Clima, perdita di biodiversità, risorse idriche sotto pressione: lo stato dell’ambiente in Europa è preoccupante
Non solo viviamo nel continente che si riscalda più rapidamente di tutti gli altri, con tutto quel che ne consegue in termini di danni a cose e persone per sempre più devastanti calamità naturali. Oltre all'aumento delle temperature, alle alluvioni, alle ondate di calore e alla siccità che sempre più di frequente e con sempre maggiore aggressività si appalesano, ci sono altri subdoli killer all'opera. Che agiscono ad ampio spettro. E sta a noi decidere se vogliamo ulteriormente aiutarli in questa operazione distruttrice o se vogliamo metterli alle corde. In Europa, la biodiversità sta infatti diminuendo in tutti gli ecosistemi terrestri, in quelli di acqua dolce e in quelli marini. La causa? Le persistenti pressioni esercitate da modelli di produzione e consumo non sostenibili come dimostra, in particolare, il sistema alimentare. E il problema non riguarda soltanto il passato e il presente. Guardando al futuro, si prevede che il deterioramento dello stato della biodiversità e degli ecosistemi europei continui ed è improbabile che gli obiettivi di sostenibilità concordati a livello comunitario e su scala globale vengano raggiunti entro il 2030.
Un quadro molto dettagliato di tutto ciò emerge dal rapporto sullo stato generale dell’ambiente in Europa aggiornato al 2025 ed elaborato sulla base di una serie di dati provenienti anche da fuori i confini europei (è stato realizzato in collaborazione con 38 Paesi). Tra i principali alert segnalati c’è il fatto che l’80% degli habitat protetti in Europa versa in condizioni «mediocri o pessime», che il 60-70% dei suoli risulta degradato a vari livelli, che lo stress idrico riguarda il 34% della popolazione e che le aree coperte da foreste sono diminuite di circa il 30% rispetto all’ultimo decennio a causa soprattutto del taglio di alberi «più frequente ed esteso» e del moltiplicarsi degli incendi e degli episodi di siccità. Diversi passaggi del rapporto sono dedicati ad evidenziare i danni provocati dalle pratiche di agricoltura intensiva. «Il deflusso di fertilizzanti e pesticidi degrada la qualità dell’acqua, favorisce la crescita eccessiva di alghe, esaurisce i livelli di ossigeno e provoca la perdita della vita acquatica», si legge. L’agricoltura dell’Ue è inoltre responsabile del 93% delle emissioni di ammoniaca ed è anche la principale responsabile del declino degli impollinatori e del degrado del suolo del territorio, «minando i servizi ecosistemici da cui dipende».
A condurre le analisi per realizzare questo tipo di report sono gli scienziati e i ricercatori dell’Agenzia europea dell’ambiente (European environment agency, Eea), che hanno sì rilevato progressi significativi nella riduzione delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento atmosferico a livello comunitario, ma anche riscontrato che lo stato generale dell’ambiente in Europa non è buono, soprattutto per quanto riguarda la natura, che continua a subire degrado, sfruttamento eccessivo e perdita di biodiversità. Anche gli effetti dell’accelerazione dei cambiamenti climatici sono una problematica urgente, sottolineano gli esperti dell’Agenzia europea, che segnalano anche che le prospettive per la maggior parte delle tendenze ambientali sono preoccupanti e comportano gravi rischi per la prosperità economica, la sicurezza e la qualità della vita nei Paesi dell’Unione europea.
