Sì dell’Europarlamento a risoluzione sul futuro della politica agricola Ue, critiche le sigle green
È una semplificazione, dicono da Strasburgo. È deregolamentazione, denunciano le associazioni ambientaliste. Anche sulla futura politica agricola dell’Ue si sta aprendo una frattura, tra i vertici comunitari e la galassia green. È già successo nei mesi scorsi con il cosiddetto pacchetto Omnibus e in particolare con le modifiche sulla rendicontazione e la sostenibilità ambientale delle aziende, è successo di fronte alle frenate e al depotenziamento per le norme contro la deforestazione, ai rinvii dei limiti alle emissioni per le nuove auto, alla cancellazione delle norme anti-greenwashing, e altro ancora. Tanto che un paio di giorni fa, alla vigilia del discorso sullo stato dell’Unione da parte di Ursula von der Leyen, ben 470 associazioni ambientaliste hanno diramato un appello congiunto invitando i vertici dell’Ue a smetterla di chiamare «semplificazione» quella che in verità è una vera e propria «ondata di deregulation» e una «corsa al ribasso» che mina le fondamenta stesse del progetto europeo. Ma l’appello a non smontare ulteriormente le politiche comunitarie alla base del Green deal europeo è caduto nel vuoto.
Ieri il Parlamento europeo ha approvato un dispositivo sul futuro della Politica agricola comune (Pac) che, denuncia la rete di sigle ambientaliste European environmental bureau, denota la «volontà di spingere per un’ulteriore deregolamentazione e continuare a sostenere un sistema di pagamento profondamente ingiusto che non contribuisce positivamente a migliorare la resilienza delle aziende agricole di fronte alla triplice crisi climatica, naturale e da inquinamento».
Come viene spiegato da Strasburgo con una nota, la proposta che è stata approvata per gli anni post-2027 «sostiene che i finanziamenti della Pac non devono essere integrati con altri settori di finanziamento né inseriti in un quadro finanziario più ampio che può utilizzato dagli Stati membri per scopi diversi dall’agricoltura». Inoltre, «i deputati chiedono che il sostegno diretto al reddito venga erogato a tutti gli agricoltori attivi e professionali sulla base della superficie agricola coltivata. Affermano anche che lo sviluppo rurale va sostenuto indipendentemente dalle politiche di coesione».
Ma del documento approvato ieri a Strasburgo è soprattutto la parte sulla «semplificazione» a risultare indigesta alle associazioni che si battono contro la crisi climatica. Nella risoluzione adottata, spiegano del resto sempre da Strasburgo, i deputati affermano che la riduzione degli oneri amministrativi per gli agricoltori deve essere uno dei principi guida della futura Pac e sostengono un sistema basato su incentivi per incoraggiare il raggiungimento di obiettivi ambientali e sociali, mentre i regimi ecologici devono rimanere volontari e accompagnati da remunerazione. Si chiede anche di prendere in considerazione le pratiche agricole esistenti quando gli agricoltori devono rispettare requisiti per mantenere i terreni in buone condizioni agricole e ambientali.
Questa «semplificazione», denuncia l’European environmental bureau, comporta in verità una vera e propria deregolamentazione. È vero che la risoluzione non ha valore legislativo, sottolinea la più grande rete di ong ambientaliste d’Europa. Ma la preoccupazione è data dal fatto che l’Europarlamento ha dato disponibilità a «mantenere un sistema iniquo di sovvenzioni incentrato sul sostegno diretto al reddito e a consentire il continuo indebolimento delle misure di salvaguardia ambientale». Inoltre, denuncia l’Eeb, sebbene il Parlamento non sia riuscito a chiedere che un bilancio significativo fosse destinato al clima e all’ambiente, ha comunque riconosciuto la necessità di finanziamenti sostanziali dedicati alle misure di incentivazione ambientale e la necessità di condizioni di parità per quanto riguarda la condizionalità ambientale. Due aspetti che la proposta della Commissione europea sulla Pac non affronta.
Spiega Théo Paquet, responsabile senior delle politiche agricole presso l'Eeb: «In qualità di rappresentanti del popolo, il Parlamento europeo dovrebbe proteggere dai pericoli della deregolamentazione e da un sistema di pagamenti profondamente ingiusto. Non richiedendo un bilancio dedicato e consistente per sostenere gli agricoltori nella transizione verso sistemi più sostenibili e resilienti, non è riuscito a proteggere il nostro sistema agroalimentare dalle minacce molto concrete rappresentate dalla crisi ambientale, dall'inquinamento e dal cambiamento climatico».
I punti più critici della risoluzione approvata ieri a Strasburgo, sottolinea l’Eeb, sono soprattutto tre. Il primo: il Parlamento continua a sostenere i pagamenti diretti basati sulla superficie, un sistema ingiusto che ha portato l'80% dei fondi della Pac a finire solo al 20% delle aziende agricole (quelle più grandi) invece che agli agricoltori che ne hanno più bisogno, come concordato nella relazione di consenso che conclude il “Dialogo strategico sul futuro dell'agricoltura dell'Ue” del 2024. Ciò – denuncia l’Eeb – è in netto contrasto con la proposta della Commissione di limitare e ridurre gradualmente il sostegno al reddito basato sulla superficie, che, pur essendo solo un primo passo, va nella giusta direzione.
La seconda nota dolente messa in luce dalla rete di associazioni ambientaliste riguarda il fatto che il Parlamento europeo non ha chiesto finanziamenti vincolati a sostegno della transizione verde, nonostante il riconoscimento degli impatti della crisi climatica sul settore da parte sia del Parlamento che della Commissione: senza finanziamenti dedicati, le poche misure ambientali rimaste nella Pac non sono altro che promesse vuote.
Terzo preoccupante aspetto di quanto deciso a Strasburgo e la mancata promozione dell'estensivazione del settore zootecnico, che apporterebbe molteplici benefici, tra cui la riduzione dell'inquinamento e standard più elevati di benessere degli animali, o di misure a sostegno della riduzione del numero complessivo di animali allevati, poiché gli attuali numeri stanno superando i limiti planetari e rendono l'Ue fortemente dipendente dalle importazioni di proteine. Anche in questo caso – nota l’Eeb – ciò contrasta con la proposta della Commissione, che propone diversi strumenti positivi. Purtroppo, però, senza finanziamenti specifici questi strumenti avranno un impatto limitato.