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Meloni come Trump, in fuga dalla realtà: all’Onu attacca «l’ecologismo insostenibile»

Wwf: «L’innovazione oggi è guidata dalla transizione e l’incapacità del nostro Paese di compiere scelte coraggiose e di fare sistema in questo senso sta gravemente danneggiando l’economia»
 |  Green economy

È stato un doppione del discorso tenuto dal sodale di estrema destra Donald Trump, quello pronunciato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso del suo intervento all’Assembla generale dell’Onu, con un attacco frontale alle politiche ecologiste.

Secondo Meloni «le cose potranno andare molto peggio, se non fermeremo la creazione a tavolino di modelli di produzione insostenibili, come i “piani verdi” che in Europa – e nell’intero Occidente – stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione», perché «la riconversione di interi settori produttivi sulla base di teorie che non tengono conto dei bisogni – e delle disponibilità economiche – delle persone, è stato un errore che provoca sofferenze nei ceti sociali più deboli e fa scivolare la classe media verso il basso, imponendo scelte di consumo non razionali».

Per la premier «l’ecologismo insostenibile ha quasi distrutto il settore dell’automobile in Europa, creato problemi negli Stati Uniti, causato perdite di posti di lavoro, appesantito la capacità di competere e depauperato la conoscenza». E se da una parte sottolinea che «non si tratta ovviamente di negare il cambiamento climatico» – come invece fanno apertamente, da anni, sia Trump sia esponenti del Governo Meloni –, dall’altra vuole «gradualismo delle riforme in luogo dell’estremismo ideologico». Ovvero continuare a bruciare combustibili fossili, mentre la crisi climatica avanza.

Poco importa se nel 96% dei casi le nuove installazioni di impianti rinnovabili producono elettricità più economica rispetto a nuovi impianti a carbone o gas, o se addirittura il 75% del nuovo eolico e fotovoltaico è più economico degli impianti a carbone, gas e petrolio già esistenti. Ancor meno sembra importare quanto affermano ormai le stesse case automobilistiche, ovvero che «attribuire la crisi del settore auto al Green deal è una narrazione fuorviante» e che «non vi è dubbio che il Green deal non sia la causa della crisi», come ribadito più volte anche dall’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri). Tra i motivi c’è piuttosto il forte aumento del costo delle auto mentre sale il rischio di povertà ed esclusione sociale nel Paese (che riguarda oggi 13,5 milioni di persone) e l’assenza di politica industriale da parte del Governo, che ha tagliato brutalmente le risorse del Fondo Automotive, mentre i nuovi incentivi stanziati per le auto elettriche si preannunciano già come un buco nell’acqua.

«Spiace dirlo – commenta nel merito il Wwf – ma la premier ha semplicemente negato la realtà, descrivendo le politiche ambientali e la transizione ecologica come fattori di destabilizzazione sociale ed economica, arrivando a contestarne i benefici ambientali e ad accusarle di “depauperare la conoscenza”: è vero esattamente il contrario, l’innovazione oggi è guidata dalla transizione e l’incapacità del nostro Paese di compiere scelte coraggiose e di fare sistema in questo senso sta gravemente danneggiando l’economia, producendo impoverimento di vasti strati della popolazione».

Basti osservare che solo quest’estate l’Italia ha perso 12 miliardi di euro a causa di ondate di calore, siccità e inondazioni, e che nelle ultime tre estati oltre 51mila italiani siano morti solo per le ondate di calore. Al contrario la transizione energetica porta benefici sia alla salute sia all’economia: investire solo l'1-2% del Pil globale entro il 2100 limiterebbe il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C (mentre oggi è proiettato a circa +3°C, ben oltre i limiti di sicurezza individuati dall’Accordo di Parigi sul clima), quando il costo netto dell'inazione è invece stimato tra l'11% e il 27% del Pil.

L’unico, concreto risultato della retorica politica portata avanti da Meloni come da Trump è quello di frenare avanzamenti sul fronte della sostenibilità quanto il sostegno popolare a politiche di transizione ecologica, due temi che peraltro s’incrociano inevitabilmente: oggi il sistema fiscale italiano è regressivo (in barba all’articolo 53 della Costituzione), mentre se fosse applicata una patrimoniale anche solo all’1% più ricco – cioè a chi possiede almeno 1,7 milioni di euro di patrimonio – si otterrebbe un gettito addizionale di circa 30 miliardi di euro, per finanziare il green deal e migliorare la coesione sociale.

La verità è che il declino dell’Occidente si concentra nella classe lavoratrice e nel ceto medio – anche in Italia, dove i salari reali sono in calo dal 1990 e in modo particolarmente marcato dal 2008 – mentre aumentano le disuguaglianze a favore dei super-ricchi, che sono i maggiori responsabili della crisi climatica in corso. Come i fascismi del secolo scorso, oggi i partiti di estrema destra difendono l’élite ma si presentano come forze politiche anti-sistema sfruttando il comprensibile risentimento dei più poveri: per questo la lotta alla disinformazione col clima è oggi un presidio fondamentale a tutela della democrazia. 

 

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.