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Il costo dell’immobilismo: l’Italia importa gas e petrolio per 46 miliardi di euro l’anno

Ancora oggi è il petrolio a soddisfare la maggior parte (37%) della domanda di energia nazionale, tallonato dal gas fossile (36,5%), con le rinnovabili al 21,5%
 |  Nuove energie

L’associazione confindustriale Unem - Unione energie per la mobilità (ex Unione petrolifera) ha presentato ieri il “preconsuntivo 2025 energia e mobilità”, un utile bollettino annuale che aiuta a inquadrare almeno parte dei costi economici che una transizione ecologica al rallentatore impone al sistema Paese, ancora incardinato alla dipendenza dai combustibili fossili – peraltro in larghissima parte importati, date le scarse riserve nazionali.

Per l’anno in corso la “fattura energetica” che grava sull’Italia è stimata dall’Unem in 53,5 miliardi di euro, di cui 23 per gli acquisti di petrolio e 23,1 per quelli di gas fossile; un dato in linea con quello di un decennio fa, anche se con ampie oscillazioni annuali data la volatilità dei mercati quanto della geopolitica (solo dal 2022 al 2024 sono stati sborsati 230 miliardi di euro).

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Anche tralasciando le enormi esternalità negative legate all’impiego dei combustibili fossili, a confronto impallidiscono gli incentivi destinati alle fonti rinnovabili, che nel 2024 sono costati 8,9 mld di euro, peraltro in larghissima prevalenza derivanti dagli incentivi Conti energia di un decennio fa; incentivi che hanno permesso di guadagnare autonomia energetica e abbattere i costi di mercato – al contrario della spesa dovuta ai combustibili fossili –, tant’è che i nuovi “incentivi” alle rinnovabili con Cfd a due vie hanno addirittura generato, per adesso, un ricavo per la collettività essendo il prezzo spot dell’elettricità sul mercato all’ingrosso molto spesso superiore allo strike price del Cfd. Basti osservare quelli appena definiti dal decreto Fer X sulle fonti rinnovabili, che prevedono un prezzo medio da 72,851 €/MWh per l’eolico e 56,825 €/MWh per il fotovoltaico, quando il prezzo nazionale all’ingrosso dell’elettricità (Pun Index Gme) veleggia a 111,04 €/MWh. Imprese e famiglie con le rinnovabili risparmiano, ma il Governo Meloni le rallenta per via normativa e preferisce la propaganda sul nucleare.

Come risultato, a livello macro nel 2025 la domanda di energia italiana stimata da Unem è sostanzialmente stabile a 142,1 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), col petrolio a spiccare come prima fonte energetica (52,6 Mtep, 37%), tallonato dal gas fossile (51,9 Mtep, 36,5%) e seguito in terza posizione dalle rinnovabili (30,5 Mtep, 21,5%), mentre resta a lunghissima distanza il carbone (3,1 Mtep, 2,2%). Il Governo ha comunque deciso di mantenere in vita il più inquinante e climalterante dei combustibili fossili: «Il carbone dalla fine dell’anno non potrà più essere impiegato per la produzione di energia elettrica, anche se le centrali dovranno comunque essere pronte ad entrare in funzione in caso di necessità almeno fino al 2038», ricorda l’Unem. Anche in questo caso, i costi pesano sulla collettività.

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Tra i paradossi fossili del Paese, spicca per urgenza quello dei trasporti. Oggi è questo il settore più climalterante del Paese col 28% delle emissioni nazionali, peraltro in crescita del 7% dal 1990, e il 92,6% di queste emissioni è legato al trasporto stradale. Lo stesso vale per larga parte della fattura energetica, dato che guardando ai consumi petroliferi i soli prodotti per la mobilità (benzina, gasolio e gpl auto) «rappresentano il 66% delle vendite totali».

La transizione all’auto elettrica sarebbe l’opportunità per liberarsi da questo giogo, ma è osteggiata più dal Governo che dalle stesse case automobilistiche; come ribadito più volte dall’Unrae, infatti, «attribuire la crisi del settore auto al Green deal è una narrazione fuorviante» e «non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi». Tra i motivi ci sono piuttosto il rischio di povertà ed esclusione sociale nel Paese (che riguarda oggi 13,5 milioni di persone) mentre il costo delle auto continua a crescere: il dato medio è oltre 30mila euro, in altre parole il prezzo medio di un’auto è aumentato del 58% dal 2011 al 2023, mentre il potere d’acquisto delle famiglie è calato al contempo del 3%.

Suv e crossover «coprono il 58% delle nuove immatricolazioni», conferma adesso l’Unem, ovvero le auto nuove sono sempre più grandi e consumano sempre di più. Quali auto? Nel 2024 il parco nazionale (37,1 milioni di autovetture) è composto per il 42% da veicoli diesel, 39,4% benzina, 8,3% ibride, 7,2% Gpl, 2,3% metano. L’elettrico è fermo allo 0,8%, ma per il ministro Salvini & co la crisi della filiera è colpa del Green deal, mica la lotta alle disuguaglianze e l'assenza di politica industriale, che su pressione italo-tedesca sta ormai contagiando anche il resto dell'Ue.

parco auto circolante 2024

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.