Skip to main content

Per Adolfo Urso il Green deal è un «dazio» sull’automotive, ma non ci credono neanche le case automobilistiche

Il ministro del made in Italy prova a minimizzare il colpo dei dazi imposti dall’alleato sovranista Donald Trump, senza offrire soluzioni
 |  Green economy

In un’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, il ministro delle Imprese e del made in Italy  Adolfo Urso commenta l’accordo sui dazi commerciali, confermato la scorsa settimana tra la Commissione Ue e l’Amministrazione Usa guidata da Donald Trump. Un accordo interamente schiacciato sulle esigenze trumpiane e accolto con moderato ottimismo da parte del Governo Meloni, in omaggio alla storica vicinanza che lega l’esecutivo italiano con l’alleato d’estrema destra dall’altra parte dell’Atlantico.

Come ormai noto, l’accordo impone un dazio del 15% per la stragrande maggioranza delle esportazioni dell'Ue in Usa, automobili comprese, a fronte di un dazio sulle merci Usa pari a circa lo 0,9%, oltre ad altre condizioni capestro come l’acquisto di combustibili fossili e nucleari a stelle e strisce per almeno 750 miliardi di dollari al 2028, e l’allentamento delle “barriere non tariffarie” – ovvero delle politiche di sostenibilità – per i prodotti statunitensi. Una sconfitta su tutta la linea dunque, eppure alcuni comparti produttivi hanno tirato un sospiro di sollievo: tra questi c’è l’automotive, perché prima di scendere al dazio del 15%, Trump ne aveva imposto uno sul settore al 27,5%.

«Però il dazio maggiore è quello interno – svia l’attenzione sul punto Urso – imposto dalle folli regole del Green Deal, che hanno portato alla crisi del comparto in tutta Europa, con la chiusura di interi stabilimenti e il licenziamento di decine di migliaia di operai». Il punto è che si tratta di un’interpretazione tanto lunare da essere smentita, ormai da mesi, dalle stesse imprese di settore.

Ormai non solo gli ambientalisti, ma le stesse case automobilistiche affermano che «attribuire la crisi del settore auto al Green deal è una narrazione fuorviante» e che «non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi», come ribadito più volte anche dall’Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri (Unrae), ovvero l’Associazione delle case automobilistiche estere che operano in Italia.

Tra i motivi c’è piuttosto il forte aumento del costo delle auto mentre sale il rischio di povertà ed esclusione sociale nel Paese (che riguarda oggi 13,5 milioni di persone) e l’assenza di politica industriale da parte del Governo, che ha tagliato brutalmente le risorse del Fondo Automotive: sono passate dagli 8,7 miliardi di euro inizialmente previsti entro il 2030 a soli 450 milioni nel 2025 e 200 milioni annui per gli anni successivi. In compenso, anche l’ultima trovata del Governo Meloni per guidare la transizione del settore automotive si preannuncia già come un buco nell’acqua.

A inizio agosto il ministero dell’Ambiente ha adottato il decreto attuativo che regola i nuovi incentivi a fondo perduto per l’acquisto di veicoli elettrici, finanziato con 597 milioni di euro da fondi Pnrr tolti paradossalmente all’installazione di colonnine di ricarica. Le richieste saranno gestite tramite una piattaforma informatica dedicata, sviluppata da Sogei, che consentirà la registrazione dei beneficiari, dei venditori aderenti all’iniziativa e la generazione dei bonus. Il contributo sarà erogato sotto forma di sconto diretto in fase di acquisto. Per accedervi sarà necessario rottamare un veicolo termico fino a Euro 5 ed essere residenti nelle Fua (Aree urbane funzionali), paria  circa 1900 Comuni su più di 8000; l’incentivo sarà riconosciuto alle persone fisiche – le aziende e le P. IVA sono escluse, a parte le microimprese – per l’acquisto di un’auto elettrica (categoria M1), con un contributo di 9.000 o 11.000 euro in base al valore Isee, che deve essere sotto i 40mila euro; alle microimprese, per l’acquisto di veicoli elettrici commerciali (categorie N1 e N2), fino a un massimo di 20.000 euro per veicolo, nel limite del 30% del prezzo di acquisto e nel rispetto della normativa “de minimis”.

In altre parole, quelle di Francesco Naso in qualità di segretario generale di Motus-E – ovvero è l’associazione di categoria costituita su impulso dei principali operatori industriali dei settori automotive ed energia e del mondo accademico – gli incentivi messi «hanno un significativo numero di paletti che limiterà moltissimo la platea dei beneficiari».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.