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Il blackout in Spagna riaccende la caccia alle streghe contro le rinnovabili

Il primo ministro Pedro Sánchez: «La fretta non deve indurci a disinformazione, non c'è stato alcun problema di eccesso di energia rinnovabile e chi collega questo incidente alla mancanza di energia nucleare sta mentendo o dimostrando la propria ignoranza»
 |  Nuove energie

Ancora un motivo chiaro non c’è per spiegare il blackout che, in soli cinque secondi, ha portato al collasso la rete elettrica e lasciato al buio la penisola iberica a partire dalle 12.33 di lunedì fino alla mattina del giorno seguente. In compenso è subito partita la corsa ad addossare colpe sulle fonti rinnovabili, le stesse che nell’ultimo quadriennio sono tanto cresciute da far risparmiare a Spagna e Portogallo (rispetto all’Italia) ben 74 miliardi di euro sul prezzo dell’elettricità.

Sappiamo che il blackout è iniziato lunedì alle 12:33 di lunedì, quando è stata rilevata una fluttuazione molto forte nei flussi di energia nelle reti elettriche in seguito alla scomparsa improvvisa di 15 GW di potenza in soli cinque secondi, che rappresentavano il 60% dell'energia elettrica fornita in quel momento in tutta la Spagna. Come mai?

Sono al momento ai margini le ipotesi di eventi atmosferici estremi come pure di attacchi hacker. In base ai primissimi elementi disponibili, il gestore a maggioranza privata della rete elettrica, Red Eléctrica Española, informa che prima del blackout si sono verificati due incidenti. Il primo nella regione sud-occidentale della penisola, come individuato «un elemento compatibile con una perdita di generazione», ma «superato con successo» dalla rete. Dopo 1,5 secondi «si è verificato un altro elemento compatibile con una perdita di generazione», che ha portato, altri 3,5 secondi dopo, a «condizioni coerenti con le oscillazioni rilevate» al momento del blackout. Per Red Eléctrica «è possibile che la generazione interessata sia quella solare», specificando che «queste non sono conclusioni definitive» e chiedendo che «non vengano fatte speculazioni sulle origini e sullo sviluppo dell'incidente» finché non saranno disponibili informazioni sufficienti.

Altre ipotesi parlano di un guasto locale nella rete elettrica – in modo non molto diverso dal blackout storico che colpì l'Italia il 28 settembre 2003, quando un albero entrò in contatto con un elettrodotto – e che la disconnessione degli impianti solari rappresenti solo una causa secondaria; gli stessi produttori di elettricità (non solo rinnovabile) in Spagna hanno messo in dubbio la ricostruzione preliminare di Red Eléctrica, e la Unión Española Fotovoltaica ha fatto notare che al momento del collasso gli impianti fotovoltaici spagnoli stavano fornendo alla rete il quantitativo esatto di elettricità stabilito nel mercato del giorno prima: «Non sappiamo che tipo di incidente si sia verificato in questi due impianti nel sud-ovest della Spagna. Presumiamo che si trovino a Huelva o in Estremadura, ma è davvero sconcertante che uno o due impianti, di potenza massima di 100 megawatt (MW), possano causare il collasso dell'intero sistema elettrico. In ogni caso, la colpa ricadrebbe sui distributori o sulle società di trasmissione, non sui produttori di energia solare […] L'energia immessa in rete era programmata il giorno prima ed è stata rigorosamente rispettata. Gli impianti fotovoltaici non sono stati disconnessi volontariamente, ma sono stati scollegati dalla rete automaticamente per protezione, come è successo con l'energia nucleare o eolica». In tal caso la disconnessione degli impianti solari sarebbe una conseguenza e non la causa del problema.

In particolare, secondo Eurelectric – ovvero l'associazione industriale che rappresenta gli interessi dell'intero settore elettrico a livello pan-europeo – il sistema di trasmissione spagnolo è stato disconnesso dalla rete europea a causa di un problema a una linea elettrica che collega la Catalogna francese a quella spagnola. Il guasto avrebbe dunque innescato un effetto domino, interrompendo la fornitura di energia elettrica non solo in Spagna, ma anche in Portogallo, Andorra e in alcune zone della Francia.

Di certo il primo ministro Pedro Sánchez ha dichiarato di non escludere alcuna ipotesi, neanche l’attacco hacker, e che sono in avvio due commissioni d’inchiesta – una nazionale e una europea – per stabilire esattamente cos’è successo ed evitare così che si ripeta, frenando però subito la diffusione di fake news: «La fretta non deve indurci a disinformazione o errori, non c'è stato alcun problema di eccesso di energia rinnovabile (solo pochi giorni prima, nei momenti di picco solare ed eolico coprivano tranquillamente oltre il 100% della domanda nazionale, ndr), né di mancanza di copertura o di domanda insoddisfatta e chi collega questo incidente alla mancanza di energia nucleare, francamente, sta mentendo o dimostrando la propria ignoranza». Ci sono anzi indizi che suggeriscono come le centrali nucleari abbiano ulteriormente peggiorato l’evolversi del blackout.

Al contempo, sarebbe ingenuo ignorare che quello iberico è stato il primo, grande blackout della transizione energetica, che ha coinvolto due Paesi – Spagna e Portogallo – dove sono le rinnovabili a farla da padrone. Più che per cercare colpevoli, questa è l’occasione per imparare qualcosa, così come avvenuto per gli innumerevoli blackout che hanno caratterizzato l’era dei combustibili fossili (e del nucleare). È noto che lo sviluppo dell’energia rinnovabile non necessita solo di nuovi impianti di produzione, ma anche di ingenti investimenti sulle reti elettriche e di un vasto sistema di accumuli, dalle batterie ai pompaggi idroelettrici. Sfide che vale la pena affrontare, non solo dal punto di vista ambientale: la Spagna delle rinnovabili, basti ricordare, è un Paese dove oggi il Pil cresce sei volte più velocemente dell’Italia.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.