Skip to main content

Intervista all’avvocato Luca Giagnoni, specializzato in diritto dell’energia

Come abbassare i costi in bolletta? Servono più Ppa e rinnovabili sul mercato

I nuovi “incentivi” delineati dai contratti Cfd contribuiscono alla discesa dei costi, e parte degli oneri potrebbero essere anche spostati sulla fiscalità generale: la scelta spetta al legislatore
 |  Interviste

L’avvocato Luca Giagnoni – associato presso lo studio fiorentino Giovannelli Masi, Cecconi & Associati – è specializzato in diritto dell’energia e delle infrastrutture: l’abbiamo contattato per contribuire a fare chiarezza sui molti interrogativi aperti in merito alla transizione energetica nel nostro Paese, affrontati col punto di vista di un giurista.

Intervista

Dall’analisi Arera sull’andamento del (solo) Mercato del giorno prima (Mgp) nel biennio 2023-24 sembrano emergere condotte di mercato potenzialmente scorrette: tramite trattenimento economico di capacità nel mercato elettrico, gli impianti a gas avrebbero portato ad alzare i prezzi di 5-10 euro/MWh nel 2023 e 4-12 euro/MWh nel 2024, mentre per gli impianti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) si parla di rincari per 4-7 euro/MWh nel 2023 e 0,6-1 euro/MWh nel 2024. Quali considerazioni possiamo trarne?

«L’Autorità ha riscontrato che, nel 2023/2024, le unità di produzione termoelettriche, eoliche e solari hanno presentato offerte superiori al proprio costo marginale (stimato pari a zero per eolico e solare) che si sono rivelate superiori al prezzo formatisi in esito al Mgp e non sono state accettate nell’ordine di merito. L’Autorità ipotizza che offrendo a prezzi eccessivamente superiori al proprio costo marginale, gli operatori abbiano artificialmente spinto in alto il prezzo di mercato, rendendo marginali offerte eccessivamente elevate, che altrimenti sarebbero state non accettate in un contesto perfettamente concorrenziale. L’indagine offre spunti informativi interessanti, ma va presa cum grano salis. Anzitutto i costi marginali, assunti come parametro per determinare il cosiddetto mark up, sono stati stimati da Arera e dunque non considerano ulteriori costi che, caso per caso, possono indurre una unità di produzione (programmabile o non programmabile) ad offrire a prezzo superiore al proprio costo marginale. Proprio per queste ragioni, non ogni trattenimento di capacità integra una condotta manipolativa del mercato vietata ai sensi del Regolamento Remit. Come specifica la stessa Arera, è necessario che alla capacità di influenzare il prezzo si aggiunga l’assenza di validi motivi regolatori-tecnici o economici che giustificano il trattenimento. Ad esempio, per quanto riguarda eolico o solare, una unità di produzione potrebbe essere indotta ad offrire prezzi più elevati per far fronte ai rischi di sbilanciamento o per massimizzare i ricavi di un Ppa offsite derivante dal settlment contabile con il consumatore che rappresenta la controparte del Ppa (c.d. off-taker). Sconsiglierei pertanto di trarre dall’indagine conclusioni definitive».

Nella relazione annuale Arera, l’Authority documenta che per i clienti domestici i costi dell’elettricità dipendono per il 55% dalla componente energia, per il 17% dai costi di rete, per il 27% da oneri, imposte e tasse, e quest’ultima voce è cresciuta del 28% nell’ultimo anno. Potremmo intervenire spostando alcuni di questi oneri sulla fiscalità generale, dunque in senso progressivo, come suggerisce Besseghini?

«È vero, una parte rilevante della bolletta è rappresentata da oneri che nulla hanno a che vedere con la materia prima fornita. Oltre ai fisiologici costi connessi al trasporto e alla distribuzione di energia, pesano altre voci dirette a coprire i costi sostenuti da Terna nel mercato dei servizi di dispacciamento per tenere in equilibrio immissioni e prelievi della rete, i costi per adeguare l’infrastruttura di rete, i costi per garantire l’adeguatezza del sistema elettrico (c.d. mercato della capacità) o ancora i costi derivanti dall’implementazione di altri strumenti come il Macse. Rileva inoltre anche la componente Asos che finanzia gli incentivi erogati anche (e soprattutto) alle fonti rinnovabili. Su questo aspetto occorre però analizzare in dettaglio il peso di ciascun incentivo.