Il rapporto, che come previsto dal regolamento comunitario viene pubblicato dall’Eea ogni cinque anni (il primo è del 1995), presenta anche diversi riferimenti all’Italia. Cosa evidenziano, in sintesi? Che stiamo compiendo passi significativi verso la sostenibilità, ma anche che la strada che dobbiamo percorrere è lunga e piena di sfide ancora da superare. Tra i punti di forza ci vengono riconosciuti lo sviluppo dell’agricoltura biologica (a fine 2023, la superficie coltivata a biologico in Italia ammontava a quasi 2,46 milioni di ettari, con una crescita del 120% rispetto all’anno di riferimento 2010), la crescita delle fonti rinnovabili, che supera il traguardo 2020 e punta al 38,7% entro il 2030, e la riduzione delle emissioni di gas serra. Su queste due ultime questioni, però, non mancano dettagli critici. Per le rinnovabili, per arrivare al 39,4% fissato dal Pniec c’è bisogno di un aumento annuo del 2,7% cioè oltre quattro volte superiore alla media di 0,7% mantenuto dal 2005 ad oggi. Per le emissioni, è vero che sono diminuite del 20% dal 1995, ma edilizia e trasporti restano ancora settori troppo inquinanti.
Ampia è anche l’estensione delle aree protette, viene sottolineato nel report, ma per contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei sarà necessario compiere ulteriori passi avanti. Sul fronte dell’economia circolare poi, viene detto che l’Italia registra un tasso elevato di utilizzo dei materiali, ma occorre ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche, rafforzando il riciclo e il riutilizzo delle risorse già presenti sul territorio nazionale. E poi si conclude così: restano aperte questioni importanti, dalle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici alla gestione dei rifiuti, fino alle sfide socio-economiche legate al divario generazionale, alla scarsa mobilità sociale e alla diffusa povertà energetica: le sfide ambientali si intrecciano infatti con quelle sociali ed economiche, richiedendo un approccio integrato capace di coniugare tutela ambientale, innovazione e benessere collettivo. In questo percorso, viene ribadito, il Pnrr rappresenta uno strumento decisivo per sostenere sostenibilità, innovazione e competitività, mentre la Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, in coerenza con l’Agenda 2030, resta il quadro di riferimento per garantire politiche coerenti e di lungo periodo.
Nel complesso, le 286 pagine che compongono il rapporto sullo stato dell’ambiente in Europa sono molto dettagliate, ricche di dati, tabelle e analisi approfondite. E in generale, la questione che emerge nel leggerlo, e su cui bisogna riflettere, è che mentre a livello politico l’Ue, negli ultimi mesi, sta facendo registrare pesanti attacchi al Green deal e battute d’arresto e rinvii delle necessarie misure per contrastare cambiamenti climatici e perdita di biodiversità, e il tutto in nome di una non meglio definita strategia di competitività, gli scienziati dell’Eea sottolineano invece che proprio innalzamento delle temperature e degrado ambientale rappresentano una minaccia diretta per la competitività dell’Europa, dipendente dalle risorse naturali. Ed evidenziano inoltre che il conseguimento della neutralità climatica entro il 2050 dipende anche da una migliore e più responsabile gestione del suolo, dell’acqua e di altre risorse. E che la protezione delle risorse naturali, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, insieme alla riduzione dell’inquinamento, sono le strategie necessarie da mettere in campo per rafforzare la resilienza delle funzioni sociali vitali che dipendono dalla natura, quali la sicurezza alimentare, l’acqua potabile e le difese contro le inondazioni.
Nel rapporto dell’Eea si sottolinea che le risorse idriche europee sono sotto forte pressione e lo stress idrico colpisce un terzo della popolazione e del territorio europeo. Nel documento si legge anche che mantenere ecosistemi acquatici sani, proteggere i bacini idrografici e garantire che le risorse idriche sotterranee siano reintegrate è fondamentale per assicurare, al pari di quella mondiale, la futura resilienza idrica dell’Europa.
Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, viene ricordato che l’Europa è il continente che si riscalda più rapidamente nell’intero pianeta e che il clima sta cambiando a un ritmo allarmante, minacciando la sicurezza, la salute pubblica, gli ecosistemi, le infrastrutture e l’economia. Viene segnalato che tra il 1980 e il 2023, gli eventi climatici estremi hanno causato oltre 240.000 morti nell'Unione europea. E gli autori del report sottolineano che l’aumento della frequenza e dell’entità delle catastrofi legate al clima, nonché la consapevolezza che il clima continuerà a cambiare nonostante gli ambiziosi sforzi di mitigazione dell’Ue, segnalano l’urgente necessità di adattare la società e l’economia europee, garantendo, allo stesso tempo, che nessuno sia lasciato indietro.
