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Economia circolare, non c’è più una deadline per declinare il Piano toscano nei tre piani d’Ambito

Scaduti i 180 giorni, la Giunta regionale chiede di predisporli «nei tempi più brevi possibili» riservandosi l’avvio dei poteri sostitutivi in caso d’inerzia
 |  Toscana

Con delibera 1168 (in allegato a coda dell’articolo, ndr) la Giunta della Regione Toscana ha approvato nei giorni scorsi, a voti unanimi, una rimodulazione dei termini per l’adozione dei piani d’ambito delle Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

La delibera prende atto delle criticità manifestate dalle Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani (Ato) con riferimento al rispetto delle tempistiche per l’adozione dei piani di ambito, e dà mandato agli uffici regionali di «adoperarsi al fine di monitorare e agevolare, mettendo in atto tutte le iniziative di competenza, il completamento delle attività di predisposizione e adozione dei piani d’ambito» da parte dei tre Ato toscani «nei tempi più brevi possibili, richiedendo appositi report periodici sullo stato di avanzamento delle relative attività». Infine, in caso d’inerzia da parte degli Ato, la Giunta si riserva «l'avvio delle procedure per l’esercizio dei poteri sostitutivi».

Salta dunque all’occhio il fatto che non c’è più una deadline per declinare a livello territoriale il Piano regionale di gestione dei rifiuti (ribattezzato in Toscana Piano per l’economia circolare - Prec) approvato dal Consiglio regionale lo scorso gennaio e che entro 180 giorni – ormai scaduti – dalla pubblicazione sul Burt avrebbe dovuto veder nascere i tre piani per i vari ambiti (Costa, Centro, Sud) in cui è divisa la gestione toscana dei rifiuti urbani. Adesso si afferma solo che tali piani dovranno essere predisposti «nei tempi più brevi possibili».

«Non si può che ritenere positivo l'atto assunto dalla Giunta regionale che, pur non stabilendo un nuovo termine, concede comunque un arco temporale più ampio per l'adozione del Piano», commenta il direttore generale dell’Ato Toscana Costa, Michele Pinotti, interpellato nel merito da greenreport.

Da alcuni anni lo strumento “Piano regionale” ha visto cambiare la sua fisionomia e utilità, passando da un approccio decisionale e dirigistico (in collegamento con gli allora Piani provinciali che localizzavano gli impianti), ad una impostazione di indirizzo e strategia generale, stima dei fabbisogni ed indicazioni degli obiettivi, senza localizzare nuovi impianti. Il compito spetta adesso ai tre Ato, cui era però inizialmente richiesto di trovare una quadra nell’arco di sei mesi, a fronte di un inter per arrivare a definire il Prec durato quasi un’intera legislatura.

Un compito evidentemente improbo, anche perché l’Ato Sud si trova da anni in una condizione di sostanziale autosufficienza per la gestione dei rifiuti urbani grazie a una solida dotazione impiantistica di prossimità, mentre l’area costiera – dopo lo spegnimento del termovalorizzatore livornese, e in attesa che si concluda l’iter autorizzativo e poi quello realizzativo dell’ossicombustore in progetto a Peccioli – non ha più alcun impianto attivo per il recupero di energia dai rifiuti secchi non riciclabili meccanicamente, e la Toscana centrale vive un problema simile, con la differenza che in questo caso non c’è al momento un’idea progettuale in stato avanzato per poterlo (in prospettiva) risolvere.

Ciò non toglie che siano stati già compiuti importanti passi avanti dall’approvazione del Prec, a partire dal fatto che è stata nel mentre confermata la corrispondenza del Piano ai dettami europei – la Commissione Ue non ha fatto pervenire osservazioni –, ma la declinazione del Prec nei vari piani d’Ambito resta fondamentale per dare gambe a quello che è il nuovo quadro di riferimento toscano del settore.

È utile ricordare che il Prec si concentra prevalentemente sulla gestione dei rifiuti urbani – gli speciali sono il quintuplo ma, come noto, per legge ricadono all’interno delle dinamiche di mercato –, ma puntando comunque a “la “teorica” autosufficienza regionale di trattamento dei rifiuti, ovverosia il conseguimento di condizioni che consentano il rispetto del principio di prossimità, annullando pertanto le quote di rifiuto esportato” per quanto riguarda gli speciali, oltre a perseguire il criterio di “tendenziale autosufficienza a livello di Ato per la gestione dei rifiuti urbani”.

La differenza tra la presenza o meno di nuovi impianti è resa plasticamente dalla distanza tra scenario inerziale (senza l’introduzione di specifiche nuove azioni) e programmatico. Nell’anno a regime del piano (2028), lo scenario programmatico propone raccolta differenziata al 75% (contro il 65% dello scenario inerziale), riciclo dei rifiuti urbani al 65% (contro 44%) che sale al 71% nel 2035 (vs 48%), smaltimento in discarica per gli urbani inferiore all’1% (vs 36%). Ampliando le osservazioni anche ai rifiuti speciali, spicca il dato sul fabbisogno agli smaltimenti in discarica per il periodo 2022-2028: 8,30 mln ton (tra urbani e speciali) nello scenario programmatico contro i 10,78 di quello inerziale.

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Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.