La direttiva Case verdi può dare 1,3 milioni di posti di lavoro, ma l’Italia non l’ha ancora recepita
Il settore edilizio è responsabile del 40% del consumo totale dell’energia e del 36% delle emissioni a effetto serra nell’Ue, con le emissioni “incorporate” – quelle dei materiali di costruzione – contribuiscono tra il 10% e il 20% dell’impronta di carbonio totale. Con la nuova Energy performance of buildings directive (Epbd) l’Unione europea punta ad edifici a emissioni zero entro il 2050; eppure la direttiva “Case verdi” non è stata ancora recepita dal Governo italiano, che sta per mancare la prima delle deadline tracciate da Bruxelles.
Entro il 31 dicembre 2025 l’Italia dovrà predisporre il Piano di ristrutturazione degli edifici, il principale strumento di pianificazione degli interventi di riduzione del consumo energetico e di emissioni di gas serra previsti dalla direttiva; si tratta di una prima ma fondamentale bozza, cui dovrà seguire entro il 31 dicembre 2026 il primo Piano definitivo di ristrutturazione degli edifici (residenziali, non residenziali e pubblici).
Seppur intralciate da numerose fake news, le scadenze della direttiva sono stringenti nell’individuare un solido percorso di sviluppo sostenibile per l’edilizia italiana. A partire dal 1° gennaio 2028 per i nuovi edifici pubblici e dal 1° gennaio 2030 per tutti i nuovi edifici, lo standard sarà “zero emissioni”; per gli edifici residenziali dovrà esserci poi una riduzione del consumo medio di energia primaria del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, mentre per quelli non residenziali è prevista la ristrutturazione del 16% degli edifici peggiori entro il 2030 con una estensione al 26% entro il 2033; gli Stati devono definire politiche e misure per arrivare al phase-out dai combustibili fossili nelle caldaie entro il 31 dicembre 2040 (già oggi non ci sono più incentivi, nonostante i tentativi di retromarcia da parte del Governo).
Quali sono gli investimenti necessari per avere Case verdi anche in Italia? Prima di rispondere, è utile dare un occhio al costo attuale delle bollette. La Community smart building di The european house - Ambrosetti osserva che la spesa delle famiglie per i consumi elettrici e termici degli edifici è aumentata del 31% dal 2015 a oggi, e ha raggiunto un valore di 54,2 miliardi di euro l’anno.
Secondo i dati messi in fila nell’estate 2024 dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, l’obiettivo della direttiva è ridurre il consumo di energia primaria per gli edifici a uso abitativo del 16% rispetto al 2020, quindi di 6,32 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, passando da 39,49 Mtep a 33,17) e ben il 55% di questo risparmio (3,46 Mtep) dovrebbe riguardare gli immobili di classe G, che sarebbero da efficientare almeno per il 43%, in metratura o in numero di edifici. Complessivamente, per il Politecnico si tratta d’investire circa 180 miliardi di euro entro il 2030.
Nell’estate 2025, la Fondazione geometri italiani ha delineato un quadro diverso. Grazie a lavori di efficientamento energetico realizzati nel periodo 2020-2024, l’Italia ha già raggiunto la riduzione del 9,1% dei consumi rispetto al taglio del 16% entro il 2030: l’obiettivo da raggiungere, quindi, è la percentuale residua del 6,9%. Il patrimonio residenziale interessato dal piano di ristrutturazione al 2030 è pari a poco più di 3 milioni di abitazioni (circa 505.000 abitazioni da ristrutturare all’anno), con un costo medio di intervento di 28.000 euro. Gli investimenti da attivare nel periodo 2025-2030 sono dunque pari a 84,8 miliardi di euro (14,13 all’anno): in cambio possono evitare l’emissione di 4.681.505 tonnellate all’anno di CO2 e – soprattutto – attivare 1.313.213 unità di lavoro, delle quali 831.201 occupate direttamente nel settore delle costruzioni e 482.012 occupate indirettamente e nell’indotto.
Il risultato resta dunque più che positivo, ma resta la domanda: chi paga? La direttiva non pone alcun obbligo diretto per i proprietari di immobili residenziali, non prevede alcun divieto di vendita o affitto per immobili con basse prestazioni energetiche, né sanzioni automatiche per chi non riqualifica la propria abitazione; la direttiva fissa piuttosto obiettivi di riduzione del consumo medio nazionale di energia, sono gli Stati membri – tra cui l’Italia – che devono tener conto della situazione finanziaria dei proprietari e prevedere un adeguato sostegno economico.
Torniamo così ai Piani di ristrutturazione che l’Italia è chiamata a mettere in campo, particolarmente urgenti dato che in Italia oltre il 60% degli edifici residenziali è ante 1976 (pre-prima legge sul risparmio energetico), quindi ad alto fabbisogno di riqualificazione profonda, e che secondo il rapporto presentato pochi giorni fa da Enea-Cti nel 2024 il 45,3% degli edifici residenziali si trova nelle classi energetiche meno performanti (classi F-G).
«La trasformazione degli immobili in edifici green richiede nuove competenze lungo tutta la filiera, dalla progettazione ai cantieri, passando da gestione e finanza, ma allo stato attuale si registrano serie difficoltà nel reperimento di figure professionali specializzate in edilizia sostenibile – spiegano Alessandro Miani per la Società italiana di medicina ambientale (Sima) e Rita White per l'Accademia Italiana di Biofilia (Aib) – In alcuni comparti, come quello dell’impiantistica elettrica, si arriva addirittura a punte del 75% di fabbisogno specializzato non reperibile sul mercato, e in totale si stima che ad oggi manchino in Italia circa 15mila professionisti “green” tra esperti di design, qualità e salute negli edifici, rendicontazione di sostenibilità, decarbonizzazione del costruito, professionisti accreditati per gli standard di certificazione Leed, Breeam, Well, Gbc, ecc., col rischio concreto di rallentamenti e ritardi nell’attuazione del piano europeo».
Proprio per questo l’Università degli Studi "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara, in partnership con Green Building Council Italia, Sima e Aib, ha deciso di realizzare un master universitario di secondo livello in “Health Design e Esg per il Real Estate”, finalizzato a creare professionisti altamente specializzati in edilizia green e sostenibile e formare figure di cui il mercato necessiterà sempre di più nel prossimo decennio.
«La direttiva Case green è un banco di prova per l’Italia – commenta Fabrizio Capaccioli, presidente Green building council Italia (Gbc Italia) – Per affrontarla con successo servono competenze solide e professionisti qualificati lungo tutta la filiera del costruito. Una sfida, ma anche una grande occasione che non può prescindere da una formazione mirata e riconoscibile, capace di unire rigore tecnico e responsabilità sociale. Solo così potremo trasformare una sfida europea in un’occasione concreta di innovazione e crescita sostenibile per il Paese».