Secondo il rapporto, queste sfide prioritarie richiedono la necessità di ripensare i legami tra la nostra economia e l’ambiente naturale, il suolo, l’acqua e le risorse naturali. Solo ripristinando l’ambiente naturale in Europa sarà possibile mantenere un’economia competitiva e una qualità di vita alta per i cittadini europei.
La conclusione delle analisi condotte dagli scienziati dell’Eea è che vi è una necessità urgente di un cambiamento radicale dei sistemi di produzione e di consumo: decarbonizzazione dell’economia, transizione verso la circolarità, riduzione dell’inquinamento e gestione responsabile delle risorse naturali. Il documento si sofferma, in particolare, sull’impegno volto a ripristinare gli habitat attraverso soluzioni basate sulla natura, che rafforzeranno la resilienza e contribuiranno anche agli sforzi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Sottolinea inoltre la necessità di decarbonizzare i principali settori economici, in particolare i trasporti, e di affrontare la questione delle emissioni dell’agricoltura. L’aumento della circolarità ha il potenziale di ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di energia e di materie prime critiche. Inoltre, investendo nella transizione digitale e verde dell’industria europea, l’Europa può migliorare la produttività e diventare un leader mondiale nell’innovazione verde, sviluppando tecnologie per la decarbonizzazione di industrie difficili da abbattere, quali quella dell’acciaio e del cemento.
Un aggiustamento della rotta dunque è necessario, anche se non mancano molte luci, tra le ombre emerse negli ultimi mesi: il rapporto evidenzia infatti anche che l’Unione europea è leader mondiale nell’impegno per il clima, in quanto riduce le emissioni di gas serra e l’uso di combustibili fossili mentre raddoppia la quota di energie rinnovabili dal 2005. Viene anche sottolineato nel documento che negli ultimi 10-15 anni sono stati compiuti significativi progressi anche nel miglioramento della qualità dell’aria, nell’aumento del riciclo dei rifiuti e dell’efficienza delle risorse.
Commentando il report, la commissaria Ue per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva, Jessika Roswall, ha dichiarato: «Sebbene siano stati compiuti progressi, lo stato del nostro ambiente è un chiaro invito ad agire per continuare a ridurre l’inquinamento, ripristinare la natura e proteggere la biodiversità. Dobbiamo ripensare il legame tra ambiente ed economia e considerare la protezione della natura come un investimento e non come un costo. Una natura sana è la base per una società sana, un’economia competitiva e un mondo resiliente, ed è per questo che l’UE è determinata a mantenere fede ai propri impegni in materia ambientale».
Wopke Hoekstra, commissaria Ue per il Clima, l’azzeramento delle emissioni nette e la crescita pulita, ha dichiarato: «Questo Rapporto ribadisce l’urgente necessità che l’Ue mantenga le sue forti ambizioni in materia di clima. Essendo il continente che si riscalda più rapidamente, l’Europa è stata, recentemente, testimone diretta dell’impatto devastante dei cambiamenti climatici, con i gravi incendi boschivi che hanno interessato la stagione estiva. I costi dell’inazione sono enormi e i cambiamenti climatici rappresentano una minaccia diretta alla nostra competitività. Mantenere la rotta è essenziale per salvaguardare la nostra economia».
Leena Ylä-Mononen, direttore esecutivo dell’Eea, ha dichiarato: «Non possiamo permetterci di ridimensionare le nostre ambizioni in materia di clima, ambiente e sostenibilità. Il nostro Rapporto sullo stato dell’ambiente, realizzato in collaborazione con 38 paesi, illustra chiaramente le conoscenze scientifiche e dimostra perché dobbiamo agire. Nell’Unione europea disponiamo di politiche, strumenti, conoscenze e decenni di esperienza di collaborazione per conseguire i nostri obiettivi di sostenibilità. Quello che facciamo oggi plasmerà il nostro futuro».