Nel 2024 i costi per l’incentivazione delle energie rinnovabili ammontano a 9,5 miliardi di euro, ma di questi ben 5,5 miliardi sono relativi ai vecchi meccanismi feed in premium fissi dei Conti energia, mentre gli incentivi feed in tariff o feed in premium variabile con Cfd a una via pesano poco meno di 3 miliardi di euro. Gli incentivi feed in premium con Cfd a due vie hanno addirittura generato, per adesso, un ricavo per la collettività essendo il prezzo spot molto spesso superiore allo strike price del Cfd. Con l’esaurimento dei Conti energia e la progressiva modifica della struttura dei meccanismi incentivanti che si stanno orientando verso l’applicazione dei contratti per differenza a due vie (come il Fer X transitorio) i costi tenderanno a scendere, così come il peso della componente Asos in bolletta.

In ogni caso una soluzione per alleviare il peso delle bollette potrebbe essere effettivamente quella di spostare parte di questi oneri sulla fiscalità generale e mi risulta che ci sia una proposta di referendum in tal senso. L’ultima parola spetta ovviamente al legislatore».

L’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) ha pubblicato un report che documenta come raggiungere gli obiettivi 2030 sulle rinnovabili significhi, per l’Italia, poter tagliare di due terzi il costo all’ingrosso dell’elettricità rispetto al 2023. È un trend in corso, tant’è che nei momenti di maggior produzione il Pun arriva già a zero o quasi. Perché questi benefici faticano a emergere anche in bolletta?

«Il motivo è da ricercare nella modalità di determinazione del prezzo nel Mgp. All’interno di questo mercato il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica si forma secondo un meccanismo di asta marginale in cui in cui domanda e offerta si incontrano per determinare il prezzo finale.

Il meccanismo prevede che il Gme, ricevute le offerte di acquisto e di vendita per una determinata ora del giorno “t”, costruisca una curva oraria di offerta aggregata e una curva oraria di domanda aggregata ordinando le offerte di vendita in maniera crescente e di acquisto in maniera decrescente rispetto al prezzo, in base quindi al merito economico (cioè al prezzo di vendita e di acquisto espresso), individuando l’equilibrio del mercato nel punto di incontro tra tali curve.

Il prezzo orario di equilibrio così individuato (c.d. prezzo marginale) si applica a tutti i volumi delle transazioni che si svolgono in quella determinata ora e i prezzi dell'energia elettrica sono, pertanto, determinati dal costo variabile della tecnologia marginale, ossia il più costoso impianto necessario per soddisfare la domanda. L’indagine Arera mostra come nella gran parte delle ore la tecnologia marginale è rappresentata dagli impianti a gas a ciclo combinato, le cui offerte sono ovviamente legate al prezzo del gas che funge, quindi, da driver del prezzo dell’elettricità.

Per trasferire ai consumatori i benefici economici (e non solo ambientali) dell’energia prodotta da fonti rinnovabili – che hanno costi marginali prossimi a zero – è dunque necessario che vengano incrementate le ore in cui eolico e solare fungono da tecnologie marginali, cosa che già succede oggi in alcune ore centrali delle giornate estive, dove queste due fonti sono in grado di coprire tutta la domanda di energia.

Non è tuttavia così semplice. Il nostro mix si sta progressivamente spostando verso una predominanza della fonte solare, che richiede l’intervento di fonti flessibili nella fascia pre-serale (17-21) per effetto del venir meno del fotovoltaico in corrispondenza del picco di carico serale. In un simile contesto, un progressivo incremento di capacità solare rischia, da un lato, di generare una sovrapproduzione nelle ore centrali che, se non stoccata o trasportata nei luoghi di maggior consumo, rende necessario un intervento di riduzione della produzione (c.d. curtailment o modulazione straordinaria) con costi che si scaricano sugli utenti finali; dall’altro lato si rischia di rendere marginali, nella fascia serale, gli impianti a gas, i quali – vista la riduzione delle ore di funzionamento – potrebbero essere portati ad incrementare il valore delle proprie offerte con conseguente aumento del prezzo dell’energia in esito al Mgp.

Per questo è indispensabile che, oltre all’adeguamento dell’infrastruttura di rete, il sistema regolatorio favorisca e incentivi forme di gestione attiva della domanda per ridurre il carico nella fascia serale (su questo in Italia siamo all’anno zero ed è un peccato), nonché impianti di accumulo in grado di assorbire la sovrapproduzione delle ore centrali per rilasciarla nella fascia serale. Il ruolo degli accumuli sarà quindi decisivo anche nella determinazione del prezzo nella fascia serale, qualora gli stessi si collochino nel mercato come tecnologia marginale sostituendo i cicli combinati e, in generale, gli impianti termoelettrici».

