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Il differenziale di prezzo del gas tra Psv e Ttf costa all’Italia 1,3 miliardi di euro l’anno, a salire

Assocarta: «Il settore cartario italiano non può più sopportare questo pesante differenziale che mette in pericolo la competitività delle imprese del settore»
 |  Nuove energie

Nonostante la sovrabbondanza di infrastrutture gas attraversano il Belpaese, storicamente sull’Italia grava un abbondante differenziale tra i prezzi del gas fossile che si formano sul Psv (il Punto di scambio virtuale, ovvero il mercato di riferimento dove gli operatori italiani ed esteri scambiano gas immesso o prelevato dalla rete Snam, determinandone il prezzo all’ingrosso) e il Ttf (il principale mercato virtuale di riferimento per lo scambio del gas in Europa, con sede ad Amsterdam, che funge da benchmark anche per il Psv dove poi si aggiungono costi dettati dal contesto locale).

È un tema messo in evidenza da Standard & Poor's almeno dal pre-pandemia, puntando il dito verso la scarsa concorrenza: «Grandi quote del mercato del gas italiano sono nelle mani di pochi grandi attori», tra cui spicca Eni, e «nessun nuovo grande player è mai riuscito a emergere e a spingere i prezzi al ribasso attraverso una strategia di quote di mercato. Al contrario, questi fattori hanno reso l'Italia un luogo attraente per chi si adegua al prezzo del gas, ovvero aziende interessate a detenere una piccola quota di mercato e ad approfittare dello scenario dei prezzi elevati, senza apparente intenzione di cambiarlo».

Un problema che continua ad aggravarsi anche adesso che crescono le quote di gas in arrivo da sotto forma di Gnl anziché via tubo. Nel 2024 il differenziale di prezzo del gas tra il Psv e il Ttf è stato in media pari a 2 euro/MWh con extracosti per il sistema gas di oltre 1,3 miliardi di euro e – secondo i dati messi oggi in fila da Assocarta – nel 2025 è in ulteriore aumento: da gennaio ad agosto 2025 è stato pari a circa 2,5 euro/MWh con picchi oltre i 3 euro/Mwh per i mesi di luglio e agosto scorso.

«Il settore cartario italiano – afferma il presidente Assocarta, Lorenzo Poli – che consuma da solo circa 2,5 miliardi di mc l’anno (circa il 20% dei consumi di gas industriale), non può più sopportare questo pesante differenziale che mette in pericolo la competitività delle imprese del settore. Un segmento industriale – circolare, sostenibile (oltre 85% di riciclo nell’imballaggio) e terzo produttore europeo – che sta cercando la via della decarbonizzazione dove tecnologicamente possibile (e le reti lo consentono) ma avere l’energia elettrica anche da fonti rinnovabili che costa più della Spagna, della Francia e della Germania è insostenibile e inaccettabile».

Secondo l’associazione confindustriale le soluzioni normative per azzerare tale differenziale «sono state messe a punto dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, e sono disponibili e pronte per essere adottate», declinandosi in tre interventi: il rimborso dei corrispettivi dei costi di trasporto a monte del punto di entrata nella rete italiana; l’introduzione di un servizio di “liquidità” che prevede l’offerta a prezzi prossimi a quelli del Ttf di Amsterdam con quantità sufficienti a coprire via Gnl e gasdotti dal sud le importazioni più competitive; procedure semplificate per l’estrazione del gas per il rilascio dei titoli minerari., misure che avrebbero l’obiettivo di snellire le procedure per l’estrazione del gas a livello nazionale anche per le concessioni.

Tutte e tre le proposte hanno però un enorme punto debole: continuano a puntare su un combustibile fossile come il gas, di cui peraltro l’Italia è praticamente sprovvista (tutte le riserve accertate e non potrebbero coprire circa 18 mesi di consumi interni).

Al contrario, alcune fonti rinnovabili – dalla geotermia al biometano – possono offrire alle industrie che necessitano di grandi quantitativi di calore, come quelle cartarie, l’energia di cui hanno bisogno; al contempo si stanno affiancando soluzioni innovative come lo storage termico, plasticamente rappresentato dalla batteria di sabbia Mgtes appena entrata in funzione a Buccino grazie all’impegno congiunto di Magaldi ed Enel: una tecnologia italiana in grado di trasformare l’energia solare in vapore. Si tratta di un accumulo termico ad alta temperatura (basato su un letto di sabbia fluidizzata) con una capacità di 7,5 MWh, costruito impiegando principalmente acciaio e sabbia silicea: si carica con l'elettricità nelle ore in cui costa di meno (durante il picco di produzione solare) e trasforma l'elettricità in calore per uso industriale a 190°C (ma può arrivare a 400°C), e 5 ore di ricarica bastano a fornire calore per le 24 ore successive.

Per abbattere invece i costi dell’elettricità, la soluzione maestra resta quella di installare lungo il Paese i necessari impianti utility scale – a partire da eolico e fotovoltaico – necessari a catturare le energie rinnovabili presenti sui territori; il prezzo all’ingrosso (Pun) dell’energia elettrica si forma infatti secondo un meccanismo di asta marginale, in cui in cui domanda e offerta si incontrano per determinare il prezzo finale, e il prezzo orario d’equilibrio viene determinato dal costo variabile della tecnologia marginale… che in genere è fissato dagli impianti a gas a ciclo combinato, come ricordato tra gli altri dalla Commissione Ue e da Mario Draghi.

Redazione Greenreport

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