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Clima, 487 italiani morti di caldo in dieci giorni non fanno notizia. Stiamo perdendo la guerra alle emissioni e non ce ne accorgiamo nemmeno

 |  Editoriale

In questi giorni l’afa più torrida ha concesso una tregua all’Italia, ma ha lasciato molte vittime sul terreno. I più fragili, anziani, ma anche morti in cantiere stroncati dal caldo, con la lama della disuguaglianza che affonda con più forza tra le famiglie che non possono permettersi l’aria condizionata a casa. Un nuovo studio predittivo dell'Imperial College London e della London School of Hygiene & Tropical Medicine stima che in dieci giorni – dal 23 giugno al 2 luglio – ci siano stati 1.500 morti in eccesso in 12 città europee per l’aumento delle temperature.

Di questi, ne sono stati stimati quasi 500 solo tra Milano (317),  Roma (164) e Sassari (6): 487 morti per la crisi climatica, a causa della guerra che stiamo perdendo – solo per scarsa volontà politica nel combatterla – contro le emissioni di gas serra provocate dall’uso dei combustibili fossili, dal gas metano alla benzina. È utile ricordare che lo studio in oggetto non ha impiegato dati consolidati viste le tempistiche molto rapide con cui è stato pubblicato, ed è dunque soggetto a possibili errori, ma il trend della mortalità da ondate di calore è purtroppo chiaro: la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) stima che 50mila persone muoiano ogni anno per ondate di calore in 35 Paesi della regione europea, arrivando a quota 175mila se si considerano 53 Stati che vanno dall’Islanda alla Russia.

«Il cambiamento climatico uccide. Sta intensificando le ondate di calore e sta spingendo le persone vulnerabili al limite», spiega il ricercatore Garyfallos Konstantinoudis, dell’Imperial College London. Eppure l’Italia come anche l’Europa è sempre più tesa verso il riarmo nazionale, tant’è che è in ipotesi pure l’impiego dei fondi Pnrr inutilizzati per alimentare spese in difesa – nonostante la prima priorità in tema di sicurezza dovrebbe restare il coordinamento tra le risorse già in dote alle forze armate dei vari Stati membri –, mentre stiamo platealmente perdendo la battaglia che miete più vittime: quella contro la crisi climatica in corso.

Secondo un recente studio del Cmcc, in Italia solo l’1% dei poveri ha accesso all’aria condizionata, e in uno scenario di intenso riscaldamento globale, già nel 2050 ben 462mila famiglie italiane – per quasi la metà in Sicilia – rischiano di scendere sotto la soglia della povertà energetica legata alla spesa elettrica per il raffrescamento (una famiglia è considerata in condizioni di povertà energetica se la spesa energetica per il riscaldamento e il raffrescamento supera il 10% del proprio reddito o della propria spesa totale). 

I risultati di un recente sondaggio Eurobarometro condotto per conto della Commissione Ue mostrano che per oltre la metà (51%) dei cittadini europei che abita in città la “mancanza di alloggi a prezzi accessibili” è il problema più grave e urgente da affrontare, ancora prima della disoccupazione (33%), della carenza di servizi pubblici di qualità (32%) e della povertà (32%).

Quasi nove intervistati su dieci (88%) pensano che la loro città potrebbe trarre vantaggio dalla ristrutturazione degli alloggi esistenti per ridurre le bollette energetiche, costruendo nuovi alloggi a prezzi accessibili (83%) e controllando i prezzi degli affitti (82%).

La scarsa accessibilità delle case è un problema sempre più pressante anche nelle principali città italiane, a partire da quelle del centronord – Milano, Bologna, Firenze sono casi ormai paradigmatici –, su cui però il Governo non sta mettendo in campo alcuna azione significativa. Si distingue, anzi, per l’aperta ostilità alla direttiva europea sulle Case verdi, che impone di riqualificare entro il 2035 da 2,6 a 3,7 milioni di case italiane. Finita l’epoca del Superbonus, sull’efficientamento energetico delle case regna ancora oggi incertezza in merito alle nuove modalità di sostegno che il Governo vorrà (e dovrà) mettere in campo per aiutare i cittadini: si tratta di un impegno non da poco, perché il Politecnico di Milano stima serviranno 180 miliardi di euro per adeguarsi alla nuova direttiva.   

Si tratta di risorse significative, ma che permetterebbero di tagliare in modo altrettanto incisivo le bollette dei cittadini, in una fase storica in cui la spesa delle famiglie per i consumi elettrici e termici degli edifici è aumentata del 31% dal 2015 a oggi, raggiungendo un valore di 54,2 miliardi di euro l’anno.

Ma di tutto questo le istituzioni nazionali hanno smesso di occuparsi. I 487 morti per caldo meriterebbero altro: una sessione straordinaria del Parlamento per capire come affrontare il problema, un’attenzione mediatica in grado di mantenere alta la pressione sulla politica. Rischiano invece di restare solo gocce in un mare di dolore.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.