Mentre Bankitalia dichiara in audizione alla Camera che abbandonare la transizione energetica “non porterebbe vantaggi né sul piano ambientale né su quello economico”, il Governo sta facendo slittare ancora il decreto sulle Aree idonee con un ricorso al Consiglio di Stato. Si ritardano dunque i benefici sui prezzi che, anche in base all’analisi Eea, le rinnovabili sono in grado di portare?

«Gli operatori del settore e gli sviluppatori hanno necessità di un quadro normativo certo e calcolabile, che consenta loro di programmare i propri investimenti avendo la ragionevole sicurezza di ottenere i titoli necessari alla realizzazione degli impianti.

L’individuazione delle aree idonee rappresenta un passo in questa direzione perché non solo semplifica l’iter autorizzativo, affievolendo anche il potere (talvolta di vero e proprio veto) delle Amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica, ma anche perché, almeno secondo una parte rilevante della giurisprudenza che sembra consolidarsi, consente di superare previsioni urbanistiche comunali contrarie alla localizzazione di impianti rinnovabili.

Attualmente le aree idonee sono temporaneamente individuate dall’art. 20 comma 8 D.Lgs. 199/2021, ma questa disciplina verrà, a regime, sostituita da leggi regionali che saranno chiamate ad individuare le proprie aree idonee sulla base di criteri dettati da un decreto ministeriale. Proprio questo decreto (adottato il 21.6.2024) è stato annullato dal Tar Lazio. Tra le tante critiche, il Tar ha rilevato l’assenza di adeguata precisione e forza prescrittiva nei criteri, colpevoli di lasciare ampio margine alle leggi Regionali rischiando di rendere non omogenea la distribuzione delle aree idonee sul territorio nazionale.

Impugnando innanzi al Consiglio di Stato la sentenza del Tar Lazio il Governo mostra di voler difendere l’impianto originario, attribuendo alle Regioni una discrezionalità ampia nell’individuazione delle aree idonee a scapito della certezza e della omogeneità. Questa incertezza priva gli operatori di un sistema di regole sulle quali fare affidamento e certo non crea un quadro giuridico che incentiva nuovi sviluppi di capacità rinnovabile, ritardando l’introduzione di quegli effetti benefici sui prezzi che prima abbiamo descritto.

Auspico quindi che il Consiglio di Stato faccia chiarezza specie su un punto non trattato dalla sentenza del Tar Lazio, vale a dire la possibilità per le Regioni di derogare al catalogo delle aree idonee individuate dall’art. 20 comma 8 D.Lgs. 199/2021. Escludendo una simile possibilità di deroga, gli operatori sarebbero quantomeno sicuri che, a prescindere dagli ostracismi regionali, il novero delle aree idonee stabilite a livello statale rimarrà immutato. Ricordo infatti che attualmente il DM 21.6.2024 è annullato per effetto della sentenza del Tar Lazio n. 9155/2025 e quindi, oggi, trovano ancora applicazione le aree idonee di cui al D.Lgs 199/2021; il Consiglio di Stato in sede cautelare aveva già – sia pure con un giudizio sommario – ritenuto dubbio che le Regioni potessero dettare previsioni più restrittive, ma sul punto il Tar Lazio non si è pronunciato. Il rischio è che il Governo, qualora il Consiglio di Stato confermasse la sentenza del Tar, adotti un nuovo DM prevedendo la mera possibilità per le Regioni (e non stabilendo un obbligo) di far salve le aree

Per lei il meccanismo del prezzo marginale è qui per restare, si va verso un predominio di contratti Ppa/Cfd rispetto ai volumi scambiati a breve termine, oppure ancora verso una soluzione con un mercato dell’elettricità dedicato alle tecnologie convenzionali – quelle che utilizzano gas ad esempio – e un mercato per le tecnologie rinnovabili?

«Il sistema del prezzo marginale non è un meccanismo proprio solo del mercato dell’energia elettrica, ma è un modello “descrittivo” che fotografa il modo “naturale” in cui i prezzi emergono nei mercati liberi. Esso, quindi, non è il frutto di una imposizione “prescrittiva” che discende dalla decisione più o meno arbitraria di una istituzione regolatoria o politica. Inoltre, il prezzo marginale è tutt’oggi considerato, nonostante la contingenza, il sistema migliore per assicurare una offerta di energia sicura ed efficiente in condizioni di mercato “normali”.  Questo fondamentalmente per due aspetti:

1. definisce un prezzo che normalmente lascia alle tecnologie sotto quella marginale un’adeguata remunerazione dei costi fissi e dei costi di investimento grazie alle c.d. rendite inframarginali;

2. fornisce preziosi segnali di lungo periodo per investimento (o disinvestimento) in nuova capacità;

Il modello alternativo è quello “pay as bid” nel quale i produttori vengono lasciati liberi di offrire qualunque prezzo a seconda dei costi (fissi e variabili) e dell’andamento del mercato. Si tratta di un meccanismo criticato in letteratura, i cui effetti positivi sui prezzi finali sono fortemente dubbi.

