sostegno messo in campo dallo Stato cinese, con lungimiranti investimenti di politica industriale, e altrettanti investimenti da parte della casa madre: nei primi tre trimestri del 2025, Byd ha investito 43,75 miliardi di Rmb (5,3 miliardi di euro) in R&D, con un incremento del 31% rispetto all’anno precedente, portando l’investimento cumulativo complessivo a oltre 220 miliardi di Rmb (26,65 miliardi di euro).
Al contrario, l’Ue ha appena innestato la marcia indietro sull’auto elettrica, abbassando dal -100% al -90% l’obiettivo di decarbonizzazione delle nuove auto immatricolate a partire dal 2035. Si tratta purtroppo di una scelta che rischia di essere suicida, guidata dalla pressione dell’Italia e della Germania.
In corso d’anno, nel periodo gennaio-ottobre, la quota di mercato assorbita dalle auto elettriche di nuova immatricolazione in Italia è inchiodata al 5,2%, il dato peggiore tra i maggiori mercati europei. Ma restringere il paragone al Vecchio continente sarebbe riduttivo: basti osservare che 39 Paesi hanno raggiunto una quota di vendite di veicoli elettrici superiore al 10% nel 2025, un terzo dei quali al di fuori dell'Europa. In altre parole, come emerge dall’ultima analisi del think tank Ember – che ha preso in esame 60 Paesi che rappresentano oltre il 97% delle vendite globali di veicoli elettrici – tra gennaio e ottobre oltre il 25% delle auto nuove vendute è elettrico, tallonando il dato Ue (26%).
In Cina oltre metà delle auto vendute è elettrica; in Vietnam, quasi il 40%, soprattutto veicoli a batteria prodotti dal produttore locale VinFast, mentre nel 2021 il dato era praticamente inesistente (0,05%); in Uruguay il 27%; in Thailandia oltre il 20%; in Indonesia il 15%. Di più: l'Etiopia ha vietato l'importazione di veicoli con motore a combustione interna (Ice) dal 2024, e i dati ufficiali indicano che la quota di vendite di veicoli elettrici è salita al 60% quell'anno. In Nepal, i veicoli elettrici hanno rappresentato il 76% delle vendite di auto nuove nel 2024.
«Si tratta di una svolta fondamentale – spiega Euan Graham, analista Ember – Nel 2025, il baricentro si è spostato. I mercati emergenti non stanno più recuperando terreno, ma stanno guidando il passaggio alla mobilità elettrica. Questi Paesi riconoscono i vantaggi strategici dei veicoli elettrici, dall'aria più pulita alla riduzione delle importazioni di combustibili fossili. L'ipotesi che la crescita dei veicoli elettrici si arresterà al di fuori di Europa e Cina è già superata. I mercati emergenti definiranno il futuro del mercato automobilistico globale. Le scelte fatte ora in materia di infrastrutture di ricarica e di supporto tempestivo determineranno la velocità con cui questo slancio proseguirà».
Infatti, per alcuni Paesi virare sui veicoli elettrici offre la possibilità di attrarre investimenti in nuovi settori e creare posti di lavoro. La Turchia ad esempio ha introdotto tagli fiscali per i nuovi veicoli elettrici e si è impegnata ad attrarre investimenti esteri nella produzione di veicoli elettrici, tra cui un nuovo stabilimento produttivo Byd . In altri Paesi, l’attenzione è incentrata sull'opportunità di ridurre le importazioni di combustibili fossili e migliorare la qualità dell'aria, entrambi temi che sarebbero di primario interesse per l’Italia, dato che nell’ultimo anno contiamo oltre 43mila morti per inquinamento atmosferico e import di petrolio da 23 miliardi di euro.
Grazie ai loro elevati livelli di efficienza, i veicoli elettrici rappresentano un potente strumento per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili: mentre i veicoli a combustione interna sprecano circa l'80% dell'energia contenuta nel carburante, i veicoli elettrici utilizzano quasi l'80% dell'elettricità che consumano.
«La realtà è che la crisi dell’auto non ha nulla a che fare col 2035 – spiega Andrea Boraschi, direttore T&E Italia – Le vendite di auto in Europa sono calate di tre milioni, rispetto al 2019, perché le case automobilistiche hanno privilegiato margini di profitto più alti a scapito dei volumi. Tra il 2018 e il 2024 il prezzo medio di un’auto di massa è salito del 40%, passando da 22.000 a 30.700 euro. E sono stati anni in cui molti produttori hanno registrato profitti record. L’industria automobilistica europea si è resa conto tardi di essere indietro rispetto alla Cina. Ma ogni esitazione, oggi, è un vantaggio ulteriore per Pechino, che non rallenterà la corsa verso l’elettrico solo perché noi prolunghiamo la vita dei motori endotermici. Mentre i consumatori europei, nel frattempo, smetteranno di acquistare una tecnologia di qualità inferiore e già oggi, in molti Paesi, più costosa. Se l’Ue fa marcia indietro ora, rischia di perdere il più grande cambiamento industriale di questa generazione, abbandonando l’ambizione di padroneggiare una delle tecnologie più importanti del XXI secolo e i vantaggi industriali, economici e sociali che ne derivano».