Skip to main content

Ecco i risultati finali delle campagne estive di Legambiente, Goletta verde e Goletta dei laghi

Il 34% delle acque costiere e lacustri è inquinato, e intanto paghiamo multe per la maladepurazione

Ciafani: «Al Governo chiediamo un piano nazionale per tutela di mare e laghi, ammodernare i sistemi di depurazione e per diffondere il riuso in agricoltura delle acque depurate»
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

È stato presentato questa mattina a Roma il bilancio finale delle campagne estive di Legambiente – Goletta verde e Goletta dei laghi 2025 –, che restituisce un quadro preoccupante sullo stato di salute di mari e bacini nazionali.

Nell’estate 2025 su 388 campionamenti effettuati nelle acque costiere e lacustri in 19 regioni dagli oltre 200 volontari e volontarie di regionali e circoli di Legambiente, il 34% è risultato oltre i limiti di legge, ossia 1 campione su 3.  In particolare, il 35% dei punti campionati con Goletta Verde è risultato inquinato o fortemente inquinamento con una media di un punto ogni 80 km, per i bacini lacustri il 30% dei punti campionati da Goletta dei Laghi è risultato oltre i limiti di legge.

Anche quest’anno foci dei fiumi, canali e corsi d’acqua che sfociano a mare o nel lago si confermano punti critici: il 54% dei punti critici analizzati (101 su 188) è risultato inquinato o fortemente inquinato. Situazione migliore per i campioni prelevati direttamente in mare o nelle acque del lago, ossia in aree lontane da foci o scarichi, dove solo il 15% dei punti campionati è risultato oltre i limiti di legge (30 su 200). Sulla questione foci a mare, Legambiente denuncia che il 56% di quelle monitorate da Goletta Verde, non controllate dalle autorità competenti e di conseguenza non balneabili, risultano avere in prossimità una spiaggia libera. Un dato preoccupante se si pensa che oltre 220km di costa sabbiosa ad oggi non sono monitorati dalle autorità competenti (sui 3.346 km di costa bassa), ovvero il 6,6%, e alle poche spiagge libere rimaste nella Penisola, soprattutto in alcune regioni.

«Un’anomalia – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – che viene spesso giustificata dalle autorità competenti con il fatto che le foci dei fiumi non sono balneabili e che si dia per scontato che siano inquinate. È questa la reale differenza tra i campionamenti eseguiti dalle autorità competenti per stabilire la balneazione di un tratto di costa, e quelle eseguite da Legambiente che hanno come obiettivo individuare le criticità dovute ad una scarsa o assente depurazione che minaccia la qualità del mare. Ma dietro questa mancanza di campionamenti alle foci dei fiumi, si cela anche un’altra criticità, il fatto che spesso si trovino spiagge libere oggi sempre più relegate a zone di serie B, mentre i numerosi cittadini che vogliono fruirne meriterebbero di trovarle almeno in luoghi monitorati e balneabili».

Al contempo, al grido “Non è caldo, è crisi climatica”, Legambiente – rielaborando i dati forniti dalle immagini satellitari di Copernicus – ha calcolato che a giugno e luglio la temperatura media delle acque superficiali del Mediterraneo è stata di 25,4°C, la più calda dal 2016 ad oggi, collocandosi al primo posto nell’ultimo decennio. Sul fronte rinnovabili, fonti energetiche pulite e indispensabili per mitigare la crisi climatica in corso sostituendole alle fonti fossili, per il Cigno verde è fondamentale spingere sull’eolico offshore – dando tempi certi, iter autorizzativi più snelli e coinvolgendo i territori nel dibattito pubblico –, visto il grande potenziale e il fatto che questa tecnologia possa ben convivere con la biodiversità marina, come dimostrato dal recente studio condotto attorno all’unico impianto offshore presente nel Mediterraneo (a Taranto).

«Al Governo – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – chiediamo di definire e approvare al più presto un piano nazionale per la tutela di mare e laghi, investendo su innovazione e sostenibilità per ammodernare i sistemi di depurazione e per diffondere il riuso in agricoltura delle acque depurate (il riutilizzo delle acque reflue potrebbe coprire fino al 45% della domanda irrigua in Italia, eppure è impiegato solo nel 4,6% dei terreni agricoli irrigati, anche per la mancanza di reti di distribuzione, ndr). Sullo sviluppo delle rinnovabili in mare, dopo l’approvazione del decreto porti, è urgente stanziare le risorse economiche necessarie per infrastrutturare i due hub cantieristici di Taranto e di Augusta, che potranno garantire anche nuova occupazione green a due aree portuali che hanno sempre avuto a che fare con la logistica delle fonti fossili».

Nel frattempo però la maladepurazione resta il grande tallone d’Achille del nostro Paese, che ha già pagato sanzioni pecuniarie per circa 210 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i ritardi ormai cronici rispetto al trattamento delle acque reflue. Inoltre, con la recente approvazione della revisione normativa della direttiva Acque reflue, gli impianti del Paese dovranno adattarsi ai nuovi requisiti, un investimento che è stato stimato tra i 645 milioni e 1,5 miliardi di euro solo per gli impianti di maggiori dimensioni.

Un investimento che però conviene sotto il profilo economico oltre che ambientale, in quanto Legambiente ricorda che sull’Italia pesano 4 procedure di infrazione per la mancata conformità alla direttiva europea Acque reflue (91/271/CEE), da cui le salatissime multe di cui sopra. L’ultima (2017/2181) è ancora in fase di istruttoria, le prime tre sono già sfociate in sentenza di condanna e in particolare la prima, risalente al 2004, è giunta fino alla sanzione pecuniaria. Ad oggi, secondo la Corte dei conti, sono stati versati appunto oltre 210 milioni di euro solo per la multa derivante dalla prima procedura di infrazione, mentre la sentenza della Corte di Giustizia per la seconda infrazione è arrivata a marzo 2025 e la multa ammonta a 10 milioni di euro più una penalità di oltre 13 milioni e mezzo ogni 6 mesi di ritardo per la messa a norma degli impianti.

In questo contesto occorre inoltre considerare anche che la produzione annua di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione delle acque reflue urbane è pari a circa 3,2 milioni di tonnellate, destinata a salire man mano che verranno realizzati nuovi depuratori, ma paradossalmente il Governo sta adesso rischiando di bloccare l’intera filiera impedendo il riutilizzo dei fanghi in agricoltura.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.