Per trasferire i benefici propri delle fonti rinnovabili ai consumatori, negli ultimi anni si è fatta strada l’idea di disaccoppiare i prezzi di solare ed eolico rispetto al gas. Disaccoppiare il prezzo generato dalle due tecnologie convenzionali e rinnovabili significa creare due mercati distinti per un bene omogeneo, operazione certamente non semplice.

Si sono prospettate diverse soluzioni che vedono, ad esempio, la creazione di due mercati “fisici” distinti nei quali si formano due prezzi di equilibrio (sempre con il criterio del prezzo marginale) dai quali si estrae con un algoritmo dedicato il prezzo marginale finale.

Altri hanno ipotizzato un disaccoppiamento puramente finanziario mediante la creazione di un “green pool” ossia l’istituzione di una piattaforma gestita da un ente totalmente (o parzialmente) pubblico che funga da soggetto aggregatore della domanda e dell’offerta di energia rinnovabile all’interno della quale vengono ammesse a partecipare esclusivamente gli impianti di energia rinnovabile non programmabile.

Entrambe le soluzioni non intaccano l’attuale meccanismo di determinazione dei prezzi che, pur con le sue criticità, resta a mio parere ancora il più efficiente e compatibile anche con le moderne forme di contrattazione a lungo termine (come i Ppa).

Al di là delle proposte di disaccoppiamento credo, infatti, che sia opportuno in ogni caso creare un quadro regolatorio che incentivi il ricorso ai Ppa fisici off site essendo molteplici gli effetti positivi diretti e indiretti che queste forme di contrattazione creano. In primis sia produttore che consumatore stabilizzano per un orizzonte temporale il prezzo derivante dalla fornitura del volume di energia contrattualizzato, mettendosi al riparo dalla volatilità dei prezzi dell’energia. Inoltre, l’incremento di impianti in Ppa nel portafoglio degli operatori di mercato consente una ottimizzazione degli acquisti e delle vendite e una più accurata previsione della produzione, fattori che possono, sia pure indirettamente, concorrere ad una riduzione del prezzo nel Mgp.

Su questi temi in Italia siamo molto indietro».

Il recente attentato terroristico contro un progetto eolico in Mugello è tornato a sollecitare l’urgenza di trovare una formula tecnico/giuridica capace di far compartecipare comunità ed enti locali ai benefici indotti da questi impianti utility scale: quale ritiene possano essere le migliori? Comuni e Regioni – anche tramite loro partecipate nei servizi pubblici locali – potrebbero attivare Ppa per acquistare energia a prezzi convenienti e poi rivenderla alle utenze sul loro territorio?

«L’accettazione sociale degli impianti da fonti rinnovabili utility scale è un tema molto complesso. Nelle intenzioni del legislatore europeo, uno degli strumenti che avrebbero dovuto consentire una partecipazione delle comunità locali era rappresentato dalle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), ma le difficoltà connesse alla loro costituzione ed i limiti di potenza per singolo impianto mal si prestano ad una applicazione per gli impianti di grossa taglia

Altro strumento significativo sono le misure compensative di carattere (anche) patrimoniale che consentono la condivisione con la comunità dei flussi di ricavi connessi alla gestione degli impianti. Sarebbe opportuno, su questo versante, che le Amministrazioni che ricevono misure compensative le pubblicizzino adeguatamente, destinando i proventi ottenuti per scopi sociali di interesse per la collettività.

La sottoscrizione di Ppa da parte di Enti locali o loro partecipate per la fornitura di energia da rivendere successivamente alle utenze del territorio è, in astratto, una soluzione interessante ma si scontra con alcuni problemi. Anzitutto, gli Enti locali o le Regioni dovrebbero coniugare il loro ruolo di amministrazioni pubbliche con quello di rivenditori di energia all’interno del territorio. L’attuale contesto normativo concepisce le Amministrazioni pubbliche come consumatori di energia e li obbliga a ricorrere al sistema Consip per l’individuazione del fornitore. Anche le partecipate pubbliche scontano, sia pure in misura diversa, le medesime problematiche, dovendo conciliare l’attività di acquisto e rivendita con il proprio oggetto sociale e individuare il fornitore di energia mediante procedure di gara».

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.